XVI Congresso Nazionale AMD
Sulle note autoironiche di “Dotti medici e sapienti” di Edoardo Bennato, immersa nell’incantevole cornice della penisola sorrentina, si è svolta la cerimonia inaugurale del XVI Congresso nazionale di AMD. Gli onori di benvenuto ai 1800 partecipanti sono spettati a Gerardo Corigliano (Napoli), che ha ricordato come la presente edizione, slittata al periodo autunnale per le note vicende del blocco di Farmindustria, costituisca un ritorno a Sorrento dopo il precedente del maggio 1983.
Dopo i consueti saluti delle autorità (e un cenno al programma del congresso), la cerimonia è proseguita con una lettura inaugurale a tre voci, nella quale è stata effettuata una sintesi delle attività dell’associazione nell’ultimo biennio e tracciato il programma dei progetti per il futuro. Umberto Valentini (Brescia), neo past-president, ha passato il testimone ripercorrendo la storia degli ultimi anni di AMD, e analizzando le condizioni che hanno spinto ad affrontare il tema della definizione dei percorsi assistenziali. Le analisi dei ricoveri della nostra epoca (determinati per l’80% da episodi di riacutizzazione di situazioni di malattia cronica), insieme al dato secondo cui il 50% dei pazienti cronici non sarebbe in grado di mettere in pratica le indicazioni terapeutiche consigliate, ci lasciano intuire l’esistenza di ampi spazi di recupero di efficacia e di efficienza clinica, propedeutici a una migliore allocazione delle risorse finanziarie disponibili. Il diabete, con le sue caratteristiche epidemiologiche e le sue ricadute economiche e sociali, rappresenta in questo senso un modello ideale di patologia cronica, nella quale finiscono per incidere numerosi problemi (psicologici, sociali, assistenziali) in aggiunta a quelli meramente clinici. Un tale modello non può prevedere un sentiero assistenziale semplice e lineare, ne’ un approccio attraverso i punti di vista e gli strumenti usuali; i migliori risultati sono piuttosto conseguibili attraverso l’interazione tra un team competente e un paziente motivato. Il presidente ha proseguito ricordando come il passaggio tra l’approccio biomedico e quello biopsicosociale sia stato teorizzato da J.P. Assal, che aveva colto la necessità di organizzare il “management de suivi” ponendo al centro del percorso la persona affetta da diabete. Nella gestione delle cronicità è fondamentale che l’assistito divenga attore, protagonista e integrato; allo stesso modo, nell’accogliere l’invito all’adozione di programmi di disease management, formulato nel Piano di Previdenza Attiva 2005-2007, deve essere trainante il ruolo di una società scientifica quale AMD, che prevede nella propria mission “il contribuire all’evoluzione della diabetologia attraverso il miglioramento continuo della qualità assistenziale”. La politica societaria dell’ultimo biennio è stata pertanto improntata ad affrontare aree di interesse quotidiano quali la formazione, la qualità, la comunicazione, la ricerca clinica e gli standard di assistenza. Il tema dei percorsi assistenziali, nel senso di un “metodo basato su un approccio integrato per la gestione appropriata dei bisogni globali del paziente”, ha posto la necessità di identificare e registrare degli indicatori di processo e di outcome, allo scopo di individuare le criticità e le modalità di miglioramento. Tutto questo renderà possibile il “passaggio da una medicina centrata sulla malattia a una centrata sul paziente”.
Antonio Ceriello (Università di Warwick, UK) ha poi relazionato sullo stato dell’arte della ricerca scientifica nel settore della diabetologia. Le attuali tendenze richiedono l’inserimento della ricerca nell’ambiente reale e globale dell’assistenza clinica; quali sono stati allora gli investimenti nella ricerca diabetologica in Europa, negli ultimi anni? Analizzando i dati di un recente articolo di P. Halban e coll. [Nature Med 1996; 12(1)], il paragone con gli USA risulta impietoso, con un rapporto di 100 pubblicazioni a una a favore del nuovo continente. Questo anche grazie al fatto che, a partire dal 2001, il NIH ha identificato nel diabete una delle emergenze sanitarie nazionali, e ha invitato il mondo scientifico a potenziare la ricerca in tale settore; a questo scopo, naturalmente, sono stati stanziati importanti finanziamenti che hanno condotto alla nascita di nuovi centri di ricerca finalizzati. Anche in Europa il clima sta mutando, e in molte nazioni a noi vicine si stanno facendo sentire i risultati di nuovi, fortissimi impulsi economici di finanziamento per la ricerca. Il Prof. Ceriello non ha mancato di sottolineare come AMD abbia interpretato un ruolo attivo nel proporre, progettare e realizzare importanti studi clinici (quali il Demand, il Quasar, l’Arcadia, il Dyda, l’Accept-D, il PPTe gli Annali AMD), e nell’organizzare eventi di rilievo internazionale quale il meeting del 21-23 novembre 2008, a Torino, in collaborazione con il Diabetes & Cardiovascular Disease Study Group dell’EASD. Esposte le caratteristiche attuali dell’environment della ricerca diabetologica italiana, il relatore ha tuttavia osservato come le attività in corso si realizzino prevalentemente per iniziativa di singoli, in assenza di una precisa strategia dettata da AMD. Per il futuro, nel rispetto delle priorità identificate dallo statuto dell’associazione (epidemiologia, clinica, gestione della terapia), ha proposto l’ammodernamento degli strumenti esistenti, quali il Centro Studi e Ricerche (CSR) AMD, suggerendo l’apertura non solo ai presidenti dell’associazione o a esperti da loro individuati, ma a figure professionali da valutare sulla base delle proprie competenze, piuttosto che per la loro ideologia o provenienza. Il CSR potrebbe quindi trasformarsi in un vero e proprio comitato scientifico dotato di finalità precise, che interagisca con il Consiglio Direttivo Nazionale e con i soci per promuovere e raccogliere proposte (e fondi) per la ricerca, preparare nuovi “speaker” e consulenti, destinare borse di studio e favorire soggiorni di studio all’estero. L’analisi dei contributi presentati dai soci testimonia, dal congresso di Genova del 2005 a quello attuale, un interesse crescente per il mondo della ricerca scientifica; dobbiamo cogliere l’occasione per tentare di rispondere a questa curiosità: “la stessa che ha portato l’uomo dalla preistoria all’atomo”.
Per l’ultimo intervento, dedicato al ruolo di AMD nell’ambito della ricerca sanitaria, ha preso la parola Adolfo Arcangeli (Prato), presidente di AMD per il biennio 2007-2009. Nel ricordare come il richiamo alle attività assistenziali faccia parte del DNA stesso dell’associazione, il presidente ha sottolineato la necessità di una visione sistematica, e di un’azione nel segno della continuità e del confronto. Gli Annali AMD 2007 – un registro prezioso di una realtà assistenziale diabetologica che non trova pari nel resto del mondo – documentano il raggiungimento solamente parziale degli obiettivi relativi al compenso glicemico, lipidico e pressorio; anche in Italia, l’attenzione si è spostata sulla necessità d’intervenire per essere più efficaci nella realtà clinica del mondo reale. Nei programmi di AMD, le nostre competenze dovranno aumentare anche attraverso il potenziamento dell’aggiornamento professionale (orientato all’assistenza) e della ricerca sanitaria, mirando alla salute del paziente come outcome primario. Tali programmi, in sintonia con quanto ci richiedono le istituzioni (es. Conferenza Stato-Regioni), potranno essere realizzati più agevolmente attraverso l’istituzione di 4 nuove reti: 2 per la “ricerca clinica” e 2 per il “governo clinico”, allo scopo di acquisire competenze metodologiche avanzate e realizzare una ricerca indipendente e multiprofessionale; a questo proposito ha citato l’importanza della collaborazione con l’OSDI. Ciascuna rete potrà contare su 18 professionisti, formati (in una prima fase) attraverso i Corsi avanzati di metodologia di ricerca clinica e di clinical governance, in collaborazione con il GIMBE (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze). Le due reti dovranno elaborare due protocolli operativi per ciascun ambito. La seconda fase del progetto prevede la formazione “a cascata” di reti regionali. Il presidente ha ricordato l’importanza di lavorare in sintonia con l’IDF (cui AMD è affiliata), che ci invita a una ricerca di tipo “traslazionale” e a parlare con chi, nel mondo esterno, ha interesse a occuparsi di assistenza al paziente diabetico. L’ultima parte della relazione di Adolfo Arcangeli si è incentrata sul rilievo da destinare alla valorizzazione dei soci di AMD, portando la voce della realtà assistenziale italiana (attraverso i vari Consigli Direttivi Regionali) all’attenzione del Consiglio Nazionale, anche grazie al rinvigorimento della Consulta dei Presidenti Regionali e alla ristrutturazione operata in seno alla Segreteria AMD. Ringraziamenti conclusivi sono stati rivolti a tutti coloro che dedicano, o hanno dedicato, tempo e impegno all’associazione.