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Effetto neutrale del pioglitazone sul rischio di insufficienza cardiaca in pazienti insulino-resistenti senza diabete e con patologia cerebrovascolare

A cura di Sara Colarusso

16 luglio 2018 (Gruppo ComunicAzione) – Lo studio IRIS (Insuline Resistance Intervention after Stroke) ha mostrato come il pioglitazone possa ridurre l’incidenza di eventi cardiovascolari (IMA o ictus) e di diabete (DM) in soggetti con insulino-resistenza (IR) dopo recente ictus o TIA.

Punti ancora da chiarire sono relativi al rischio di scompenso cardiaco (SC) imputabile all’uso del pioglitazone stesso, per l’aumentato riassorbimento renale del sodio.

Di recente, Lawrence H. Young (Yale University School of Medicine, New Haven, CT; USA) e coll. hanno pubblicato sulla rivista Circulation un’analisi secondaria post-hoc dello studio IRIS per individuare i pazienti a maggior rischio di SC e sartorializzare la terapia con pioglitazone.

Nello studio IRIS i pazienti con IR e senza DM sono stati randomizzati a terapia con pioglitazone e placebo, entro 180 giorni da un ictus o TIA e seguiti per 5 anni. L’analisi post-hoc ha analizzato i pazienti con anamnesi negativa per SC all’ingresso nello studio; è stato elaborato uno score per rischio di SC sulla base di sette variabili basali, ovvero età, ipertensione, fibrillazione atriale, edema agli arti inferiori, obesità, PCR elevata, fumo. Sono stati esaminati i casi di SC valutati da una commissione di esperti cardiologi e gli effetti secondari del trattamento farmacologico. Il netto effetto benefico del pioglitazone è stato calcolato su outcome composito di ictus, IMA e ospedalizzazione per SC.

Su 3851 pazienti il rischio di SC a 5 anni non è stato differente nei due gruppi, quello trattato con pioglitazone e quello con placebo. Il tasso di ospedalizzazione per scompenso è stato basso nel gruppo trattato con pioglitazone e non significativamente superiore rispetto al gruppo placebo, e non è risultata alcuna differenza con l’analisi delle variabili. Il rischio di insufficienza cardiaca è stato maggiore nei soggetti con anamnesi positiva per IMA rispetto a quelli con anamnesi negativa, in entrambi i gruppi. La presenza di edema, aumento di peso, e dispnea non è stato predittivo di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca ma ha comportato un aggiustamento della dose di pioglitazone. Il trattamento con pioglitazone ha ridotto in maniera statisticamente significativa l’outcome composito di ictus, IMA e ospedalizzazione per SC.

Gli autori concludono che il pioglitazone dimostra, in questa coorte di pazienti selezionati con IR e patologia cerebrovascolare, di avere un beneficio cardiovascolare senza aumentare il rischio di insufficienza cardiaca, monitorando gli effetti collaterali e modulando il dosaggio della terapia. Tali risultati invitano a un approccio personalizzato della terapia con pioglitazone per ottimizzarne i migliori benefici cardiovascolari.


Circulation 2018; CIRCULATIONAHA.118.034763

PubMed


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