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Progetto INTENDI 2: i medici non sono computer

Quando schemi mentali, stress ed emozioni dei medici ostacolano il raggiungimento del target terapeutico

La medicina non è una scienza esatta e la mente dei medici non funziona come un computer. I diabetologi AMD lavorano sul loro essere “umani” per capire come avvengono realmente le scelte di cura e contrastare l’inerzia terapeutica.

a cura di Miryam Ciotola, per il gruppo AMDcomunicAzione


Sono tanti, troppi i pazienti con diabete tipo 2 che non raggiungono gli obiettivi glicemici: anzitutto perché non viene loro prescritta o intensificata la terapia insulinica. L’inerzia terapeutica spesso si associa all’impiego di farmaci ormai obsoleti e anche all’incapacità dei curanti di essere davvero dei soggetti attivi. Secondo i dati AMD, il 50% dei diabetici di tipo 2 inizia l’insulina solo quando la glicata ha superato il 9% e anche quando la terapia è avviata, spesso non viene comunque raggiunto un buon controllo metabolico. Con l’obiettivo di indagare i motivi di quest’impasse e accendere i riflettori sui possibili bias che intervengono nei processi decisionali dei diabetologi italiani, AMD ha organizzato il progetto formativo INTENDI 2 (INsulinerzia TErapeutica iN DIabetologia), lanciato l’8 marzo scorso a Messina e realizzato grazie al contributo non condizionante di Lilly e Boehringer Ingelheim. E proprio a Messina ne abbiamo parlato col Presidente AMD Domenico Mannino, con Nicoletta Musacchio, Presidente della Fondazione AMD, con Maria Antonietta Pellegrini, componente del Consiglio Direttivo Nazionale della Fondazione AMD, e con Anna Ercoli, psicologa e componente del board scientifico del progetto.

Presidente Mannino, quale lo scopo del progetto?
Sappiamo che al momento della diagnosi, o subito dopo, le linee-guida raccomandano la somministrazione di metformina e interventi sullo stile di vita, ma se il target glicemico non viene centrato dopo 3 mesi, dovrebbe far seguito un aggiustamento della cura.

Invece?
Invece si assiste a preoccupanti e immotivati ritardi sia nella prescrizione sia nell’intensificazione delle terapie con antiperglicemici. Scopo del progetto INTENDI 2 è affrontare il problema da una prospettiva inedita.

Vale a dire?
Partire dall’analisi del vissuto e delle esperienze del diabetologo rispetto alla terapia iniettiva ad esempio, e dallo studio delle mappe decisionali che portano a comportamenti inerti. Evidenze sempre più numerose suggeriscono come, accanto a ostacoli di carattere organizzativo (tempo limitato per le visite, team spesso inadeguati e insufficienti), esistono anche barriere psicologiche che impattano negativamente sui processi mentali, consci e inconsci, alla base delle scelte terapeutiche del medico.

Presidente Musacchio, come fare?
Con il progetto Diabetes Intelligence abbiamo definito il Core Competence Curriculum del moderno diabetologo, individuandone competenze e attività fondamentali. Pertanto, i diabetologi sanno quello che dovrebbero fare per essere davvero efficaci nel loro lavoro.

Eppure, c’è uno scollamento fra la conoscenza “ideale” e i reali atteggiamenti dei diabetologi…
A questo proposito i risultati dello studio Brain&Dia sono stati sorprendenti: tra i diabetologi italiani è emersa molta difficoltà nella gestione della cronicità, una presa di distanza dalle proprie emozioni, la sopravvalutazione e il fraintendimento della comunicazione verbale, la mancanza di consapevolezza del proprio vissuto e, aspetto del tutto inatteso, la presenza di forti pregiudizi verso la terapia insulinica.

Come dire: non esiste un percorso lineare che dalle conoscenze scientifiche porta a coerenti scelte terapeutiche…
Vero. La reale mappa decisionale è più complessa, l’organic knowledge management suggerisce come procedimenti inconsapevoli e scorciatoie mentali portino all’errore. La formazione dei moderni professionisti della salute deve passare anche dalla consapevolezza e dall’analisi di questi aspetti.

Dott.ssa Pellegrini, qual è il primo passo per uscire dall’impasse dell’inerzia terapeutica?
Prendere coscienza del problema. Spesso sono infatti i diabetologi stessi a non essere consapevoli dei propri errori. Durante il nostro incontro cercheremo quindi di approfondire i processi che sottendono le nostre decisioni per promuovere un reale cambiamento.

Come?
Attingendo al lavoro del premio Nobel per l’economia Richard Thaler, vedremo come i limiti cognitivi degli esseri umani ne influenzino le scelte. Affronteremo anche il problema delle barriere organizzative che rendono più faticoso il lavoro del diabetologo e allontanano dall’appropriatezza. Carenza di personale dedicato alla formazione dei pazienti, visite sempre più veloci, burocrazia che arriva ad assorbire il 45% del tempo lavorativo del medico, sono tutti impedimenti che portano a insoddisfazione, burnout e aumento dei tassi d’errore.

Dott.ssa Ercoli, parlerete anche di emozioni, appunto…
Un’ulteriore analisi per comprendere il fenomeno dell’inerzia terapeutica sarà quella condotta a livello delle emozioni e del vissuto del medico, che in qualche modo hanno fortificato un comportamento fino a configurarlo come un’abitudine se non un vero e proprio automatismo.

I diabetologi dovrebbero analizzarsi?
Diciamo che le esperienze pregresse formano spesso uno zoccolo duro che difficilmente viene scardinato per lasciare spazio all’acquisizione di nuovi concetti e di nuove opportunità. Di fronte alle difficoltà della prassi quotidiana, è molto più “comodo” e veloce ripiegare sui soliti comportamenti, piuttosto che attivare nuove strategie. Durante il corso cercheremo quindi di lavorare proprio sulla motivazione e sulla capacità di rinnovamento dei diabetologi.