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Efficacia e sicurezza del trattamento con inibitori della dipeptidil-peptidasi 4 negli adulti anziani affetti da diabete di tipo 2: una revisione sistematica per lo sviluppo di raccomandazioni necessarie a migliorare l’appropriatezza prescrittiva

A cura di Enrico Pergolizzi

30 ottobre 2017 (Gruppo ComunicAzione) – Secondo le stime dell’International Diabetes Federation la prevalenza del diabete mellito (DM) è dell’8,8% negli adulti di età compresa tra 20 e 79 anni e prossima al 20% nelle persone di età superiore ai 65 anni. Il DM e le sue complicanze sono una causa importante di morbilità e mortalità e le persone affette da tale patologia hanno una sostanziale riduzione dell’aspettativa di vita. La durata del DM e il grado di compenso glicometabolico sono fattori importanti che determinano la prognosi delle persone diabetiche; tuttavia, i farmaci utilizzati per la cura del DM fanno parte di quelli che sono più comunemente associati a ricoveri ospedalieri a causa di eventi avversi, specialmente nelle popolazioni più anziane. Inoltre, alcuni studi clinici hanno suggerito che un controllo glicemico eccessivamente “stretto” potrebbe non essere consigliabile per le persone anziane e fragili con benefici che non superano i rischi.

Per questo motivo, il trattamento del diabete mellito tipo 2 (DMT2) negli ultimi anni prevede l’utilizzo di farmaci che espongano il paziente al minor rischio possibile per ciò che riguarda soprattutto le complicanze acute e fra tali farmaci vi sono gli inibitori della dipeptidil-peptidasi 4 (DPP4-i). I principali rappresentanti di questa classe sono sitagliptin, saxagliptin, vildagliptin, linagliptin e alogliptin. La DPP4 è una proteasi coinvolta nell’inattivazione del glucagon-like peptide-1 (GLP-1). Inibendo l’enzima, i DPP4-i prolungano e migliorano l’attività del GLP-1 che esercita i suoi effetti principali stimolando il rilascio glucosio-dipendente di insulina, rallentando lo svuotamento gastrico, riducendo l’assunzione di cibo e diminuendo l’escrezione postprandiale di glucagone.

Le attuali linee-guida prevedono il trattamento con DPP4-i in seconda o terza linea, fermo restando che il trattamento di prima linea è sempre la metformina, a meno che sia non tollerata o controindicata, e ciò vale anche per le popolazioni più anziane. Una revisione sistematica ha dimostrato che nei pazienti con DMT2 che non raggiungono gli obiettivi glicemici con la sola metformina, l’utilizzo di DPP4-i migliora l’emoglobina glicata (HbA1c) alla stessa misura delle sulfoniluree o del pioglitazone ma con effetto neutro sul peso corporeo. Tuttavia, la revisione non riportava le fasce d’età dei partecipanti agli studi inclusi. Inoltre, l’HbA1c e il peso corporeo sono probabilmente solo risultati surrogati per gli endpoint clinicamente più rilevanti come lo stato fisico e mentale, la qualità di vita e l’aspettativa di vita.

I dati sui rischi e i benefici a lungo termine dei DPP4-i sono scarsi. Solo tre studi randomizzati controllati hanno preso in esame gli endpoint clinicamente rilevanti per un periodo di osservazione di almeno 18 mesi (1-3). Tali studi hanno confrontato rispettivamente saxagliptin, sitagliptin e alogliptin con placebo in aggiunta alla terapia preesistente. Tuttavia, vengono riportati solo risultati minimi o di scarso significato nei pazienti più anziani (≥65 anni). Questo perché le persone anziane, pur essendo grandi consumatori e avendo potenzialmente una risposta diversa ai diversi farmaci, sono sottorappresentate nella maggior parte degli studi sui farmaci.

Per tale ragione la Dott.ssa Gisela Schott (Drug Commission of the German Medical Association, Berlino, Germania) e coll. (Germania, Inghilterra, Sri Lanka, Spagna, Italia, Finlandia) hanno voluto esaminare in modo sistematico la letteratura sui rischi e i benefici dell’uso dei DPP4-i nel trattamento del DMT2 negli adulti anziani per poter poi sviluppare raccomandazioni per lo strumento elettronico di supporto decisionale del progetto PRIMA-eDS (Polypharmacy in chronic diseases: Reduction of Inappropriate Medication and Adverse drug events in elderly populations by electronic Decision Support); i risultati sono pubblicati sulla rivista BMC Geriatrics (4).

La popolazione target era costituita da persone anziane (≥65 anni) con DMT2. Sono stati inclusi studi che riportavano l’efficacia e/o la sicurezza del trattamento con DPP4-i, sia in monoterapia sia in associazione a qualsiasi altro farmaco per il trattamento del DMT2.

Sono stati inclusi 30 studi (riportati in 33 pubblicazioni): 1 metanalisi, 17 studi di intervento e 12 studi osservazionali. Sedici studi riguardavano specificatamente adulti anziani e 14 studi hanno invece valutato dei sottogruppi di partecipanti con ≥65, ≥70 o ≥75 anni. Ci sono stati risultati contrastanti per quanto riguarda l’efficacia di questi farmaci; in generale, i DPP4-i hanno mostrato una sicurezza simile o migliore rispetto al placebo e ad altri farmaci ipoglicemizzanti ma tali dati di sicurezza si basavano principalmente su outcome a breve termine come l’ipoglicemia rilevata in studi con obiettivi di HbA1c raccomandati per i pazienti più giovani. Una raccomandazione è stata sviluppata consigliando ai medici di riconsiderare l’uso dei DPP4-i negli adulti più anziani con HbA1c <8,5% a causa della scarsità di dati sui benefici clinicamente rilevanti del loro utilizzo. Ventidue degli studi inclusi sono stati finanziati da aziende farmaceutiche e redatti o coautorizzati da dipendenti dello sponsor.

In conclusione, oltre all’endpoint surrogato di un migliore controllo glicemico, secondo gli autori dell’articolo:

  • i dati su benefici clinici dei DPP4-i negli adulti anziani sono scarsi;
  • tali farmaci potrebbero avere un rischio minore di ipoglicemia rispetto ad altri, ma i dati mostrano risultati contrastanti per i benefici a lungo termine;
  • indipendentemente dall’età, è stato segnalato un aumentato rischio di scompenso cardiaco; pertanto, attualmente, i DPP4-i dovrebbero essere prescritti con cautela nei pazienti anziani con DMT2, specialmente se l’HbA1c è già nel range <8,5%, raccomandato dagli esperti per le persone anziane fragili.

In merito all’argomento il gruppo Diabete nell’anziano, in seno ad AMD, ha pubblicato la propria posizione, in parte discordante dai risultati di questa revisione, in due diversi documenti:


1) N Engl J Med 2013;369(14):1317-26

2) N Engl J Med 2015;373(3):232-42

3) Lancet 2015;385(9982):2067-76

4) BMC Geriatrics 2017;17(Suppl 1):226

PubMed


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