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Sono una persona con diabete | ![]() |
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![]() Voglio sapere di più sui miei diritti nel lavoro. |
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![]() Lo stile di conduzione aziendale, e non solo nel settore privato, è cambiato molto negli ultimi anni. I tempi di lavoro sono divenuti meno prevedibili. In passato solo i dirigenti e gli alti funzionari ‘non conoscevano orari’. Oggi anche ai livelli medi e medio bassi delle organizzazioni, soprattutto terziarie, è frequente che una riunione imprevista posponga l’intervallo di mensa o di uscita dal lavoro. Lo stesso vale per i viaggi di lavoro, che interessano sempre più persone in azienda. Questa imprevedibilità contrasta in concreto con lo stile di vita del lavoratore con diabete il quale lega i ritmi della terapia e dei controlli a determinati orari o ritiene di poter seguire le prescrizioni alimentari solo mangiando a casa. Cosa può fare il dipendente che si trova a disagio con questi mutamenti nello stile aziendale (o che desidera intervalli di mensa più ampi per mangiare a casa invece che al bar, o che desidera non essere coinvolto in viaggi di lavoro)? Diciamo subito che la legge non è (più) dalla sua parte. E in fondo nemmeno la scienza medica. Negli ultimi anni la legislazione e la giurisprudenza sul lavoro si è mossa coerentemente nel concedere al datore di lavoro la massima flessibilità negli orari e nello stile di conduzione aziendale. Quanto alla Diabetologia, l’esigenza di orari ‘fissi’ non è più ritenuta oggettiva ma soggettiva. In teoria un paziente ben istruito e con una terapia adeguata potrebbe gestire benissimo il suo diabete facendo fronte a sfide quali la variabilità degli orari, i viaggi di lavoro e i pasti fuori casa. Il dipendente che senta il bisogno di una modifica degli orari di lavoro o una maggiore prevedibilità degli stessi, può chiedere un colloquio o direttamente con il superiore gerarchico o con la Direzione del Personale oppure con il Medico Competente e documentare, anche attraverso certificazioni del Medico curante, la situazione. Questa ‘mossa’ va però valutata con attenzione perché il suo successo non è sicuro, né in sede ‘amicale’, né in sede giudiziaria. In capo all’Azienda non vi è alcun obbligo specifico di modificare i contenuti o lo stile di conduzione aziendale, soprattutto in casi come questo. È vero che nella patologia cronica conta non la terapia ‘migliore’ in astratto prescrivibile, quanto il punto di equilibrio che il diabetologo e il paziente hanno trovato. Se un paziente ritiene di poter curare il suo diabete solo pranzando ogni giorno a casa e ritiene di non poterlo fare passando al bar gli intervalli di colazione, questo è un dato di cui bisogna tenere conto. Ma ricordiamo che non esiste un impedimento assoluto. L’Azienda che sposta il lavoratore lontano da casa o gli riduce gli intervalli di mensa non sta ‘oggettivamente’ minando la sua salute. D’altra parte l’Azienda potrebbe esercitare un diritto di autotutela e utilizzare le leggi che la obbligano in primo luogo a tutelare la salute del lavoratore per... licenziarlo. (vedi al proposito la scheda sulla Privacy). |
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Chi chiede il part-time o trova difficile adeguare la terapia ai ritmi e agli orari imprevedibili del lavoro, non ha la giurisprudenza dalla sua parte. |