Cristina Costantini,
docente di statistica matematica e presidente del corso di laurea in Economia Informatica all'Università di Pescara, si occupa di processi stocastici, una branca del calcolo delle probabilità. PHD all'Università del Wisconsin a Madison, ha insegnato alla Sapienza di Roma e a Udine. Rischi? Non gioca d'azzardo, non ha paura dell'aereo e ha smesso di fumare da alcuni anni. Ma quando, a una domanda precisa, risponde a suo figlio "è probabile", il figlio, Paolo, perde la pazienza.

Esistono decine di battute contro le statistiche e le probabilità: "Se io mangio un pollo e tu digiuni, abbiamo mangiato mezzo pollo a testa" diceva Trilussa. "Ci sono bugie, atroci bugie e poi ci sono le statistiche", affermava Churchill. Battute che esprimono una difficoltà ad ammettere la possibilità di gestire il caso. Una di queste battute recita "se una persona ha la testa nel forno è i piedi nel freezer in media è a temperatura ambiente". Sì, noi probabilisti e statistici siamo abituati a queste battute. Vorrei dire una cosa però: se un corpo ha una parte nel forno e una parte nel freezer, è vero che raggiunge la temperatura ambiente. Voglio dire che la statistica dice delle cose vere e utili. Sapendo che in ognuno dei prossimi anni un tot per cento della popolazione del Lazio avrà un infarto, posso dimensionare le strutture, decidere quanti posti letto o quante unità intensive aprire, più o meno anche dove aprirle e con che organico presidiarle! e questo senza bisogno nemmeno di sapere cosa è un infarto o perché insorge. La cosa bella della statistica è proprio questa: ti permette di trarre conclusioni certe e utili pur in una condizione di assoluta o relativa ignoranza!

Le persone comuni sono in grado di cogliere e di gestire concetti come il rischio o la probabilità di un evento?

Intanto farei una distinzione fra la 'probabilità' e il rischio, che ingloba, oltre alla 'probabilità', la 'gravità' dell'evento. È 'probabile' che piova ma si 'rischia' un incendio.

Giusto, parliamo allora della probabilità. Siamo capaci di valutarla?

Se l'evento è, diciamo così, 'emotivamente neutro' non siamo poi così impreparati. Il concetto di probabilità è alla base di tutta la nostra vita e generalmente ce la caviamo tutti bene. Guardiamo all'economia per esempio: tutto sommato le scelte economiche delle famiglie sono corrette, si basano su una corretta percezione della probabilità di un evento. Tuttalpiù può essere difficile stimare eventi seriali.

Per esempio?

Faccio un esempio: che probabilità ci sono che su 23 persone riunite in una stanza almeno due siano nate nello stesso giorno dell'anno? Verrebbe da dire una su 15 invece sono una su due. La dimostrazione non è intuitiva. Al di là di questo, io credo che anche nella valutazione della probabilità di eventi singoli ci siano tre tipi di distorsioni. Tendiamo per esempio a sovrastimare la probabilità che accada un evento estremamente improbabile ma che ha certe caratteristiche: è definitivo, avviene in circostanze tragiche ed è stato molto pubblicizzato. Il caso tipico è l'aereo. Si rischia di più ad andare in macchina dal centro di Roma a Fiumicino che a volare per qualunque destinazione. Ma la paura insorge al momento di salire sull'aereo. Viceversa tendiamo a sottostimare eventi molto probabili: la pigrizia o la difficoltà a cambiare abitudini ci porta a sottostimare il rischio della sedentarietà per esempio, o di una alimentazione sregolata. C'e poi un altro 'effetto psicologico' che potremmo chiamare la 'rivolta contro il caso'.

Cioè ci rifiutiamo di credere che alcuni eventi siano davvero assolutamente casuali?

Il fatto che il tal numero sulla ruota di Cagliari non esca da un anno non significa assolutamente che domani avrà più possibilità di uscire. Siamo abituati a vedere qualcosa di umano, o di sovraumano dietro a certi eventi casuali è questo porta a degli errori. È su questi errori che puntano tutti i giochi d'azzardo.

Un matematico non gioca d'azzardo?

Se lo fa, lo fa sapendo che strutturalmente il gioco lo porterà a perdere. E questo per due ragioni: la prima è che tutti i giochi realmente organizzati sono iniqui.

Come si fa a capirlo?

Per capire quanto è iniquo un gioco basta vedere quanto costerebbe acquisire la sicurezza del premio e mettere in rapporto questo costo con il premio. Quanto costa comprare tutti i biglietti di una lotteria che mette in palio un monte premi di un milione? Probabilmente costa 10 milioni. Il gioco del lotto in questo senso è il più iniquo, il meno iniquo è la roulette, quella con un solo zero. A questo si aggiunge la cosidetta 'maledizione del giocatore'.

Oddio, in cosa consiste questa 'maledizione'?

Pensiamo a un gioco equo. Tiriamo una moneta: se viene testa il banco paga al giocatore due volte la posta. Se viene croce il giocatore perde la posta. Le probabilità sono eguali e la maniera più corretta per giocare consiste nel raddoppiare ogni volta la posta in gioco. In questo modo sul lungo termine il giocatore ha la sicurezza di non perdere. Ma questo funziona solo se il giocatore ha risorse illimitate di tempo e di soldi, il che non è quasi mai il caso.

Torniamo alla medicina: la statistica, è una scienza esatta e richiede grandi numeri, in una disciplina. La medicina invece si esercita attraverso relazioni uno a uno dal forte contenuto umano e relazionale...

Io credo che la contrapposizione fra 'scienza' e 'umanesimo' sia artefatta. Un medico può essere perfettamente in grado di gestire con successo la relazione con il paziente facendo attenzione a tutti gli aspetti emozionali e all'unicità del suo caso e nello stesso tempo mettendo a frutto le nozioni che gli studi e i trial statisticamente ben controllati gli danno. Anzi mi verrebbe da dire che questa è l'essenza del suo compito. Saper valutare correttamente le probabilità di successo di un intervento o di una terapia può essere cruciale per effettuare una scelta. D'altro canto, una volta che il paziente ha fatto una scelta - più o meno 'probabile' - importa solo che sia motivato, fiducioso e determinato. Il 'calcolo delle probabilità' è uno degli strumenti di supporto alle decisioni, non un modo per giudicare le decisioni stesse. Quindi può essere inutile, o addirittura dannoso, enfatizzare gli aspetti quantitativi.

Termini e strumenti statistici sono penetrati ormai nel linguaggio comune, secondo lei questo ha reso le scelte delle persone più razionali?

Direi di no. È vero che molte persone sono in grado di utilizzare certi strumenti statistici, ma in compenso perdiamo gradatamente la capacità di pensare in maniera logica. I termini e soprattutto gli operatori logici ci sfuggono. La persuasione oggi viaggia sempre di più attraverso operazioni emozionali. Mettiamo una automobile e di fianco una donna semivestita. Che rapporto logico c'è? Nessuno.

Così facendo la qualità del nostro logos decade e quindi anche la qualità delle nostre scelte. È così?

È... probabile.