Sono un figlio, coniuge o parente di un diabetico

Voglio sapere di più, in generale, su diritti, invalidità e handicap.
 

Quel fragile equilibrio


Non siamo preparati. Nessuno di noi medici, pochissimi cittadini e alcuna struttura è preparata a gestire un fatto in sè estremamente positivo. La forte crescita nel numero di persone davvero anziane: oltre gli 80 e i 90 anni, per capirsi.

Già, perché oggi non è affatto raro arrivare a questa età in uno stato di parziale, fragile autonomia. Fragile: una bella, ma inquietante, parola che dà l’idea di un equilibrio che esiste ma è precario. L’anziano non è una poltrona che poggia su quattro solide gambe: è uno sgabello che ne ha tre. Basta che venga meno uno degli elementi su cui poggia per spezzarlo.

I figli, la nuora, i nipoti già adulti sono quindi essenziali nell’assistenza all’anziano. Ancora di più se questi ha il diabete. In alcuni casi il loro ruolo fa la differenza nella qualità e nella durata di vita del paziente.

Di quali pazienti? Ovviamente di chi ha una complicanza in fase avanzata: cecità, dialisi, amputazione. Ma non solo. Il caso più frequente è quello di persone anziane senza gravi segni di complicanze e in grado di provvedere ad alcuni dei propri bisogni ma che non possono somministrarsi la terapia insulinica. Basta poco del resto: una vista non buona, una perdita di manualità fine, un leggero tremito per rendere o impossibile o inarrestabilmente pericoloso lasciare a queste persone la gestione della terapia. Iperosmolarità e gravi ipoglicemie sono rischi serie e frequenti, più di quello che possiamo immaginare.

Perché non rinunciare all’insulina allora? In passato si poteva ritenere tutto sommato accettabile una iperglicemia costante in una persona di 75 anni. Oggi non più. Prima di tutto perché avere 25 lustri oggi significa avere una attesa di vita di almeno altri 5 se non 10 anni. In secondo luogo perché è ingiustificato ritenere che l’iperglicemia nell’età avanzata sia una condizione quasi fisiologica, sostanzialmente benigna perché caratterizzata da rialzi glicemici che solo raramente raggiungono livelli ‘allarmanti’ e che spesso risultano limitati ai periodi postprandiali. Infatti, è ormai ampiamente dimostrato che l’instabilità glicemica e l’iperglicemia postprandiale rappresentano importanti fattori di rischio vascolare, specie nei pazienti anziani. La letteratura ci insegna inoltre che l’anziano diabetico, se mal controllato, ammala con maggiore frequenza di demenza tipo Alzheimer, stati confusionali, depressione e che maggiore è il rischio di cadute, e quindi di fratture.

L’anziano quindi ha bisogno di aiuto, e questo tipo di aiuto di rado viene dai vicini di casa, magari quasi coetanei. Occorre una persona matura, dedicata e che abbia ricevuto una breve ma chiara formazione ad hoc. In teoria sarebbe possibile creare queste figure a livello territoriale, semplicemente ‘promuovendo sul campo’ persone che già svolgono questa attività e dando loro competenze limitate ma chiare.
In Italia questa strada intermedia non c’è o quasi. Fra il nulla e l’ospedalizzazione o istituzionalizzazione c’è, a volte, l’Assistenza domiciliare (ma spesso solo una volta al giorno e solo nei giorni pienamente feriali). Torniamo quindi alla famiglia, alla nuora o alla figlia in genere.

Per questo la terapia insulinica nell’anziano viene disegnata intorno agli orari e alla disponibilità del parente che segue il malato. Non è la terapia ideale imparata sui libri con il suo geometrico alternarsi di ‘lente’ e di ‘analoghi’. È quella che si può fare con le risorse che esistono, prima fra tutte il tempo del caregiver (con questo termine la letteratura anglosassone definisce “colui che presta le cure”. Si distingue il “caregiver” informale: il figlio, coniuge, più raramente un altro familiare o amico; dal “caregiver formale”: l’infermiere o qualsiasi altro professionista) e con molta attenzione a evitare i rischi più probabili: l’ipoglicemia se l’anziano è attivo, l’iperosmolarità se l’anziano vive da solo ed è tendenzialmente sedentario.

Qualunque mezzo che consenta di aiutare questo anziano a tenere sotto controllo il diabete è il benvenuto, soprattutto se non richiede alla figlia o nuora un sacrificio eccessivo: permessi e congedi possono e in qualche senso devono essere usati. Anche qui manca il giusto mezzo. Molte previdenze e prestazioni scattano quando l’anziano è dichiarato con handicap grave e poche in mancanza di una invalidità palese. Può essere spiacevole chiedere a un genitore di definirsi handicappato o invalido grave quando il suo orgoglio sta proprio nel non esserlo e nel mantenere una relativa autonomia. Ma è spesso necessario proprio per salvaguardare questo lasso di vita che la tecnologia e la medicina ha regalato alla loro e alla nostra generazione.


Il punto di vista del Diabetologo
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Su cosa puntare
 
L'anziano ha bisogno della presenza quotidiana di un adulto. E per concedergliela questi deve far ricorso a tutte le prestazioni disponibili.