Dire che non ho accettato il diabete è dire poco. Forse non c'è una età giusta per scoprire di avere il diabete, ma a nemmeno 11 anni è proprio il peggio. Quando inizi a contemplare quello che ti aspetta "zac", un fulmine. Ti ammali, ti ammali seriamente di una malattia che non ti passa più; magari può peggiorare, ma nemmeno te lo dicono; forse sei troppo piccola, forse è uno shock anche per chi ti sta vicino. Ma i medici la fanno semplice.
Ci sono queste, queste e queste cose da fare: test, iniezioni e ancora test, iniezioni non devi distrarti assolutamente dalla dieta, tutto esclusivamente SENZA ZUCCHERO ma per il resto? Per il resto presta molta e molta attenzione. Capite un po': una prigione, un ergastolo e allora subito il pensiero di evadere e io evadevo.
Come? Facendo finta di non essere ammalata. Prima di tutto non dirlo agli altri: "guai a farlo sapere". E poi? Comportarsi esattamente come un coetaneo, uno 'normale', mangiavo quando e quello che volevo senza limitazioni. Le glicemie? Era un gioco da ragazzi inventarle, consegnavo il diario fatto all'ultimo minuto. La glicata non era mai inferiore a nove, ma io facevo proprio finta di niente.
Mentivo spudoratamente dalla mattina alla sera. Che fatica! Anche se in realtà non era mentire, era non riconoscere una Virna diabetica. La vera Virna non aveva il diabete, che senso aveva parlarne con gli altri, con chi, prima considerava la malattia, e poi te come persona. Non sarei mai stata capita.
A 18 anni ho lasciato la struttura pediatrica che mi seguiva e sono entrata nel centro di diabetologia per gli adulti. Come primo acchito una tristezza, persone più grandi di me rassegnate alla loro croce fino a quando, rivoltata come un calzino mi hanno fatto un accurato lavaggio del cervello.

Si, quell'aggeggio che mai ho voluto, quello che pensavo mi ricordasse il diabete 24 ore su 24.
È stato invece proprio il micro a farmi crescere e responsabilizzarmi, a far sì che prendessi in mano le redini della mia vita che seppur giovane, a un certo punto non poteva venire risparmiata dalle complicanze di 10 anni di cattive glicemie.
Sognavo a occhi aperti, dopo un duro allenamento al carbohydrate counting potevo spaziare come volevo: chi avrebbe mai immaginato di saltare la colazione! Avere la possibilità di mangiare a un orario sempre diverso, di fare uno spuntino con una mega pizza alle tre di notte, di farsi la quotidiana dose per strada pigiando un piccolo bottoncino e tutto senza la paura di fare poi i conti con la tua glicata perché tanto questa era 7,2.
Passava il tempo e quella macchinetta che mai avevo voluto era diventata parte integrante di me anche nelle situazioni più imbarazzanti (per gli altri) andava tutto a gonfie vele: in aereo, in piscina, al mare, persino facendo fuoristrada niente e nessuno ci separava; ero riuscita persino a vedere il medico con occhi diversi non era più il solito esattore di glicemie, il custode della prigione ma una persona pronta ad ascoltarmi e capirmi, ad adattare la terapia alle mie esigenze.
Ora sono entusiasta, dopo due anni con il microinfusore posso dire che è stato il trampolino di lancio per migliorare la mia vita. Mi ha dato tantissima flessibilità, la possibilità di cambiare, di cambiare nella testa (se non fossi cambiata nella testa tutto questo non sarebbe servito a niente) non dico di essermi liberata ma non sono nemmeno più schiacciata da un macigno sconosciuto e minaccioso.
Un consiglio, non passate la vostra vita da malati a piangervi addosso! Ma cercate di godervela fino in fondo, un diabetico non è mai da meno di una persona normale!

Virna