Si chiama 'effetto nocebo' (in latino significa 'ti farò del male') ed è il gemello cattivo del più noto 'effetto placebo'. Il concetto è nato nell'ambito medico e può essere così riassunto: l'effetto di un atto terapeutico (un farmaco, una cura, il semplice dialogo con un curante) è aumentato o diminuito dalle attese che il soggetto sviluppa nei suoi confronti. Benedetti, consulente del National Institute of Health a Bethesda, MD (USA), ha lavorato all'Università della California a Los Angeles e all'Università del Texas a Dallas. Ha studiato le basi fisiologiche dell'effetto mostrando, con l'aiuto di tecniche di bioimmagine (che permettono di visualizzare le aree del cervello sollecitate da una determinata attività cosciente o inconscia) che le aspettative di beneficio terapeutico e i farmaci agiscono su aree simili del cervello. «Le attese positive o negative danno vita a una sequenza di effetti fisiologici ben precisi. Per esempio la paura di un aumento del dolore attiva la colecistochinina (Cck) un ormone che media la sensazione di dolore».
È interessante notare che a essere modulate dalle attese non sono solo reazioni che sappiamo di poter controllare in parte, come il dolore, ma anche reazioni che consideriamo puramente fisiologiche: «Associando l'atto di cura a un simbolo elementare ben preciso e forte: una luce colorata o un suono, è possibile arrivare a quello che gli psicologi chiamano 'condizionamento'. Così come il famoso cane di Pavlov aumentava la salivazione al suono di una campanella il soggetto, inconsciamente, attiva quella stessa reazione fisica che l'atto di cura dovrebbe fisiologicamente indurre», nota Benedetti che cita due studi1,2 in cui ad alcuni pazienti (non diabetici) veniva praticata una iniezione di insulina che determinava una ipoglicemia. L'iniezione era associata a uno stimolo olfattivo e veniva fatta sempre alla stessa ora, nello stesso ambiente e dalla stessa persona. Dopo quattro sessioni al paziente veniva praticata una iniezione di soluzione fisiologica neutra «e il paziente andava lo stesso in ipoglicemia!», spiega Benedetti. Quello che vale per i farmaci e per la forma fisica vale anche per il cibo. «Le aspettative negative cambiano i parametri fisiologici sicuramente determinando una ansia anticipatoria e probabilmente determinando anche altre reazioni fisiologiche», spiega il neurofisiologo torinese. Se una persona è allergica a una sostanza potrebbe sviluppare una reazione semplicemente se gli viene detto che in un alimento che ha appena mangiato quella sostanza era presente. Un eccesso di attese negative rispetto al cibo, all'inquinamento chimico biologico o elettromagnetico genera uno stato di allerta e di ansia nei soggetti. A questo si aggiunge una particolare attenzione nei confronti di quei 'segni' che altrimenti sarebbero stati giudicati normali (un calo d'umore, una difficoltà nella digestione, un piccolo dolore), generando una sensazione di 'non salute' e quindi una domanda terapeutica. Il fatto che a questa domanda venga data una risposta conferma l'ansia e potrebbe aggravare la situazione.
Il fatto è che, come ha detto David Wainwright sociologo alla University of Bath intervistato dal Financial Times: l'effetto cumulativo di messaggi benintenzionati sta promuovendo «l'idea che praticamente tutto quello con cui entriamo in contatto pone un rischio e questo ci porta a sentirci più vulnerabili e a interpretare la nostra esperienza come un problema di salute. Oggi difficoltà riscontrate sul lavoro sono considerate di pertinenza medica e catalogate come 'stress' invece di esser e viste come problemi sindacali o sociali». 1 Stockhorst U, Gritzmann E, Klopp K, et al. (1999). Classical conditioning of insulin effects in healthy humans. Psychosomatic Medicine, 61, 424-35. 2 Stockhorst U, Steingruber HJ and Scherbaum WA (2000). Classically conditioned responses following repeated insulin and glucose administration in humans. Behavioural Brain Research, 110, 143-59. 3 Crum AJ, Langer EJ. Mind-set matters: exercise and the placebo effect. Psychol Sci. 2007 Feb;18(2):165-71. Fabrizio Benedetti è docente di neurofisiologia all'univeristà di Torinio, consulente del National Institute of Health a Bethesda (USA), e membro della Mind-Brain-Behavior Initiative ad Harvard ha un Phd in Psichiatria a Los Angeles ed è stato assistente all'Università del Texas, ha scritto Placebo effects: Understanding the mechanisms in health and disease edito da Oxford University Press nel 2008 e Realtà incantata. L'effetto placebo nella vita di tutti i giorni (Zelig 2000).
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