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I quotidiani? Non sono pubblicazioni scientifiche, ma contenitori di stimoli


M. Gramellini

 

Massimo Gramellini, autore di una rubrica quotidiana, “Buongiorno”, sul quotidiano torinese La Stampa, di cui è anche uno dei quattro vicedirettori, è una firma non da poco del giornalismo italiano. La sua rubrica è di successo, una delle più lette, sia sulla carte sia sul web. L’ironia e anche una qual certa causticità, talvolta non disgiunte da una certa tenerezza, caratterizzano la sua scrittura. Non sappiamo dire se davvero sia un esperto di comunicazione. Ma così lo intendiamo noi, che tutti o quasi i giorni lo leggiamo, è personaggio che qualcosa ha sicuramente da dirci: perché lavora in un giornale, perché scrive bene. Forse con noi è stato un po’ laconico, noi che abbiamo fatto domande più lunghe delle risposte. Forse perché, in definitiva, le nostre domande erano prevedibili. Ma forse, ci piace pensarlo, perché i quotidiani sono così generalisti, come dice lo stesso Gramellini, da non consentire troppe analisi. O meglio (pensare male non è sempre peccato): da non volerle fare quasi mai, soprattutto se si parla di salute.

di Marco Comoglio


Qual è la sua impressione, come osservatore esterno e come  attento ascoltatore delle opinioni dei lettori, sulla grande diffusione – a tutti i livelli – dell'informazione medica e scientifica?
Abbastanza negativa. Si legge di tutto, mancano bussole certe. Il vero dramma è internet: la gente ormai cerca le ricette lì sopra, si affida ai siti come se fossero dei medici. 

Qual è, secondo lei, l’impatto sulla società? Ne abbiamo davvero bisogno?
L’impatto, ripeto, è abbastanza confuso. E la confusione è sempre dannosa.  

Come esperto di comunicazione cosa pensa che si potrebbe fare  per  migliorare il rapporto tra i medici e i pazienti?
I medici dovrebbero considerare i pazienti delle persone, e non tutti lo fanno. Li catalogano in base alla loro malattia. Il medico spesso è stanco, nervoso, giustamente preso dai problemi suoi. Ma il paziente ha un unico pensiero in testa: la propria salute, e vuole sentirsi al centro dell’attenzione.

Più che comunicatori di verità, spesso i media sono dei venditori di illusioni per raggiungere lo scoop, illudendo spesso persone affette da patologie anche gravi. Che ne pensa?
I giornali non sono pubblicazioni scientifiche, ma contenitori di stimoli. Segnalano situazioni, non le esaminano in profondità. Non potrebbero neanche farlo: si rivolgono a un pubblico indistinto, non specializzato. Però fotografano in qualche modo la realtà. Il boom delle medicine alternative, per esempio. I medici allopatici dovrebbero chiedersi come mai milioni di persone si rivolgono alla medicina cinese, omeopatica, ecc. Forse perché gli alternativi curano di più il rapporto umano?

A seguito del congresso europeo di diabetologia (tenutosi a Copenaghen nei giorni scorsi) sulle prime pagine di giornali importanti sono comparsi titoli roboanti su farmaci prodigiosi in grado di prevenire il diabete e di fare dimagrire; titoli puntualmente ridimensionati dal contenuto dell’articolo. Se lei  dovesse scrivere un " Buongiorno” che ci direbbe? E del ruolo dei titolisti? E di come il giornale offre le notizie?
Il titolo è sempre urlato, per attirare l’attenzione. E poi tenga conto che i titoli sono brevi, secchi, una grafica che non consente i distinguo e le specificazioni.