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Carne rossa: riflettiamo e cambiamo

Ragionando con Carlin Petrini, per capire…

di Alessandra Clerico


Carlin Petrini

A dirla tutta: mala tempora currunt… Altri accadimenti terribili e altri allarmi si sono susseguiti… Però, neanche un mese fa tutti parlavamo della carne rossa. Un breve report dell’OMS pubblicato alla fine dell’ottobre scorso su Lancet Oncology evidenziava che la carne rossa, cotta e conservata, bene non faceva. Dopo averle lette e rilette con calma, i punti essenziali di quelle due pagine sono – ci pare – i seguenti:

1) On the basis of the large amount of data and the consistent associations of colorectal cancer with consumption of processed meat across studies in different populations, which make chance, bias, and confounding unlikely as explanations, a majority of the Working Group concluded that there is sufficient evidence in human beings for the carcinogenicity of the consumption of processed meat. Chance, bias, and confounding could not be ruled out with the same degree of confidence for the data on red meat consumption, since no clear association was seen in several of the high quality studies and residual confounding from other diet and lifestyle risk is difficult to exclude. The Working Group concluded that there is limited evidence in human beings for the carcinogenicity of the consumption of red meat…

In altre parole per questo studio e per l’OMS esiste un’evidenza scientifica che lega il consumo di carne rossa lavorata con il cancro alla prostata, al colon e al pancreas e non è escludibile che esista lo stesso legame anche con il consumo di carne rossa non lavorata sebbene gli studi esaminati non siano concordi sullo specifico argomento.

2) Cosa viene messo sotto accusa in special modo, che cosa è sicuramente cancerogeno? (nel testo che segue, l’italiano in parentesi quadrate è nostro)

Meat processing, such as curing [stagionatura] and smoking [affumicatura], can result in formation of carcinogenic chemicals, including N-nitroso-compounds (NOC) and polycyclic aromatic hydrocarbons (PAH). Cooking [la cottura] improves the digestibility and palatability of meat, but can also produce known or suspected carcinogens, including heterocyclic aromatic amines (HAA) and PAH. High-temperature cooking by pan-frying, grilling, or barbecuing generally produces the highest amounts of these chemicals…

Attenzione: gli autori del report non stanno parlando di nitriti aggiunti o di altri additivi. A essere sotto accusa sono i processi di “stagionatura” e di “affumicatura”, i quali essi stessi producono nelle carni composti cancerogeni. Poi c’è la cottura, sia quella “normale” sia quella ad alta temperatura. Paradossalmente, onde evitare rischi, il modo più sano di mangiarla, la carne, è consumarla cruda o almeno al sangue.

3) Quali sono le dosi consigliate di carne? Lo studio mette in chiaro che la carne ha un alto valore biologico e non indica alcun tipo di “dose massima consigliata”, passando la palla alle singole agenzie nazionali che dovranno regolarsi in base al tipo di carne che viene prodotta e venduta sui rispettivi territori. Esistono tuttavia evidenze scientifiche quantitative generali derivate dai dati dei 19 studi presi in esame:

…A meta-analysis of colorectal cancer in ten cohort studies reported a statistically significant dose-response relationship, with a 17% increased risk (95% CI 1.05-1.31) per 100 g per day of red meat and an 18% increase (95% CI 1.10-1.28) per 50 g per day of processed meat

Ovvero: per ogni 100 g di carne rossa che si mangia in media ogni giorno esiste un aumento del rischio di contrarre un cancro al colon e al retto del 17% e per ogni 50 g di carne rossa lavorata (compresi salumi, scatolette, insaccati) che si mangia in media ogni giorno esiste un aumento del rischio di contrarre un cancro al colon e al retto del 18%. Attenzione: ogni 100 g di carne fresca al giorno, e ogni 50 g di carne lavorata… Quindi, semplificando: mangiarsi 1 etto di mortadella o salame o prosciutto o di carne in scatola ecc. al giorno aumenta del 36% il rischio di avere un cancro al colon.

Questione complessa quella del cibo, della carne in particolare. Ne abbiamo ragionato con Carlin Petrini, fondatore di Slow Food e di Terra Madre, che ben conosciamo perché già più volte ospite dei nostri incontri.


Carlin Petrini, annunciare che “la carne provoca il cancro” può terrorizzare l’opinione pubblica. Oltre ad una questione di quantità potremmo affermare quindi che è una questione di qualità del prodotto che si consuma?
Dobbiamo assolutamente affermare che è soprattutto una questione di qualità. Purtroppo quegli annunci rischiano solo di scatenare l’allarmismo tra i consumatori. Per “qualità del prodotto” non intendiamo solo la sua sicurezza alimentare, ma il processo di trasformazione durante tutta la filiera, che tiene conto anche di ciò che l’animale mangia durante la sua vita, dell’ambiente in cui vive e degli stress a cui è sottoposto. Più i passaggi all’interno della filiera sono regolamentati da parametri derivati dal rispetto per la natura e per l’animale, più il prodotto sarà di qualità.

Possiamo affermare comunque che è importante contenere i consumi?
Questa è la prima regola. Da anni lavoriamo per sensibilizzare i consumatori e far sì che si riducano i consumi di carne. Diversificando le nostre diete, riscoprendo ottime proteine di origine vegetale, faremo bene al pianeta e alla nostra salute.

L’OMS ci dice che la carne rossa, e quella lavorata, rivaleggiano col fumo e l’inquinamento, con l’amianto e l’arsenico, il radon, i fumi di scappamento, le radiazioni di Fukushima (di cui peraltro quasi più se ne parla)… Siamo spacciati?
Assolutamente no. Sfortunatamente il modo in cui riceviamo e assimiliamo le informazioni, spesso parziali, non ci aiuta. Dobbiamo approfondire maggiormente l’argomento e contestualizzare. D’altro canto tutto questo gran parlare ha se non altro puntato i riflettori su un problema non indifferente, non solo da un punto di visto alimentare, ma anche di sostenibilità ambientale ed economica.

Gli studi esaminati dall’articolo da cui il conseguente allarme generale parlano di carni rosse… Dobbiamo pensare di poter mangiare solo più carni bianche?
Il vero sforzo che dobbiamo fare è quello di essere curiosi. Abbiamo ancora una biodiversità gastronomica incredibile e abbiamo il compito di rispettarla e preservarla. Ci sono migliaia di alimenti su questo pianeta che possono essere preparati in diversi modi, mentre noi ne utilizziamo circa 30. Per questo Slow Food sta provando a catalogare tutta la biodiversità presente sulla superficie terrestre grazie al progetto dell’Arca del Gusto, in cui si segnalano tutti i prodotti tipici che sono a rischio di estinzione e sono tradizione ed espressione agronomica o gastronomica di un luogo.

Mangiare meno carne può avere altre ripercussioni positive oltre che sulla salute anche sull’ambiente e sul clima?
Ma certo! Non dobbiamo dimenticarci le conseguenze ambientali che hanno le nostre scelte in cucina. Ad esempio, per un chilogrammo di manzo si producono 36,4 chilogrammi di CO2, pari alla quantità emessa da un’auto che percorre 250 chilometri di strada. Insomma, quando mangiamo un arrosto da un chilo con la nostra famiglia, stiamo inquinando come se andassimo in auto da Torino a Parma! E ancora, sempre per produrre lo stesso chilogrammo di carne serve un’energia pari a quella che consumeremmo tenendo accesa una lampadina da 100 watt per 20 giorni, e 4900 litri d’acqua. Ci rendiamo conto?! Serve maggiore informazione, maggiore consapevolezza e maggiore rispetto per la nostra Terra Madre.