Ma queste cure ci fanno vivere di più
Wang Deshun
La terapia del diabete di tipo 2, dell'ipertensione e di altre condizioni prevede spesso l'aumento nel numero di farmaco da assumere ogni giorno. È una noia? Certo, e i medici sono a disposizione per alleggerire quanto possibile il 'carico' di pastiglie giornaliero. Ma è anche vero che alla diffusione di queste terapie ha corrisposto una drastica riduzione dei decessi e delle invalidità premature a causa di infarti e ictus.  

Il diabete si sa coinvolge tutto l'organismo. Non sorprende che per combatterlo occorra agire su diversi meccanismi. «La prima linea di attacco al diabete di tipo 2 è il miglioramento dello stile di vita: fare più esercizio fisico, mangiare meno e meglio», elenca Roberta Assaloni, responsabile del gruppo di studio AMD Appropriatezza/Terapia personalizzata, «associato spesso a un farmaco che migliora la sensibilità dell'organismo all'insulina». Se questo non basta, o se nel corso del tempo il diabete diviene più 'forte' si associa al primo un altro farmaco che agisce sull'assorbimento intestinale, o uno che facilita l'escrezione del glucosio da parte dei reni, per non parlare di quelli che agiscono sul pancreas. «La complessità del diabete può richiedere nel tempo una terapia articolata», ricorda Roberta Assaloni, diabetologa presso il Servizio di Diabetologia dell'ospedale di Monfalcone, «spesso associare un secondo farmaco al primo è più efficace rispetto ad aumentare la dose perché oltre certi livelli gli effetti collaterali aumentano mentre l'efficacia del farmaco non cresce. Questo vale per il diabete così come per altre condizioni quali l'ipertensione».


Roberta Assaloni, diabetologa presso il Servizio di Diabetologia dell'ospedale di Monfalcone.

Aumentando il numero di farmaci aumentano è vero le interazioni e gli effetti collaterali. Le interazioni sono note e il diabetologo - se conosce l'insieme delle terapie alle quali è sottoposto il paziente - può gestirle. Quando agli effetti collaterali questi si manifestano più spesso all'inizio della terapia o quando viene aumentato il dosaggio. «È importante che il paziente sappia cosa si deve aspettare e sappia distinguere i fastidi iniziali della metformina ad esempio o degli analoghi del Glp-1 dai veri e propri effetti avversi. La ricerca farmaceutica comunque viene incontro a queste difficoltà proponendo formulazioni a lento rilascio e noi medici possiamo fare altrettanto proponendo un inserimento graduale del farmaco nella terapia. La cosa importante è comunque parlare con il medico prima di interrompere o ridurre un farmaco», ricorda la diabetologa.

I diabetologi sono perfettamente coscienti dell'impegno che viene chiesto alle persone con diabete soprattutto se al diabete associano altri fattori di rischio: ipertensione appunto, dislipidemia, eccesso di acido urico, eccesso di coagulazione. «E siamo aperti a trovare insieme al paziente delle soluzioni, modificando le posologie in modo da renderle più vicine alle esigenze della vita quotidiana o cercando delle 'associazioni' cioè pillole che contengono due principi attivi diversi. D'altra parte questo impegno 'paga'», nota Roberta Assaloni, «se - nonostante inquinamento, sedentarietà e cattiva alimentazione - questa generazione di anziani vive più a lungo di ogni altra nella storia e spesso arriva a 80 anni e oltre senza gravi limitazioni nella vita quotidiana il merito va in larga misura a queste terapie a vita che prevengono e sotto controllo eventi devastanti quali infarti e ictus. Insomma queste pillole saranno una noia ma... in fondo ne vale la pena eccome.