Alda Merini
poetessa ma anche autrice di prosa, è nata insieme alla primavera il 21 marzo del 1931 a Milano. Seconda di tre fratelli inizia a comporre giovanissima e già nel 1949 viene inserita nell'antologia italiana (1909-1949) di Giacinto Spagnoletti con le poesie Il gobbo e Luce. Nel 1953 pubblica il primo volume di versi La presenza di Orfeo. Poi Alda Merini si sposa e ha quattro figli. Ma nel 1965 iniziano i ricoveri al Paolo Pini per schizofrenia, e gli internamenti si protraggono fino al 1972, quando la poetessa torna a scrivere dopo una lunga pausa creativa. Regala al pubblico La Terra Santa, opera considerata il suo capolavoro, ispirata dai terribili anni di reclusione. Nel 1981, dopo la morte del marito, si unisce al poeta Michele Pierri e si trasferisce a Taranto per tre anni. Torna a Milano nel 1986 dopo aver scritto e pubblicato altre belle poesie come Rime petrose e La gazza ladra, ma non senza ulteriori parentesi in istituti psichiatrici.


 Intervista a cura di Corrado Galbiati 
Foto di Nadia Scanziani 



 
Alda Merini, sognatrice e poetessa da sempre, da non molti anni è circondata dal successo e dalla considerazione che si addice ai letterati. Per decenni la sua voglia di libertà è stata etichettata come pazzia e i manicomi sono stati la sua casa a lungo. Da pochi mesi purtroppo qualche acciacco ha costretto la milanesissima Alda a rinunciare alla sua abitazione ed è ospite di una casa di cura.
Eppure non si direbbe, visto che ogni occasione è buona per accendere il lettore CD e ballare intorno al suo letto che dovrebbe essere di degenza. Le infermiere fanno capolino sorridendo e chiedendole cortesemente di abbassare il volume. Del resto quale altro ospite del 'Geriatrico Redaelli' riceve la visita del sindaco il primo giorno di degenza e gli auguri del Prefetto al compleanno?
Lei sbuffa, poi ride, aspetta che siano uscite, per non dar loro soddisfazione, e poi gira la manopola per abbassare. Ecco in questo gesto c'è tutta Alda Merini: orgogliosa della sua libertà ma attenta a non sconfinare nell'abuso. Le viene naturale, però, alzare il volume per far sentire le parole che Milva canta. Sono le sue poesie e il CD "Milva canta Merini" sta andando benissimo. Milva ha cantato Brecht e poeti tedeschi e francesi, ora tocca 'alla Alda' (la preposizione prima del nome è un obbligo a Milano).
Non la sconvolgono alcuni lamenti che provengono da altre stanze, anche perché con alle spalle l'esperienza di tanti anni di ospedale psichiatrico forse non li sente nemmeno. Un suo cognato acquisito l'ha salvata dal manicomio, "quasi per caso" dice lei, "o forse per destino".
Cosa sogna Alda Merini? Che rapporto ha con i suoi 73 anni? Rispondere non è facile, perché a parole Alda biasima la vecchiaia e ne parla malissimo. Tutti i suoi gesti tradiscono però un grande apprezzamento per se stessa, per la libertà che l'età matura le conferisce. Prestando attenzione davvero alle cose che dice, ci si accorge che in realtà sono poche oggi le persone serene come lei.

 
 
 

Chi è oggi l'anziano?
Un degente nel proprio corpo.

Non è un po' esagerata?
No davvero. Le forze vengono a mancare e gli acciacchi occupano la maggior parte dei pensieri. Però, a dire il vero, noi anziani siamo soggetti insieme felici e infelici, molto nostalgici naturalmente. Si può dire in sintesi che siamo dei gran romantici.

L'anziano cresce?
Non cresce. Per prima cosa perché non viaggia più e quindi è difficile che possa crescere, nel senso che do io alla crescita. E poi ostinatamente non vuole adeguarsi ai tempi moderni, ai telefonini, ai computer. E ho detto che non vuole, non che non ne sia capace. Più che crescere, direi piuttosto che è in espansione. Un'espressione che mi piace di più, che è più consona.

Cosa direbbe a un settantenne che aspira a diventare vecchio?
Ma, gli direi di riflettere se poi è così importante allungarsi la vita. Ciò che uno può fare, soprattutto se è qualcosa di buono, lo può fare anche in quindici anni. Ci sono grandi uomini e donne morti molto giovani. A volte ho il sospetto che chi vuole allungarsi la vita forse vuole solo allungare il proprio benessere.

E allora i poveri?
I poveri a cinquant'anni infatti vogliono morire, non ce la fanno più - ride di gusto. Ma anche quelli che lavorano troppo vogliono morire. Avevo un amico che faceva l'avvocato. Lavorava come un matto e quando gli dicevi: "Avvocato, cosa desidera?" lui rispondeva mentre se ne andava di corsa: "Morire!".

Cos'è il tempo per una persona anziana?
Non ne sprecherei troppo sull'argomento. Il tempo per gli anziani è una dilatazione del pensiero. Oggi c'è un'unità di misura diversa per il tempo. La vita si è allungata e l'anziano si ritrova, stanco, a dover affrontare ancora tanti anni. Non è detto che sia positivo vivere così a lungo. Ma visto che ci tocca, meglio metterci anche tutta la qualità possibile.

Ha mai avuto ansia di invecchiare?
No nessuna. Bisogna lasciare che il tempo passi senza prendersela troppo. Chi se la piglia muore, come dice il detto. E se uno vuole invecchiare, meglio che stia in pace. Il tempo dell'anziano è senza speranza, è vero. Però è anche dolce. Io ero più ansiosa da ragazza, quando desideravo affermarmi, trovare il mio spazio, dire le cose che sentivo dentro.

Cos'ha adesso di giovane?
Lo spirito senza dubbio. Ma anche gli amori. Certo, fisicamente sono amori platonici, ma i sentimenti volano come quando avevo 20 anni.

Ha memoria dei suoi genitori? Come li ricorda?
I genitori me li hanno rimossi. Io li ho persi che ero ancora una ragazza e poi, dopo il manicomio, non ricordo più nulla di loro. Le dico però che se non fossero morti così presto, io in manicomio non ci sarei finita.