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Stress cardiaco e marker infiammatori quali predittori di scompenso cardiaco in pazienti con diabete tipo 2: lo studio ADVANCE

A cura di Enrico Pergolizzi

8 settembre 2017 (Gruppo ComunicAzione) – Il numero di persone con scompenso cardiaco (SC) è in aumento, molto probabilmente a causa dell’invecchiamento della popolazione e della crescente prevalenza di ipertensione, diabete, obesità e aterosclerosi. Lo SC aumenta la mortalità e l’ospedalizzazione, peggiora la qualità di vita e comporta un aumento dei costi sanitari. Per tali ragioni, la prevenzione e la gestione dello SC è un importante problema globale di salute pubblica.

Il diabete mellito (DM) è uno dei principali fattori di rischio per SC, con un aumento di rischio superiore al 50%, e ha forti effetti negativi sulla prognosi dello SC stesso. Lo SC è poi anche la seconda più comune prima manifestazione di malattia cardiovascolare (MCV) in pazienti con DM tipo 2 (DMT2), anche più comune dell’infarto del miocardio. Tuttavia, nella gestione clinica del DM non è stata data sufficiente importanza alla prevenzione e al trattamento dello SC.

Recentemente, è stato dimostrato che diversi biomarcatori, come la proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hs-PCR), l’interleuchina-6 (IL-6), il peptide natriuretico di tipo B, frammento N-terminale (NT-proBNP) e la troponina cardiaca T ad alta sensibilità (hs-cTnT), sono stati associati all’incidenza di MCV. È stato anche suggerito che questi biomarcatori possano essere utili per prevedere il rischio di SC. Tuttavia, pochi studi hanno esaminato l’associazione tra questi biomarcatori e il rischio di SC in pazienti con DM, e non è ben noto come questi possano classificare il rischio di SC in tali pazienti.

L’obiettivo dello studio condotto da Toshiaki Ohkuma (George Institute for Global Health, University of Sydney, New South Wales; Australia) e coll. (a nome dell’ADVANCE Collaborative Group) è stato quindi di esaminare l’effetto individuale e combinato di NT-proBNP, hs-cTnT, IL-6 e hs-PCR sulla previsione di incidenza o progressione dello SC in pazienti con DMT2. I dati sono stati pubblicati sulla rivista Diabetes Care.

Si tratta di uno studio caso-coorte nidificato, condotto su 3098 soggetti affetti da DMT2, partecipanti allo studio Action in Diabetes and Vascular Disease: Preterax and Diamicron Modified Release Controlled Evaluation (ADVANCE).

Un valore più elevato di ogni biomarcatore è stato associato in modo significativo ad un rischio più elevato di incidenza o progressione di SC, dopo aggiustamento per i principali fattori di rischio. Gli hazard ratio per aumento di 1 DS sono stati 3,06 (IC 95% 2,37-3.96) per NT-proBNP; 1,50 (1,27-1,77) per hs-cTnT; 1,48 (1,27-1,72) per IL-6; e 1,32 (1,12-1,55) per hs-PCR. L’aggiunta di NT-proBNP al modello che comprendeva i fattori di rischio convenzionali ha migliorato significativamente la performance di previsione del rischio a 5 anni (statistica C 0,8162 a 0,8800; miglioramento continuo netto della riclassificazione [NRI] 73,1%; NRI per categoria [<5%, 5-10%, >10% rischio a 5 anni] 24,2%). Al contrario, l’aggiunta di hs-cTnT, IL-6 o hs-CR non ha portato un miglioramento significativo.

In conclusione, IL-6, hs-PCR, hs-cTnT e NT-proBNP possono essere considerati predittori indipendenti dell’incidenza di SC nei pazienti affetti da DMT2. Tuttavia, solo l’aggiunta di NT-proBNP ha migliorato materialmente le performance predittive per SC, al di là dei fattori di rischio clinici convenzionali. Sono necessari ulteriori studi per convalidare questi risultati.


Diabetes Care 2017;40(9):1203-9

PubMed


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