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Diabete No Grazie

Cammina e non ti fermare!

La riduzione dell’attività fisica e l’aumento della sedentarietà causano danni metabolici e alterano la composizione corporea: gli effetti su soggetti con e senza famigliarità di primo grado per DMT2. a cura di Alessandra Clerico

Viene scritto ormai su tutte le rubriche di salute che la vita sedentarie associata a scarsa attività fisica si associa a un aumentato rischio di sviluppo di obesità, insulino- resistenza e diabete mellito tipo 2. Quindi, una cosa l’abbiamo imparata: camminiamo tutti e facciamo almeno 10.000 passi al giorno!

Ma nel caso in cui si sia costretti a un periodo di inattività fisica quanto tempo ci vuole perché aumenti tale rischio? E alla ripresa dell’attività fisica, il rischio è reversibile?

A queste domande hanno provato a dare una risposta gli autori di un lavoro pubblicato sulla rivista Diabetologia, indagando l’impatto sul metabolismo e sulla composizione corporea di una improvvisa riduzione dell’attività fisica con aumento della sedentarietà per un periodo di soli 14 giorni, sia in soggetti sani con parenti di primo grado con diabete sia in soggetti sani senza famigliarità per diabete.

Allo studio hanno partecipato 45 soggetti (16 con famigliarità per diabete e 29 senza famigliarità per diabete), di età media pari a 36 anni abituati a svolgere attività fisica calcolata su 12-13.000 passi al giorno. Questi soggetti, tenuti a regime alimentare controllato, sono stati valutati a inizio studio, poi dopo 14 giorni di riduzione dell’attività fisica e successivamente dopo altri 14 giorni di ripresa dell’attività fisica normale. A ogni valutazione è stata misurata la reale attività fisica svolta con sistemi di contapassi, la capacità cardiorespiratoria mediante il calcolo del consumo di ossigeno, la composizione corporea con metodiche radiologiche come la risonanza magnetica e la sensibilità insulinica con test specifici. I due gruppi hanno svolto la stessa attività fisica durante lo studio sia in fase di riduzione sia in quella di ripresa.

Durante la riduzione dell’attività fisica i partecipanti hanno ridotto i passi dell’80%, arrivando a soli 3000 passi al giorno e aumentando la sedentarietà giornaliera di circa 4 ore. In soli 14 giorni di inattività fisica entrambi i gruppi hanno ridotto la sensibilità insulinica, la capacità cardiorespiratoria e la massa magra misurata agli arti inferiori. È invece aumentato il grasso corporeo totale, l’accumulo di grasso a livello del fegato, il cosiddetto “colesterolo cattivo” (il colesterolo LDL) e gli acidi grassi liberi, anch’essi negativi per il metabolismo. Il gruppo di soggetti sani ma con famigliarità per diabete tipo 2 ha avuto un maggior accumulo di grasso a livello addominale e un maggior accumulo nel sangue di sostanze negative per il metabolismo, come ad esempio il triacilglicerolo.

Dopo 14 giorni di ripresa dell’attività fisica sono stati rimisurati tutti i parametri metabolici. I soggetti con famigliarità per diabete, oltre ad avere avuto una ripresa più lenta dell’attività, hanno mostrato una minor sensibilità insulinica a livello muscolare. Tutti gli altri parametri e valori sono tornati ai livelli di normalità senza differenze significative tra i due gruppi.

Lo studio suggerirebbe dunque che anche un breve periodo di riduzione dell’attività fisica con incremento della sedentarietà di soli 14 giorni porta a una riduzione della sensibilità insulinica e della capacità cardiorespiratoria, con concomitante incremento dei depositi di grasso a livello addominale e a livello del fegato, sia in soggetti con famigliarità per diabete che in soggetti senza famigliarità per diabete. Tali effetti negativi sono però reversibili se viene ripresa l’attività fisica.

Le linee-guida e le raccomandazioni di salute pubblica. promuovendo l’attività fisica, dovrebbero pertanto anche consigliare, tra le altre cose, di evitare, se possibile, periodi anche brevi di sedentarietà!


Short-term decreased physical activity with increased sedentary behaviour causes metabolic derangements and altered body composition: effects in individuals with and without a first-degree relative with type 2 diabetes
Diabetologia 2018;61(6):1282-94