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Relazione fra biomarcatori renali sierici e urinari e rischio cardiovascolare nei pazienti con diabete di tipo 2 e recente sindrome coronarica acuta: dati dello studio EXAMINE

A cura di Francesco Romeo

28 gennaio 2019 (Gruppo ComunicAzione) – La nefropatia diabetica rappresenta uno dei più forti fattori di rischio cardiovascolare (CV) (1) e la sua prevenzione e il rallentamento della sua progressione sono diventati obiettivi importanti della terapia ipoglicemizzante (2). Sebbene il legame tra malattia renale cronica (MRC) e malattia CV sia ben consolidato, il contributo dei diversi fattori (filtrato glomerulare, danno tubulare, proteinuria) è meno chiaro. La misurazione dei biomarcatori renali potrebbero facilitare una più ampia comprensione di questa complessa interazione.

In questo studio, recentemente pubblicato sull’American Journal of Cardiology (3), Muthiah Vaduganathan(Brigham and Women’s Hospital, Boston, MA, USA), e coll. hanno voluto valutare le performance prognostiche di un panel di biomarcatori di filtrazione glomerulare (cistatina C sierica), di danno tubulare (gelatina urinaria neutrofila associata a lipocalina [uNGAL], di escrezione urinaria renale molecolare [uKIM]-1 e di escrezione di proteine come predittori di eventi CV nei pazienti con diabete tipo 2 (DT2) e recente sindrome coronarica acuta (SCA) nell’ambito dello studio EXAMINE (Examination of Cardiovascular Outcomes whith Alogliptin versus Standard of care).

Sono stati esaminati 5380 pazienti con DT2 e l’endpoint primario dello studio composito erano l’infarto miocardico acuto non fatale, ictus non fatale o morte CV. Tra gli endpoint secondari c’erano ospedalizzazione per scompenso cardiaco e morte per tutte le cause. L’età media era di 61 anni, il 68% dei partecipanti era di sesso maschile e la velocità media di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) era 74 ml/min/1,73 m2.

Durante il follow-up mediano di 18 mesi, 621 pazienti (11,5%) hanno avuto un evento primario e 326 (6,1%) sono morti. Tutti i biomarcatori renali sono stati associati in maniera graduale con eventi CV avversi, indipendentemente dal valore di base di eGFR. Tuttavia, solo la cistatina C era associata in maniera significativa all’endpoint primario (hazard ratio [HR] 1,28 [1,14 a 1,45], p ≤0,001), alla morte (HR 1,51 [1,30 a 1,74]; p ≤0,001) e all’ospedalizzazione per insufficienza cardiaca (HR 1,20 [0,96-1,49]; p = 0,11).

L’associazione tra la cistatina C e l’endpoint primario era simile sia nei pazienti con eGFR normale che inferiore a 60 ml/min (p interazione >0,05). In conclusione, secondo gli autori, i biomarcatori sierici e urinari di funzionalità renale, quando testati da soli, predicono in modo indipendente eventi avversi CV a lungo termine in pazienti ad alto rischio con DT2.

In particolare, in un pannello integrativo di biomarcatori renali, la cistatina C sierica è rimasta associata in modo indipendente al rischio CV a lungo termine. Ancora secondo gli autori, i biomarcatori renali, che attualmente ci consento di indagare vari aspetti della funzione renale, se ulteriormente studiati ci potranno far comprendere meglio, in futuro, la complessa interazione tra malattia renale diabetica e la malattia CV.


1. Circ Cardiovasc Qual Outcomes 2016;9:372-379

2. N Engl J Med 2017;377:839-848

3. Am J Cardiol 2019;123:382-391

Pubmed


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