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Disparità di genere negli adulti con diabete mellito tipo 1: più di una carenza di cura. Uno studio osservazionale ricavata dagli Annali AMD

A cura di Elena Cimino per il Gruppo AMD: Donna

21 aprile 2017 (Gruppo ComunicAzione) – Uno studio pubblicato su PlosOne, a cura di V. Manicardi e del Gruppo Donna di AMD, ha utilizzato gli Annali AMD prefiggendosi lo scopo di analizzare le differenze di genere tra i pazienti diabetici tipo 1 assistiti in Italia nei servizi di diabetologia. L’utilizzo in molti paesi dei cosiddetti big data ha permesso di avere una maggiore accuratezza e una maggiore descrizione della qualità di cura, delle differenze terapeutiche e della differenza di accessibilità alle cure tra i due generi. Gli Annali AMD rappresentano fin dal 2006 una importante banca dati italiana sulla popolazione diabetica afferente ai centri di diabetologia italiani.

In questo particolare studio osservazionale sono stati analizzati tutti i pazienti affetti da diabete mellito tipo 1 riferiti all’anno 2011. Gli indicatori di processo erano rappresentati dalla percentuale di pazienti monitorati negli ultimi 12 mesi con HbA1c, pressione arteriosa, profilo lipidico, funzione renale e fundus oculi.

Dei 28.802 pazienti diabetici tipo 1 analizzati e afferenti ai 300 centri di diabetologia, il 45,5% erano donne. L’età media nei due gruppi era simile, così come la durata di malattia, mentre il fumo e un BMI elevato erano più frequenti nel sesso maschile. Le donne optavano più frequentemente per una terapia con CSII rispetto agli uomini, ma erano meno trattate per quanto riguarda ipolipemizzanti e antiipertensivi pur mantenendo a target i valori di LDL e i valori pressori. Gli uomini presentavano un miglior controllo glicemico, ma una maggiore frequenza di microalbuminuria, mentre le donne presentavano un filtrato glomerulare più spesso ridotto. Le donne con DMT1 mostravano una maggiore difficoltà nell’ottenere un compenso metabolico ottimale con una probabilità < 40% di raggiungere il target di HbA1c. Tali differenze si confermavano anche dopo gli aggiustamenti eseguiti per caratteristiche cliniche e differenze socio economiche: non è quindi escludibile che si aggiunga una differente comunicazione del medico con il paziente o una insufficiente motivazione delle pazienti donne.

Il fatto che le donne utilizzino maggiormente la terapia con CSII conferma il tentativo dei diabetologi di ridurre il gap nel raggiungimento del target glicemico, per il quale è necessaria una terapia sempre più intensiva. Valutando i nostri dati complessivamente appare chiaro come sia necessario nei pazienti diabetici di entrambi i sessi un miglioramento dell’utilizzo delle terapie sia per il diabete che per i fattori di rischio cardiovascolari e una attenzione alla aderenza alle terapie e al raggiungimento dei target. Non appare però ancora chiaro il ruolo giocato dai clinici su tutti questi indicatori. Sicuramente questi dati italiani sottolineano ancora una volta quanto sia importante un approccio genere-specifico che permetta di individuare una strada per il miglioramento della cura ai pazienti indipendentemente dal genere.


PLoS One 2016;11(10):e0162960

PubMed


AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.