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Diabete No Grazie

Incrementare l’attività fisica: non si vuole o non si può?

Una recente analisi dell’OMS afferma che si fa ancora poca attività fisica rispetto a quanto sarebbe invece necessario per poterne ottenere benefici in termini di salute. a cura di Eugenio Alessi

I benefici dell’attività fisica sono ormai ben dimostrati e comprendono la riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, ipertensione arteriosa, diabete mellito e alcuni tumori, quali il cancro del colon e della mammella. L’attività fisica ha inoltre effetti positivi sulla salute mentale, ritarda l’insorgenza di demenza e aiuta a mantenere un corretto peso corporeo. Al contrario, un’attività fisica insufficiente rappresenta uno dei principali fattori di rischio per le malattie non trasmissibili e ha un impatto negativo sulla qualità di vita. In considerazione di ciò, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha incluso l’aumento dell’attività fisica fra le strategie necessarie alla prevenzione efficace e alla cura delle malattie non trasmissibili, da raggiungere entro il 2025.

Alcuni studiosi del Dipartimento per la Prevenzione delle malattie non trasmissibili dell’OMS di Ginevra (Svizzera) hanno condotto e recentemente pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica un’analisi sui trend globali dei livelli di insufficiente attività fisica dal 2001 al 2016, basata sui dati provenienti da 350 sondaggi di popolazione in 168 differenti paesi, con oltre 1.900.000 partecipanti.

I livelli di attività fisica (durante il lavoro, a casa, durante gli spostamenti e quella svolta nel tempo libero) erano considerati insufficienti se, durante una settimana, non si raggiungevano i 150 minuti di attività di moderata intensità o i 75 minuti di intensità vigorosa, o anche una combinazione equivalente delle due.

A livello globale, la prevalenza di attività fisica insufficiente, standardizzata per età, era del 27,5%, ovvero riguardava più di un quarto degli adulti, con un calo marginale e non significativo rispetto al 2001. E ciò porrebbe circa 1,4 miliardi di persone a rischio di sviluppare o esacerbare le patologie correlate all’inattività fisica.

I livelli di maggiore insufficienza si sono registrati nelle donne in America Latina e Caraibi (43,7%), in Asia del sud (43,0%) e nei paesi occidentali ad alto reddito (42,3%), mentre i livelli più bassi (e quindi migliori) erano quelli degli uomini in Oceania (12,3%), in Asia dell’est e sud-est (17,6%) e nell’Africa subsahariana (17,9%). Si sono registrate grandi differenze fra le macroregioni e anche all’interno di esse, nonché in base al tenore di vita: la prevalenza di livelli di attività fisica insufficienti nei paesi ad alto reddito (in occidente e nell’Asia pacifica) è risultata più che doppia rispetto ai paesi a reddito più basso (36,8 vs. 16,2%), con valori in incremento rispetto al 2001 nei paesi più ricchi (con una transizione verso occupazioni più sedentarie e trasporti più motorizzati) e stabili nei paesi più poveri. Nei paesi dell’est e sudest asiatico si è riscontrato, invece, il maggior trend positivo, trainato essenzialmente dalla Cina, in cui si è avuto un incremento dei livelli di attività fisica, specie di quella effettuata nel tempo libero.

Aspetto considerevole è il riscontro di una differenza fra i sessi di oltre 8 punti percentuali, a sfavore delle donne (23,4% negli uomini, 31,7% nelle donne), con differenze maggiori in Asia centrale, nel Medio Oriente e nel Nordafrica: studi precedenti hanno dimostrato che le donne tendono a svolgere meno attività fisica nel tempo libero (forse perché ne hanno di meno) e con grande probabilità pesano fattori legati a norme culturali, ruoli tradizionali e alla mancanza di supporto sociale.

La recente analisi dell’OMS sembra dimostrare che i progressi verso il target posto dall’OMS per il 2025 sono troppo lenti e non sarà possibile raggiungerlo senza mettere tempestivamente in atto politiche su scala mondiale e programmi volti a invertire i trend negativi in atto nei paesi occidentali ad alto reddito, in America Latina, in Asia meridionale e anche nell’Europa centrale e orientale, cercando invece di mantenere bassi i livelli di insufficiente attività fisica nelle altre regioni e nei paesi a basso reddito, pur in caso di auspicabile sviluppo economico.

A tal fine, l’OMS ha approntato un Global Action Plan on Physical Activity 2018-2030, che prevede un insieme di 20 strategie da adattare al contesto locale in ogni nazione, ma che richiede un forte coinvolgimento e capacità di leadership da parte delle istituzioni, al fine di ottenere i benefici in termine di salute, benessere socioeconomico e sostenibilità ambientale, correlati all’incremento dell’attività fisica.


Worldwide trends in insufficient physical activity from 2001 to 2016: a pooled analysis of 358 population-based surveys with 1.9 milion partecipants
Lancet Glob Health 2018;6:e1077-86