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Inibitori di SGLT2 nella prevenzione primaria e secondaria di eventi cardiovascolari e renali: una review sistematica e metanalisi dei trial cardiovascolari

A cura di Eugenio Alessi

10 dicembre 2018 (Gruppo ComunicAzione) – Gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2i) sono stati studiati in differenti trial con outcome cardiovascolari (CV), randomizzati e controllati vs placebo, in cui hanno dimostrato di ridurre il rischio di eventi CV maggiori (MACE, major adverse cardiac events) nei pazienti che avevano già subito un evento (in prevenzione secondaria).

Nessun trial, considerato singolarmente, aveva però la sufficiente potenza statistica per fornire dati significativi nei pazienti in prevenzione primaria con multipli fattori di rischio CV, dato il basso numero di eventi in questa sottopopolazione. La review sistematica e metanalisi condotta da un gruppo di autori guidato da Thomas A. Zelniker, del Brigham and Women’s Hospital di Boston (Massachusetts, USA), aveva l’obiettivo di combinare i dati provenienti dai trial di outcome CV al fine di valutare la safetye l’efficacia degli SGLT2i in termini di riduzione dei MACE, di ospedalizzazione per scompenso cardiaco e morte CV, nonché di riduzione di outcome renali, stratificando i pazienti per storia di eventi CV, storia di scompenso cardiaco e livelli di filtrato glomerulare stimato (eGFR, estimated glomerular filtration rate).

Sono stati valutati i dati provenienti dall’EMPA-REG Outcome con empagliflozin, dal CANVAS Program con canagliflozin e dal DECLARE-TIMI 58 con dapagliflozin, nonché da sei sottoanalisi dei medesimi trial, per un totale di 34.322 pazienti, di cui il 60,2% in prevenzione secondaria e il 39,8% in prevenzione primaria, con multipli fattori di rischio (nessun paziente in prevenzione primaria nell’EMPA-REG, il 34% nel CANVAS e il 59% nel DECLARE-TIMI 58). L’11,3% dei pazienti aveva una storia di scompenso cardiaco al basale, in misura simile nei tre trial, mentre la proporzione dei pazienti con eGFR <60 ml/min andava dal 25,9% nell’EMPA-REG al 20,1% nel CANVAS e al 7,4% nel DECLARE-TIMI 58.

Il 9,7% dei pazienti ha avuto un MACE nel corso degli studi e il 77,4% degli eventi si sono verificati nei pazienti in prevenzione secondaria. Complessivamente, la terapia con SGLT2i ha ridotto i MACE dell’11% (HR 0,89; IC 95%, 0,83-0,96; p = 0,0014), con beneficio limitato solo ai pazienti con pregresso evento CV (HR 0,86; IC 95%, 0,80-0,93; p = 0,0002) e nessun effetto nei pazienti con solo multipli fattori di rischio (HR 1,00; IC 95%, 0,87-1,16; p = 0,98).

Il trattamento con SGLT2i ha ridotto il rischio dell’outcome composito morte CV e ospedalizzazione per scompenso cardiaco del 23% (HR 0,77; IC 95%, 0,71-0,84; p ≤0,0001), con beneficio simile nei pazienti in prevenzione primaria e secondaria e con o senza storia di scompenso cardiaco al basale; la riduzione del solo rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco era molto robusta, arrivando al 30%.

Vi era, nel complesso, una significativa riduzione del rischio di mortalità per tutte le cause (HR 0,85; IC 95%, 0,78-0,93; p = 0,0002), ma con alta eterogeneità fra i trial.

I farmaci studiati hanno inoltre ridotto il rischio di progressione del danno renale, insufficienza renale terminale e morte per cause renali del 45% (HR 0,55; IC 95%, 0,48-0,64; p ≤0,0001), in maniera simile nei pazienti in prevenzione primaria e secondaria.

L’entità dei benefici degli SGLT2i variava in relazione alla funzione renale al basale, con una minore, ma comunque significativa, riduzione dell’outcome renale e una maggiore riduzione del rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco nei pazienti con malattia renale più severa. Un trend simile, ma non significativo, si aveva anche in termini di riduzione del rischio di MACE (maggiore nel gruppo con eGFR <60 ml/min).

Quanto agli outcome di safety, è stata osservata una significativa eterogeneità fra i trial per amputazioni e fratture, con un incremento del rischio in uno solo dei trial. Il rischio di chetoacidosi era aumentato di oltre due volte nei pazienti trattati con SGLT2i (HR 2,20; IC 95%, 1,25-3,87; p = 0,006), ma con un tasso di eventi molto basso (<1 per 1000 pazienti/anno).

Gli autori concludono che, in base ai risultati della metanalisi, gli SGLT2i dovrebbero essere presi in considerazione, nella terapia del diabete tipo 2, indipendentemente dalla presenza di malattia CV aterosclerotica o scompenso cardiaco, poiché in grado di ridurre in sicurezza e in maniera molto significativa l’ospedalizzazione per scompenso cardiaco e la progressione del danno renale in un ampio spettro di pazienti con diabete, indipendentemente dalla storia di scompenso cardiaco e dalla funzione renale, con un’aggiuntiva riduzione del rischio di MACE nei pazienti che hanno già subito un evento CV.

In linea di massima, i risultati nei tre differenti trial erano coerenti, anche se, nei pazienti in prevenzione secondaria, l’efficacia di empagliflozin sulla riduzione della mortalità CV era più pronunciata rispetto a canagliflozin e dapagliflozin e un aumento del rischio di amputazioni e fratture è stato osservato solo nel CANVAS Program: anche se è teoricamente possibile ipotizzare differenze farmaco-specifiche, altre possibilità vanno considerate, tenendo conto delle differenze nelle caratteristiche nella selezione dei singoli pazienti in ciascun trial (che un’analisi per sottogruppi basati su una singola variabile non può annullare), come dimostra ad esempio l’ampia differenza nel tasso di mortalità CV osservata nei pazienti in prevenzione secondaria nel gruppo placebo dei tre trial.


The Lancet, published online November 10, 2018

PubMed


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