Le prescrivo di non prendere
I Medici di Medicina Generale si propongono come protagonisti della 'de-prescrizione' vale a dire dello sfoltimento ragionato e condiviso delle terapie nei pazienti che prendono otto o più farmaci a vita. 'Se non lo facciamo noi, lo faranno gli altri', ammonisce un dirigente della Società scientifica SIMG.  

Andrea Pizzini, Medico di medicina generale a Torino e Vice-presidente della sezione regionale Piemonte della SIMG.

Si prescrivono troppi farmaci e i Medici di medicina generale sono automaticamente sul banco degli accusati. «È vero. Il problema esiste ed è serio. Non si tratta di risparmiare. Possiamo e forse dobbiamo essere in prima linea nel rendere più appropriate le terapie anche riducendo il numero dei farmaci prescritti in terapie di lungo termine o a vita», afferma Andrea Pizzini, Medico di medicina generale a Torino e Vice-presidente della sezione regionale Piemonte della SIMG la Società scientifica di categoria.
Prescrivere di non assumere quindi o 'de-prescrivere' per usare un termine nuovo come la filosofia che lo sottende. Cosa sta succedendo? Negli ultimi decenni le Linee guida hanno iniziato a consigliare, per la prevenzione o la gestione delle patologie croniche, terapie che spesso comprendono più farmaci ciascuno dei quali dà un suo contributo.
Ma assai di rado un paziente - soprattutto dopo i 60-70 anni - ha una sola condizione cronica. Spesso ne ha due o tre. Diabete, ipertensione e squilibrio dei grassi nel sangue per fare un caso tipico. Osteoporosi, scompenso e disturbi dell'umore per farne un altro, per non parlare delle persone con un rischio cardiovascolare e/o bronchite cronica o artrosi.
Persone in questa situazione si trovano a dover prendere ogni giorno anche 10 farmaci diversi. Una persona che avesse le cinque patologie croniche più diffuse, situazione non rara, dovrebbe assumere 12 farmaci in 21 somministrazioni quotidiane.
«Ebbene, studi recenti affermano che prendendo più di 8 farmaci diversi ogni giorno il rischio di effetti avversi aumenta e arriva a superare gli effetti positivi dei farmaci stessi», nota Pizzini. Nel caso sopra descritto, le interazioni negative fra farmaci sono ben sette e altrettante le interazioni negative fra farmaci e alimentazione.
E allora? Il Medico deve seguire le Linee guida, ma queste prendono in considerazione pazienti che soffrono solo di una specifica patologia. «Solo recentemente - e le Linee guida AMD-SID nelle ultime edizioni sono state dei pionieri in questo senso - le Linee guida stanno prevedendo dei capitoli per i casi di co-morbilità. In pratica scrivono: "Se il paziente ha solo questa patologia prescrivigli questi tre farmaci, ma se soffre anche di quest'altra patologia cronica allora limitati a prescrivere due farmaci o preferisci un principio attivo all'altro". Queste indicazioni sono importati per il Medico di medicina generale il quale, altrimenti, si prenderebbe una grossa responsabilità nel non proporre una terapia indicata dalle Linee Guida", sottolinea Pizzini.
Un po' di de-prescrizione si può fare comunque con il buon senso. «La gran parte delle terapie sono importanti in una logica di prevenzione. Ma la prevenzione utile a 70 anni lo è meno a 90. Ci sono pazienti allettati che prendono medicine per l'osteoporosi, persone con tumori in stadio avanzato che assumono ogni giorno farmaci per il rischio cardiovascolare... Ammettiamolo: esiste una certa inerzia terapeutica anche da parte del medico», ammette Pizzini.
Non è un caso che, secondo le statistiche, medici diversi che seguono un 'pacchetto' di pazienti abbastanza omogeneo, prescrivano quantità di farmaci molto differenti. «Gli stili di prescrizione dovrebbero convergere», afferma il Vice-Presidente della Simg piemontese, «e la formazione continua del Medico va in questa direzione. Il ruolo del Medico di medicina generale, stretto fra il ricorso spesso inappropriato allo specialista e l'auto-prescrizione del paziente con una modalità fai-da-te, ispirata magari da internet o dai social media, si sta restringendo. Noi Medici 'di famiglia' dobbiamo diventare 'quelli che de-prescrivono' ma deve trattarsi di un'operazione condivisa».
Come avviene una de-prescrizione condivisa? «Chiedo al paziente di portarmi il sacchetto con tutte le confezioni dei farmaci che assume normalmente. Di ciascuno spiego i vantaggi. "Questo farmaco riduce del 20% le possibilità di infarto a 10 anni ma ha questo effetto collaterale. Le interessa? Questo farmaco le permette di digerire meglio ma aumenta l'osteoporosi. Che facciamo?"».
È un processo lungo. «Ma teniamo presente che se non guidiamo noi lo 'sfoltimento' delle terapie, lo faranno, anzi già lo fanno, gli altri soggetti: lo Stato o la Regione potrebbero entrare "a piedi uniti", in modo acritico, sulle prescrizioni.
E il paziente già oggi fa la sua selezione assumendo circa metà dei farmaci che gli prescriviamo. Quindi si tratta di prendere atto delle cose come stanno» conclude Andrea Pizzini.