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Ho tante ragioni per scrivere dell'invecchiamento. Sono diabetologo e il diabete è considerato una 'roba da anziani'. Lavoro da tempo in un Ospedale che fa parte dell'Istituto Nazionale di ricovero e cura per anziani, e.. sto diventando un po' anziano anch'io. O comunque mi viene da pensarci.
Non sono quindi il sociologo di passaggio che guarda le cose dall'esterno. Quell'invecchiamento 'degli altri' è anche il mio. Pertanto posso dire come medico, come amico di molti vecchi e futuro vecchio che io, Pierluigi Sorichetti mi ribello.
Mi ribello quietamente, ma decisamente all'idea che la nostra cultura s'è fatta della vecchiaia, un tempo inutile e caratterizzato dal decadimento.
Certo, ognuno è una storia a sé. Io sono io, tu sei tu. Gli anziani, noi anziani, facciamo molte differenze fra la condizione nostra e quella degli altri. Invecchiare è divenuto un evento soggettivo, condizionato dal livello di benessere personale, dall'autonomia soggettiva mantenuta, dalle risorse economiche disponibili e dalle strategie di relazione sociale.
Frequente rimane, però, l'immagine di una decadenza irreversibile che scivola verso la fine della vita. Perché mai non posso, da anziano, acquisire e potenziare tutte le risorse che producono qualità della vita. Perché non posso riscoprire così la capacità di trovare vita laddove gli stereotipi odierni sembrano farla fuggire via?
Forse capiterà anche a me di cambiare, da anziano, l'idea di me stesso, il ruolo, l'umore. Evviva! Ogni cambiamento è fertile. Perché questo dovrebbe escludere la possibilità che si possano acquisire nuove prospettive e nuovi spazi vitali ? Neanche per idea !
Voglio scoprire nuovi valori di vita, elaborare una nuova scala di valori che sottolinei l'importanza dell'essere rispetto all'avere, trovare nuove modalità per relazionarsi, strutturare diversamente il mio tempo, assumere nuovi impegni e riscoprire energie dimenticate, adattarmi a nuove modalità e a nuovi ambienti di vita, imparare a essere solo, imparare a confrontarmi con gli inevitabili limiti fisici. Voglio. Ne avrò voglia? Non so. Magari no. Ma voglio avere il diritto di farlo. Intendo essere libero e se vorrò essere il 'vostro' anziano escluso, isolato e passivo, lo sarò; ma se il mio progetto di vita sarà un altro voglio poterlo esprimere.
Altrimenti quel segmento di vita che abbiamo conquistato nel corso di questi ultimi decenni grazie alle migliorate condizioni di vita, alle cure più efficaci, alle nuove dimensioni del sapere è solo un prolungamento del tempo che ci divide dalla morte.
James Hillman, nel suo libro "La forza del carattere" scrive che il fine di invecchiare non è quello di morire, ma di svelare il nostro carattere che ha bisogno di una lunga gestazione per apparire, a noi stessi prima e poi agli altri, in tutta la sua peculiarità . Il carattere ha bisogno di quegli anni in più, che la lunga durata di vita oggi ci concede.
Ci devo pensare. anzi, ci voglio pensare. La scrittrice di lingua tedesca Maria Ebner Eschenbach sottolinea che "nella gioventù si impara, nella vecchiaia si comincia a capire". Diventare anziani significa diventare capaci di vedere e far vedere, per questo è importante raccontarsi. Nella cultura antica che non conosceva la scrittura il vecchio era colui che raccontava.
Un altro aspetto importante che dobbiamo considerare come una delle peculiarità dell'invecchiamento è legato al recupero dei contenuti della propria storia passata e nella sua "narrazione", al sentire la propria identità in un Io che racconta.
In questa prospettiva "vecchio" non vuol più dire "rudere in attesa della morte", ma può assumere quel carattere unico e tipico delle cose che ammiriamo, come le vecchie navi, le vecchie case, le vecchie fotografie nella loro unicità e non riproducibilità.
Per essere Io, se mi racconto.
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