Pazzi per la corsa

Corrono a piedi o in bicicletta o nuotano ogni giorno. Bene no? Tutta salute! «Non è detto. Alcune persone sviluppano quella che erroneamente è chiamata 'dipendenza da sport' e sarebbe meglio definire 'compulsione all'attività sportiva'. Il fenomeno è molto simile alla compulsione da gioco d'azzardo», spiega Giuseppe Ferrari, psicologo e psicoanalista di Milano autore, con Valentina Penati, di Psicologia e sport: dal benessere alla compulsione, primo libro italiano dedicato a questi fenomeni e presidente della Società Italiana di Psicoterapia integrata per lo sviluppo sociale.

 

Quando si supera la soglia che divide il 'sano allenamento' dalla 'mania' cioè dalla 'compulsione'?
Parliamo di persone che dedicano allo sforzo fisico tre, quattro o più ore al giorno e buona parte dei loro giorni liberi. Ma non è solo questione di ore: Il limite si supera quando il tempo e le energie dedicate all'attività fisica danneggiano la vita di relazione, portano a trascurare il partner, i figli, gli amici, spesso perfino il lavoro. Un altro campanello d'allarme è il nervosismo e la conflittualità che queste persone esprimono quando non si possono allenare. Un altro è la quota di risorse economiche che destinano all'attività: Correre non costa nulla, ma parliamo di persone magari non abbienti che si recano negli Usa o in Nord Europa per partecipare alle gare più massacranti.

Facciamo un identikit di questi 'sportivi-compulsivi'
Sono al 90% forse più maschi e di età compresa far i quaranta e i sessanta anni. Non necessariamente hanno alle spalle un passato sportivo. Anche partendo da zero puntano subito alle gare più faticose: le maratone e passano poi al Triathlon, o ai massacranti Ironman: che sono sempre più diffusi e partecipati: gare che durano anche 24 ore o più.

Viene in mente il protagonista del film Forrest Gump.
Certo. Tom Hanks rende simpatico il personaggio, e la storia ha uno sviluppo positivo. Ma non si può certo dire che il film ritragga una persona equilibrata e di adeguate capacità relazionali!

L'attività fisica soprattutto all'aria aperta sviluppa endorfine, gli ormoni del piacere. Non può esserci una dipendenza fisica dietro questi atteggiamenti?
Non credo. La liberazione delle endorfine può motivare a svolgere un certo grado di attività fisica, ma non a questi livelli. Al contrario queste persone spesso assumono in modo eccessivo antidolorifici di vario tipo per non avvertire il dolore e impegnarsi in modo ancora maggiore e arrivare a correre magari per 12 ore al giorno. È una forma di doping poco nota nella quale i farmaci sono impropriamente usati non per 'barare' ma per sfinirsi.

C'è una componente auto-distruttiva?
Anche, ma non è l'elemento principale. Io credo che la compulsione da sport sia la classica storia dell'antidoto che diventa veleno. Queste persone sono ansiose. Spesso affermano di aver paura di 'esplodere'. Fanno fatica a contenere spinte aggressive, spesso hanno alle spalle vite di relazione e sentimentali complesse. Un'altra motivazione è che l'attività fisica svolta a questi ritmi permette di non pensare, di sfuggire ai problemi quotidiani. Non a caso spesso viene iniziata a seguito di eventi problematici: la fine di una relazione, un lutto, un serio problema di lavoro.

Che danni comporta questo eccesso di attività fisica?
A differenza degli atleti professionisti che seguono schemi alimentari e di allenamento ben calibrati, queste persone creano da sé i loro programmi o meglio non ne seguono nessuno. Il loro obiettivo è sempre e comunque la massima intensità dello sforzo non la sua efficacia ai fini della performance. Spesso si alimentano male e in misura insufficiente. Ne conseguono seri danni fisici: fratture, gravi scompensi metabolici, che possono essere anche gravi.

Come si può aiutare l'amico o il partner che sviluppa questa compulsione?
Il problema è che - al contrario della compulsione da gioco che è sempre sancita negativamente - la compulsione da sport è all'inizio salutata positivamente da tutti: amici, famiglia, perfino dai medici. Il campanello d'allarme scatta quindi in ritardo. A quel punto, certamente queste persone devono ricevere supporti: amicizia, amore, rinforzi alla loro autostima... ma la componente essenziale è la più difficile: bisogna impedire a queste persone di riprendere la loro attività.


Giuseppe Ferrari, psicologo e psicoanalista a Milano, presidente della Società Italiana di Psicoterapia integrata per lo sviluppo sociale, è autore di Psicologia e sport: dal benessere alla compulsione.

Come per il fumo o l'alcol insomma... E uno psicologo cosa può fare?
Esattamente come per il fumo o l'alcol, o il gioco d'azzardo se vogliamo fare un paragone più calzante. Uno psicologo può intervenire sia lavorando sulla compulsione sia sui meccanismi che l'hanno generata. Insomma sul problema del quale lo sport era la soluzione. Dietro molte di queste persone troviamo disturbi della personalità. La terapia deve coinvolgere anche l'intera famiglia. Devo dire però che non sono molte le persone che chiedono un supporto psicologico per risolvere questo problema che - a differenza di quel che avviene con le ludopatie - non è percepito come tale. Quando l'aiuto clinico viene chiesto, la situazione ormai è molto deteriorata sia sotto il profilo fisico che delle relazioni.

Lei ha lanciato per primo l'allarme sull''eccesso di sport' un concetto che sembra contro-intuitivo. Ha avuto delle reazioni negative?
Sì, anche da parte di allenatori e sportivi. L'idea prevalente è che lo sport faccia bene comunque, in qualunque 'dose' e in qualunque contesto. In realtà ci può essere un eccesso anche di attività fisica.