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Diabete.it

Farmaci equivalenti: risparmiare informati

Una volta scaduto il brevetto, i farmaci possono essere prodotti da altre aziende, con il nome del loro principio attivo e a prezzi inferiori. Sono i cosiddetti equivalenti (o ‘generici’). Costano meno e hanno lo stesso effetto dei farmaci ‘di marca’ originari. Intervista ad Alberto De Micheli

Intervista ad Alberto De Micheli

diabetologo a Genova, già direttore di AMDcomunicAzione

I cittadini, e in modo particolare le persone con diabete, che sono grandi ‘consumatori’ di farmaci, hanno la possibilità di risparmiare e far risparmiare alla collettività somme importanti semplicemente insistendo per usare la versione ‘equivalente’: i cosiddetti ‘generici’ dei farmaci che usano. Attenzione però: occorre essere bene informati.

Alberto De Micheli, diabetologo a Genova, già direttore di AMDcomunicAzione, ha appena redatto per AMD Journal un articolo di revisione sui farmaci equivalenti.

Il farmaco ‘originario’ (l’aspirina ad esempio) e la sua versione equivalente (l’acetilsalicilico prodotto da una casa o dall’altra) sono la stessa cosa?
Di fatto sì. Ovviamente per la variabilità dei fenomeni naturali in biologia, in chimica e in fisica non esiste mai qualcosa perfettamente uguale a qualcos’altro. Probabilmente nemmeno due compresse di Aspirina prodotte in momenti diversi sono identiche. La questione è: le differenze sono tali da determinare risultati terapeutici differenti? Se la risposta è ‘no’, il farmaco equivalente può entrare in commercio.

Chi lo certifica?
Le agenzie regolatorie internazionali e nazionali hanno stabilito percorsi molto precisi per dimostrare ai fini registrativi la bioequivalenza cioè che la dose del farmaco equivalente ha lo stesso effetto della dose del farmaco originario e ce l’ha negli stessi tempi: la cosiddetta biodisponibilità. Ricordo che due farmaci sono equivalenti se comprendono la stessa quantità della stessa sostanza, nella stessa forma farmaceutica, per la stessa via di somministrazione, e se i loro effetti, sia in termini di efficacia che di sicurezza, sono essenzialmente gli stessi. È previsto un margine di tolleranza del 20% nella biodisponibilità di un generico rispetto all’originale, ritenuta compatibile con la sovrapponibilità dell’efficacia e le normali interferenze fisiologiche con l’assorbimento di un farmaco. La biodisponibilità è la concentrazione del principio attivo nei diversi momenti a seguito dell’assunzione.

Che risparmio offrono i prodotti equivalenti?
Fatto 100 il costo del farmaco originario negli anni in cui è coperto da brevetto, il costo di una identica dose o terapia con farmaco equivalente sarà di almeno 80, ma più spesso nel corso degli anni scende a 50 o addirittura a 20 per effetto della concorrenza fra produttori di generici e con lo stesso farmaco originario che, se resta sul mercato, tende a scendere di prezzo.

Che libertà di scelta ha il paziente?
Ha una libertà assoluta. La legge è molto chiara su questo. Il medico può prescrivere il nome del principio attivo ad esempio acido acetilsalicilico, oppure il nome di un prodotto commerciale. In questo caso il farmacista è obbligato a chiedere al paziente se vuole il farmaco originale o la versione del generico di cui dispone. Il paziente può chiedere invece il farmaco originale (l’Aspirina della Bayer) e in quel caso pagherà la differenza. Se ci sono delle ragioni precise, il medico può prescrivere il farmaco originale (Aspirina Bayer) e indicare sulla ricetta che il farmaco non è sostituibile. In quel caso il farmacista non ha il diritto di sostituirlo e deve consegnare al paziente il farmaco originale. Il farmacista non ha alcuna discrezionalità, è sempre il cittadino che sceglie di ricevere l’eventuale equivalente a minor prezzo. La differenza di prezzo è in ogni caso a carico del cittadino.

In molti casi lo stesso principio attivo è prodotto da diverse aziende. Il farmacista ha diritto di fornire a volte il prodotto di una azienda a volte di un’altra?
Il paziente può chiedere di ricevere il generico di una specifica azienda. Può essere che il farmacista non ne disponga al momento ma può benissimo richiederlo e riceverlo il giorno dopo. Secondo me è anche consigliabile. Prima di tutto perché – soprattutto quando si devono prendere più farmaci – la forma e il colore della confezione aiutano nella scelta e riducono la possibilità di errori di assunzione. In secondo luogo perché, se la biodisponibilità dei singoli ‘generici’ può differire al massimo per il 20% dal farmaco originario, le biodisponibilità di due generici possono avere fra loro una differenza fino al 40% (è lecito che la differenza rispetto all’originale possa essere +20% o -20%) e quindi, in particolare nelle terapie assunte costantemente come quella del diabete, è bene avere certezza della stabilità dell’azione del farmaco nel tempo.

Ma è giusto che una azienda che ha investito miliardi per la produzione di un farmaco perda il brevetto?
È giusto che una azienda a un certo punto perda la protezione del brevetto, aprendo la strada da una parte a una concorrenza che riduce i costi del farmaco e dall’altra ad una ricerca verso farmaci innovativi, più efficaci o sicuri. La durata dell’iter che porta dalla scoperta del principio attivo alla sua immissione in commercio si allunga però sempre di più, insieme ai costi di sviluppo del farmaco. L’Azienda ha quindi sempre meno tempo per rientrare da investimenti sempre maggiori. Questo porta ad alcune distorsioni: la pressione sui medici per prescrivere il farmaco ‘ultimo modello’ è molto forte, a volte intollerabile. Nel prescrivere a volte si rischia di dimenticare la prudenza e soprattutto di abbandonare farmaci ‘vecchi’ ma non per questo meno efficaci.