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La salute del cavo orale: un aspetto negletto della cura del diabete

A cura di Alessandra Clerico

12 novembre 2018 (Gruppo ComunicAzione) – È noto che diabete e patologie del parodonto sono tra loro correlati. I pazienti con diabete scompensato sono più soggetti a parodontiti probabilmente in ragione della loro propensione alla “disbiosi” del cavo orale e a una maggiore difficoltà alla guarigione, fattori entrambi che causano una degenerazione parodontale [1].

D’altro canto, le parodontiti associate a un cattivo controllo glicemico favoriscono lo sviluppo di complicanze microvascolari e possono contribuire alla comparsa anche di quelle macrovascolari attraverso un meccanismo correlato alla flogosi sistemica: in particolare, la parodontite è un forte fattore predittore di mortalità cardio-renale in paziente con diabete tipo 2 (DT2).

Sull’argomento, Francesco D’Aiuto (CL Eastman Dental Institute, University College London, London, UK) e coll. [2] hanno condotto un trial clinico che ha valutato l’effetto di un trattamento parodontale sul controllo glicemico in una popolazione di soggetti con DT2.

Lo studio, randomizzato, in cieco su gruppi paralleli, ha avuto una durata di 12 mesi e ha riguardato 264 pazienti con DT2 e parodontite di grado moderato o severo.

La popolazione in studio è stata randomizzata a ricevere un trattamento cosiddetto intensivo del parodonto (gruppo TPI): terapia parodontale chirurgica (se i pazienti presentavano una buona igiene orale, altrimenti venivano bitcoin casinos list ancora sottoposti a una pulizia dentale) e terapia parodontale di supporto ogni 3 mesi fino al termine dello studio, o un trattamento parodontale convenzionale (gruppo TPC): rimozione completa della placca subgengivale e pulizia dentale con cadenza identica al gruppo TPI.

L’assegnazione al tipo di terapia restava sconosciuta allo specialista sino al giorno di inizio della stessa e, a eccezione dello staff che eseguiva il trattamento, tutti gli sperimentatori non erano a conoscenza del tipo di trattamento a cui era sottoposto il paziente.

L’outcome primario dello studio era la differenza dell’HbA1c a 12 mesi sull’intera popolazione dei due gruppi trattati. Dei 264 pazienti 133 sono stati inseriti nel braccio TPI e 131 nel braccio TPC. Al basale, l’HbA1c media era di 8,1% (DS 1,7) in entrambi i gruppi. Dopo 12 mesi, la media di HbA1c era di 8,3% (ES 0,2) nel gruppo TPC e 7,8% (0,2) nel gruppo TPI; dopo correzione per i valori di glicata al basale, età, sesso, etnia, fumo, durata di malattia e BMI, l’HbA1c era dello 0,6% (IC 95% 0,3-0,9 p <0,0001) inferiore nel gruppo TPI rispetto al gruppo TPC. Rispetto al TPC, il TPI dopo 12 mesi avrebbe quindi permesso di ridurre l’HbA1c in pazienti con DT2 affetti da parodontite moderata-grave.

Gli autori concludono che tali risultati suggerirebbero che la salute del cavo orale e il trattamento sistematico delle parodontopatie dovrebbero entrare nella pratica clinica dell’approccio alla cura del DT2.


1. The Lancet Diabetes and Endocrinology. Pub. online 24 October, 2018

2. The Lancet Diabetes and Endocrinology. Pub. online 24 October, 2018


AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.