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Quanti tipo di diabete esistono? Uno studio scandinavo dice: 5

A cura di Lucia Briatore

19 marzo 2018 (Gruppo ComunicAzione) – La classificazione tradizionale divide il diabete mellito in due grosse categorie: il tipo 1 (DMT1) su base autoimmune e il tipo 2 (DMT2) a genesi multifattoriale. A queste si aggiungono condizioni meno frequenti come il latent autoimmune diabetes of adulthood (LADA), il maturity-onset diabetes of youth (MODY), o forme di diabete secondario. Tale suddivisione è però insoddisfacente da un punto di vista clinico, perché l’esperienza comune è di una grande eterogeneità dei pazienti che vengo raggruppati con l’etichetta di DMT2.

Un gruppo di ricercatori scandinavi della Lund University Diabetes Center, Malmö, Svezia, e del Folkhalsan Research Centre, Helsinki, Finlandia, ha cercato una più precisa classificazione per migliorare la personalizzazione del trattamento e l’individuazione dei pazienti a maggior rischio di complicanze. I risultati della ricerca sono stati pubblicati recentemente sulla rivista Lancet Diabetes & Endocrinology. Gli studiosi hanno analizzato una ampia coorte di pazienti con neodiagnosi di diabete, la Swedish All New Diabetics in Scania (n = 8980), utilizzando una data-driven cluster analysis. I parametri presenti alla diagnosi che sono stati considerati per definire i vari gruppi erano: la presenza di glutamate decarboxylase antibodies (GADA), l’età, il body mass index (BMI, indicei di massa corporea), l’emoglobina glicosilata (HbA1c), la valutazione dell’homeostatic model assessment 2 (HOMA2), con HOMA2-B quale espressione di funzione beta-cellulare e HOMA2-IR come indice di insulino-resistenza. I risultati dell’analisi nella prima coorte sono stati replicati per conferma in altre tre coorti indipendenti: Scania Diabetes Registry (n = 1466), All New Diabetics in Uppsala (n = 844) e Diabetes Registry Vaasa (n = 3485).

L’analisi ha evidenziato la presenza di 5 cluster, simili tra uomini e donne. Il cluster 1, presente nel 6,4% della popolazione, era caratterizzato da diagnosi in età giovanile, basso BMI, scompenso glicemico alla diagnosi, carenza insulinica e positività dei GADA. Questo gruppo corrisponde essenzialmente ai pazienti con DMT1 o LADA ed è stato chiamato dai ricercatori severe autoimmune diabetes (SAID). Il cluster 2, presente nel 17,5% della popolazione, era simile al precedente ma con assenza di autoanticorpi ed elevata incidenza di retinopatia. Gli autori lo definiscono severe insulin-deficient diabetes (SIDD). Il cluster 3, riscontrato nel 15,3% dei casi, era caratterizzato da elevata insulino-resistenza e alto BMI, con tendenza allo sviluppo di nefropatia. Il nome scelto per definirlo è severe insulin-resistant diabetes (SIRD). Il cluster 4, corrispondente al 21,6 % del totale, si caratterizzava per minor età alla diagnosi, obesità ma insulino-resistenza ridotta, da cui il nome mild obesity-related diabetes (MOD). Il cluster 5, presente nel 39,1 % della popolazione, era caratterizzato da età avanzata alla diagnosi e modeste alterazioni metaboliche. I ricercatori lo hanno etichettato mild age-related diabetes (MARD).

Questa nuova classificazione del diabete identifica delle forme più severe e altre più moderate a minor rischio di complicanze. Gli autori hanno notato come alla loro classificazione clinica e fisiopatologica non corrisponda nei dati delle coorti un diverso tipo di trattamento.

Questo studio può aprire la strada ad altre ricerche volte a identificare, con semplici parametri misurabili alla diagnosi, le caratteristiche del diabete in termini di fisiopatologia e rischio di complicanze, al fine di poter impostare fin dalla diagnosi un trattamento personalizzato. Gli autori concludono sottolineando che questo potrebbe essere il primo passo per una vera medicina di precisione per il diabete.


Lancet Diabetes Endocrinol. 2018 Mar 1. pii: S2213-8587(18)30051-2. doi: 10.1016/S2213-8587(18)30051-2. [Epub ahead of print]

PubMed


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