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La UE si accorge del diabete

Dopo anni di silenzio, il Parlamento europeo prende posizione sul dilagare del diabete nel Vecchio Continente. Ecco il documento, e alcune brevi considerazioni.

di Lorenzo De Candia


 

  Un’importante risoluzione è stata approvata il 12 marzo scorso dal Parlamento Europeo: la Proposta di risoluzione comune sulla lotta al dilagare del diabete nell’Unione Europea.

Per la prima volta vengono forniti dati ufficiali riferiti all’Europa su incidenza, prevalenza e costi dell’assistenza al diabete, che appaiono drammatici nella loro essenzialità:

  • 32 milioni sono i cittadini attualmente ammalati di diabete e 32 milioni di persone a rischio di svilupparlo (il 10 + 10% della popolazione europea);
  • la stima sull’interessamento della malattia è pari al 16,6% della popolazione stessa nel 2030:
  • il riferimento alla diminuzione della spettanza di vita è di 5-10 anni nel diabete tipo 2, e di 20 anni nel diabete tipo 1;
  • il 75% dei cittadini europei non “gestisce bene” la propria condizione (uno scarico di responsabilità delle istituzioni?) anche se viene ammesso che “le persone affette da diabete devono farsi carico del 95% della propria assistenza”;
  • la stima dei costi sanitari legati al diabete dice che essi chiedono dal 10 al 18,6% della spesa sanitaria e una spesa media per cittadino di 2100 euro.

Interessante è notare che la risoluzione del 12 marzo fa riferimento a risoluzione precedenti, e in questo rincorrersi di documenti c’è però un “buco” temporale che va da 1989 (dichiarazione di Saint Vincent) al 2005, cioè alla “Piattaforma d’azione europea per l’alimentazione, l’attività fisica e la salute”, datata 15 marzo 2005”: in questi anni le priorità della UE sono state evidentemente altre, e i dati su prevalenza e costo della malattia diabetica che si presentavano ai convegni erano sempre riferimenti a quelli americani, dove la diversa strutturazione dell’assistenza sanitaria rende indispensabile la raccolta costante dei dati epidemiologici per effettuare previsioni di spesa il più corrette possibile. Ci sono comunque voluti ancora 6 anni (e risoluzioni dal 2005 al 2011) per giungere all’attuale risoluzione.

A lettura ultimata, considerazioni amare sono che “mancano i fondi e le infrastrutture per coordinare la ricerca sul diabete nell’UE” e che “attualmente non esiste una strategia europea sul diabete”. Preso atto di ciò, in maniera forte e autorevole si invitano gli stati membri a “sviluppare, attuare e monitorare piani nazionali sul diabete” che tengano in conto – e speriamo impieghino risorse – della necessità di prevenire l’insorgenza della malattia definita “tra le prime 4 malattie non trasmissibili al mondo”.

Per far ciò è necessaria una raccolta dei dati epidemiologici sul diabete; dunque la risoluzione “invita la Commissione [europea] a elaborare criteri e metodi comuni standardizzati per la raccolta di dati sul diabete”. E qui viene da pensare che i dati degli Annali AMD siano qualcosa di fondamentale…

Altra importante affermazione è l’invito agli stati membri “a garantire che i pazienti abbiano costantemente accesso, nelle cure primarie e secondarie, a équipe interdisciplinarialtamente qualificate nonché a terapie e tecnologie per il diabete” e quindi a non abbassare la guardia “banalizzando” o automatizzando in qualche maniera l’assistenza alle persone con diabete, che devono essere assistite in maniera da rispettare la differenza tra diabete tipo 1 tipo 2, e cioè “a trattare il diabete di tipo 1 e di tipo 2 come due malattie distinte”.

Insomma, un documento fondamentale che sancisce quanto i diabetologi italiani hanno sempre affermato sulla necessità di prevenzione e cura della malattia, prima che le complicanze – che progressivamente insorgono – assorbano la maggior parte delle risorse messe a disposizione di un piano sanitario.