Skip to content

Diabete No Grazie

Un diabete ogni 5 secondi

Gli enormi mutamenti, positivi e non, degli ultimi decenni presentano il conto: inquinamento ed effetto serra nell’ambiente esterno, obesità e diabete in quello interno. Ecco un tentativo di spiegazione dell’enorme aumento nei casi di diabete di tipo 2 nel mondo, a cura di Sandro Gentile.

Sandro Gentile
Tesoriere della Associazione Medici Diabetologi, Docente all’Università di Napoli

Nel tempo che impiegherete a leggere questo articolo, alcune decine di persone nel mondo avranno scoperto di avere il diabete. È una facile previsione. Nel 2006 si calcolava che 246 milioni di persone nel mondo fossero diabetiche, nel 2025 il numero salirà a 380 milioni: 7 milioni all’anno, 800 all’ora, uno ogni 4-5 secondi.

È un fenomeno globale. Il ‘grosso’ dell’aumento avverrà infatti nei paesi asiatici, Cina in primo luogo. In Italia – un Paese che si riteneva relativamente ‘protetto’ dalla sana tradizione alimentare – le cose non vanno meglio. La popolazione ingrassa quasi a vista d’occhio. Gli incrementi più preoccupanti si rilevano fra i giovani. Nella mia regione, la Campania e non solo, un bambino su tre è sovrappeso o obeso. Attualmente si calcola che in Italia 5 milioni di persone abbiano alterazioni di vario tipo nel mantenere la glicemia sotto controllo, di questi 3 milioni hanno un diabete vero e proprio anche se solo 1,5 milioni lo sanno e solo poco più di un milione è trattato in modo adeguato per questa patologia.

A crescere è il diabete di tipo 2, quello più legato alle abitudini alimentari e allo stile di vita. Il diabete di tipo 1 di origine autoimmune aumenta anche esso, ma su ordini di grandezza molto inferiori.

Diabete: l’inquinamento dell’ambiente interno.
Cosa è successo? Per quale ragione improvvisamente una condizione non rara ma minoritaria si candida a divenire la malattia più diffusa sul pianeta? Per rispondere bisogna tenere a mente che il diabete di tipo 2 è in qualche modo figlio dell’obesità e del sovrappeso.

Ebbene, se mi permettete una frase a effetto, potrei dre che il diabete e l’obesità rappresentano nell’ambiente interno dell’uomo quello che inquinamento e riscaldamento dell’atmosfera sono per l’ambiente esterno.

Sappiamo tutti cosa sia l’inquinamento e troviamo facile intuirne le cause. In un certo senso rovina dell’ambiente ed effetto serra sono le conseguenze del progresso, della industrializzazione, di quella che chiamiamo civiltà, sull’ambiente esterno.

Possiamo dire la stessa cosa dell’epidemia di diabete e di obesità che ha colpito sia l’America che l’Europa e in misura ancora maggiore, i Paesi in via di sviluppo, divenendo una emergenza planetaria. Il diabete è la conseguenza di un modello di sviluppo che ha reso per altri versi un grande servizio all’uomo.

Ieri: tanto lavoro, poco pane. Oggi poca fatica e troppo cibo.
Fino a ieri, diciamo cent’anni fa per comodità ma in qualche caso anche meno, occorreva un grande dispendio energetico per ottenere un nutrimento appena sufficiente. Il contadino, l’operaio, la massaia dovevano faticare e muoversi molto. Oggi con pochissima fatica (fisica, quella intellettuale conta poco ai fini metabolici) possiamo mangiare molto, troppo.
Stavo per dire ‘possiamo mangiare quello che vogliamo’ ma non è vero. Assumiamo anche cibi e bevande di cui non abbiamo bisogno. Per funzionare a pieno regime l’economia ha bisogno di indurre nuovi bisogni e lo fa con grande abilità.

E l’esercizio fisico?
Dall’automobile al telecomando, dall’ascensore al telefono: non c’è quasi sviluppo tecnologico di successo che non preveda una riduzione del dispendio di energia. Sì, anche il computer e internet. Quante centinaia di metri si percorrono in un giorno? Quante volte in una settimana capita di fare fatica?

Il grasso era utile.
Non voglio fare moralismo o dell’antimodernismo. Chi studia medicina o biologia trova da ogni parte conferma a un semplice assunto. Il corpo umano è stato progettato, si è venuto selezionando per decine di migliaia di anni scegliendo le caratteristiche che lo rendevano più adatto all’ambiente.

Fino a quando non vennero inventati l’allevamento e l’agricoltura, un passato relativamente recente, i nostri progenitori avevano una alimentazione molto irregolare. Si calcola che passassero il 90% del tempo a digiuno, eppure in qualunque momento dovevano avere a disposizione le riserve necessarie per correre, cacciare, scappare.

Una serie di variazioni genetiche ebbe molto successo, variazioni che permettevano di non sprecare l’energia assunta ma di tesaurizzarla sia sotto forma di grasso sia sotto forma di glucosio a disposizione nel sangue pronto a entrare nelle cellule.

Sì, l’accumulo di riserve di grasso, che oggi sono diventate nella loro massima espressione obesità e sovrappeso erano dei vantaggi non da poco nella competizione per la vita.

Oggi passiamo il 90% del tempo a stomaco pieno. Nella nostra giornata media non c’è posto per sforzi di alcun tipo e più spesso siamo nella sedentarietà più assoluta. In queste condizioni le caratteristiche genetiche che davano una carta in più ad alcuni dei nostri progenitori si tramutano in malattie croniche. Il grasso viene tesaurizzato ma mai utilizzato e si accumula. Il glucosio nel sangue non è a disposizione per lo scatto necessario ad agguantare una preda o a fuggire. Ristagna ed erode le arterie.

Vediamo questi sviluppi con chiarezza in popolazioni piccole e omogenee. I pescatori giapponesi che hanno cambiato abitudini dopo una vita passata a mangiare pesce. Gli indiani di America che chiusi nelle riserve sono divenuti sedentari e sviluppano obesità e diabete. È particolarmente significativo vedere come nelle aree sviluppate di paesi arretrati (in cui, peraltro, la maggioranza della popolazione è denutrita) il diabete passi da una incidenza vicina allo zero fino a 10, 20, 30 casi su 100 abitanti.

Seguire bene il diabete richiede per molto tempo l’impegno di molte persone: medici, infermieri, dietiste, psicologi domano, si spera, operatori di fitness. Per un sistema sanitario, è ancora più costoso seguirlo male: le complicanze a carico del cuore e di altri organi sono invalidanti e richiedono interventi complessi.

I sistemi sanitari del Terzo Mondo e in fondo anche quelli dei paesi avanzati sono destinati a scricchiolare sotto il peso dell’epidemia obesità e diabete rischiando il collasso.

La buona volontà non basta…
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato guerra all’obesità e al diabete con mille strumenti di sensibilizzazione individuale. Le Società Scientifiche di tutto il mondo sono in prima fila. L’Associazione Medici Diabetologi con questo sito vuole proprio promuovere scelte individuali che permettono di prevenire il diabete e l’obesità.

Ma la prevenzione può davvero essere lasciata alla buona volontà del singolo?
Gli Stati, i governi non possono e non devono forse dare il buon esempio, sulla falsariga di quel che è stato fatto per ridurre il fumo? A mio parere una scelta individuale, come può essere quella di mangiare meno e meglio e fare esercizio fisico, si sviluppa più facilmente se è confermata da precise azioni.

Applichiamo una tassa sulle sigarette perché chi le fuma diventerà probabilmente un cliente costoso dei servizi sanitari. Perché non fare lo stesso con le patatine fritte? Non vendiamo sigarette negli ospedali, né nei negozi ai minorenni. Perché i distributori di merendine nelle scuole sono pieni di cibi assolutamente non adeguati? Perché la pratica sportiva anche e soprattutto non competitiva per gli adulti non è interamente detraibile dalle tasse, promossa dalle Aziende Sanitarie in modo attivo? Perché le palestre non possono essere prescritte con tanto di ricetta dai medici?

Non illudiamoci che la ‘dieta mediterranea’ ci protegga. La verità è che quella dieta non la segue più nessuno. Le cattive abitudini alimentari hanno scacciato molte di quelle buone.