Pazzi per la corsa

L'anziano è sedentario? Certo che sì. Per decenni gli è stato detto che il progresso coincide con la riduzione dell'attività fisica, che il movimento comporta dei rischi, vive in città fatte per l'auto o per le persone in piena salute. Ha una giustificata paura di cadere... In fondo tutto congiura affinché passi i pomeriggi sul divano a guardare la televisione.

 

«Quando si parla di anziani dovrebbe essere ben chiara una cosa», esordisce Rossana De Beni, presidente della Società Italiana di Psicologia dell'Invecchiamento, «non esiste una 'personalità dell'anziano', tutti manteniamo la personalità che avevamo, anzi, diveniamo il prototipo di noi stessi. La variabilità è la caratteristica dell'invecchiamento: gli anziani sono più diversi fra loro dei giovani o degli adulti». Quale che sia il parametro che si misura, la dispersione dei dati in un campione di 85enni è maggiore di quella che si rileva in analogo campione di 25enni.

Le ragioni a pensarci sono chiare: nasciamo già tutti diversi e tali differenze aumentano con l'età e con le diverse esperienze che ognuno incontra nella sua vita. La forbice della differenza aumenta all'aumentare degli anni. La maggioranza delle persone adulte ha un partner, molti hanno dei figli, quasi tutti lavorano e vivono in una casa propria. Nella stragrande maggioranza non hanno malattie invalidanti. Superata una certa soglia, invece, i percorsi di vita differiscono sempre di più: il partner può non esserci, i figli possono essere conviventi o meno, qualcuno lavora e molti no. Per non parlare delle differenze in termini di salute e autonomia.

Insomma, se gli anziani ci appaiono uguali è semplicemente perché non guardiamo abbastanza bene. Detto questo, alla domanda "perché l'anziano è spesso molto sedentario?", la risposta è semplicemente "perché lo è stato in precedenza". «Le persone che hanno fatto attività fisica nella loro vita 'matura', tendono, per quanto possibile, a continuare. Quelle che non l'avevano mai intrapresa è ben difficile che inizino a svolgerla una volta divenuti anziani, anche se magari avrebbero il tempo per farlo e anche se ricevono consigli più pressanti in questa direzione», nota Rossana De Beni che insegna Psicologia della Personalità e delle Differenze Individuali all'Università di Padova.

La generazione che oggi è divenuta anziana è una generazione che ha vissuto una continua diminuzione dell'impegno fisico richiesto dalla vita quotidiana. E questa evoluzione è stata comunemente considerata - non a torto - un progresso tecnologico, civile e sociale. A questo si aggiunge una motivazione più specifica. «L'anziano teme un evento semplicissimo: di cadere», ricorda Rossana De Beni, «e ha ragione perché una caduta, con una conseguente frattura, può far precipitare la sua vita in modo definitivo». L'anziano forse sovrastima i rischi: si spaventa se vede una bicicletta che sfreccia anche a una certa distanza da lei, è preoccupata dalla presenza di semplici gradini o di asperità del terreno. Quello che a un giovane sembra un itinerario semplice da percorrere, magari guardando lo smartphone e senza badare a dove mette i piedi, l'anziano lo potrebbe vivere come un 'percorso di guerra' irto di ostacoli. E in fondo ha ragione perché se il giovane perde l'equilibrio difficilmente cade e se cade si rialza. Per l'anziano questo non è vero.

C'è anche un altro aspetto da considerare «Nella storia dell'uomo non c'è mai stato un numero così ampio di persone anziane relativamente sane e benestanti: è un fatto sociale nuovo. Questo ha una retroazione. Mancando un'immagine socialmente condivisa, l'anziano si 'sente strano' a fare esercizio fisico in pubblico. Questo vissuto, forse è più marcato in Italia che nel Nord Europa, dove la società si è adattata prima a questo mutamento ed è normale vedere persone anziane in maglietta e pantaloncini correre per strada o nei parchi. Ricordo il mio maestro, il professor Guido Petter che, giunto a 80 anni, ironicamente mi riferiva che ogni volta che gli capitava l'occasione di essere in stazione correva, perché lì era socialmente accettabile che anche una persona anziana corresse», racconta Rossana De Beni.


Rossana De Beni, presidente della Società Italiana di Psicologia dell'Invecchiamento, insegna Psicologia della Personalità e delle Differenze Individuali all'Università di Padova.

Inoltre, se la Medicina oggi prescrive l'esercizio fisico, nei decenni scorsi andava nella direzione opposta. Era normale sentirsi raccomandare dal medico di base e perfino dal cardiologo di "non fare sforzi", di "non affaticare il cuore". E c'è ancora il medico o la persona 'informata' che raccomanda all'anziano di "non usurarsi". È umano che anche solo un consiglio in questa direzione venga preferito a nove consigli che lo inducono a intraprendere una attività che considera in cuor suo pericolosa.
Operativamente quindi «la prescrizione medica, posto anche che riesca a fare breccia, non basta. Occorrono condizioni oggettive che favoriscano l'attività fisica negli anziani». Per andare in bici l'anziano ha bisogno di piste ciclabili 'vere', cioè separate dal traffico di pedoni e auto, senza asperità e ostacoli. Per camminare ha bisogno di strade senza buche o gradini. «Gli stili di vita salutari sono abitudini che vanno acquisite nel tempo; se le persone devono adottare abitudini differenti fanno fatica, e ne fanno ancor più se non sono aiutati dalla condizione fisica, dalle circostanze, dall'ambiente, dalla cultura e dalla società. Questo vale per tutti e dunque anche per i vecchi», conclude Rossana De Beni.