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L’ET è misurabile, e i suoi benefici certi

Al Workshop 2012 del DESG abbiamo incontrato Line Kleinebreil, la presidente, che parla di educazione terapeutica, crisi, futuro…

di Marco Comoglio


Si è concluso da poco il Workshop 2012 del DESG (il Diabetes Education Study Group della European Association for the Study of Diabetes, EASD), che quest’anno si è svolto a Torre Pellice, in provincia di Torino.

Ai piedi delle montagne, nella suggestiva sede della Foresteria Valdese, si sono riuniti i partecipanti provenienti da 21 paesi europei ed extraeuropei, con la presenza di illustri personaggi, quali Jean Philippe Assal e la vicepresidente dell’IDF Europa Anne Marie Felton.

La tenacia e l’entusiasmo di Luca Richiardi, delegato italiano al DESG, ha fatto sì che – grazie a un grande impegno personale – l’evento si potesse realizzare in un momento di gravi difficoltà economiche.

L’argomento forte è stato la dieta nella prevenzione e nella cura del diabete proposta sotto una diversa e nuova angolazione, quella della sostenibilità alimentare: “dal sapore dei cibi genuini alla rieducazione del gusto e all’istruzione per un’alimentazione sana”. E l’argomento è stato sviscerato nei suoi molteplici aspetti.

Il convegno si è svolto secondo il più classico stile del DESG, che risulta pressoché uguale a quello della Scuola AMD: con discussioni interattive, tavole rotonde, lavori di gruppo e poche relazioni frontali, ma sopratutto con l’attiva partecipazioni dei formatori AMD, il tutto in lingua inglese.

Luca Monge ha affrontato, con una chiara relazione, il rapporto tra cibo e diabete mostrandoci le più importanti evidenze su come il cibo sia importante nella prevenzione della malattia. Commovente è stati il racconto della situazione economica della Grecia e i suoi risvolti sull’alimentazione della popolazione raccontata in prima persona da chi vive quest’esperienza tutti i giorni. Coinvolgente l’incontro tra il prof. Assal e il violoncellista Claudio Ronco, esperto di musica barocca, ed attuale Direttore dell’Orchestra da Camera dell’Opera di Vienna che ci ha fatto ascoltare il suono di uno strumento d’epoca restaurato e ci ha parlato del rapporto tra arte e malattia. Ma ci siamo anche divertiti a insegnare ad abitanti della Georgia, della Palestina, dagli Stati Uniti o della Polonia come si fa una pizza o si prepara una cotoletta alla milanese. Silvio Barbero, vicepresidente di Slow Food, con la solita grinta e partecipazione ha portato all’Europa il suo messaggio di rispetto e salvaguardia delle culture gastronomiche e alimentari locali al fine di conservare i saperi del nostro passato per poter avere un cibo sano pulito e giusto. Il filmato sui rischi connessi con la perdita delle biodiversità, e con una alimentazione legata ai messaggi delle commerciali, ha profondamente colpito tutti i partecipanti.

E’ stato un incontro che ha visto tutti molto partecipi e alla fine soddisfatti per avere vissuto un modo un po’ nuovo di incontrarsi e confrontarsi.

Era presente anche la presidente in carica del DESG, Line Kleinebreil, e non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione per sapere quali sono i progetti futuri del DESG e di avere le sue impressioni sull’evento. A seguire potrete leggere l’intervista che, insieme a Riccardo Fornengo, abbiamo “strappato” in un attimo di pausa dei lavori del workshop. 


 

Line Kleinebreil, presidente DESG

Che cosa pensa dello “stile” organizzativo che Luca Richiardi ha dato a questo workshop e del modo in cui si è trattata l’educazione terapeutica?
Ho partecipato con molto piacere a questo workshop, che si è svolto interamente nello spirito del DESG. Uno spirito di creatività, di esplorazione, di percorsi… Come dice Jean Philippe Assal: di mescolanze. Il tutto con la presenza di molte persone e con la possibilità per ciascuno di esprimersi liberamente, senza pregiudizi né assunzioni aprioristiche, di comunicare, di scambiarsi esperienze e difficoltà, e di parlare di ciò che ciascuno fa nel proprio paese. Dunque, avendo anche la possibilità di imparare gli uni dagli altri.
 

La possibilità di confrontare le situazioni nei diversi paesi è sempre importante, anche in epoca globalizzata?
Certo. E’ un’occasione unica. Situazioni che evolvono ogni anno secondo politiche diverse, la crisi internazionale che ci attanaglia… L’educazione terapeutica? In certe situazioni essa viene incoraggiata e sostenuta, in altri è abbandonata a se stessa. Credo che la solidarietà tra le équipe sia sempre un momento di conforto che ci dà il coraggio di continuare.
 

Anche in Italia abbiamo molte difficoltà economiche, che si riflettono ovviamente anche in campo sanitario, dove l’educazione terapeutica a parole vale, ma nei fatti…
C’è stato un periodo, circa trent’anni fa, in cui l’educazione terapeutica non esisteva affatto. Ci sono stati i pionieri, poi un momento di presa di coscienza della sua importanza e della sua necessità. Dunque, un maggiore riconoscimento e qualche agevolazione in più. Ma è stato un periodo piuttosto breve. Credo che oggi in tutti i paesi vi siano difficoltà. Si dice che è colpa della crisi finanziaria. Ma non è solo questo: credo l’attuale situazione sia determinata anche da una tendenza a confondere cause e conseguenze. E nella sanità, si confondono educazione e informazione.
 

Lo sa che, in Italia, solo da un anno l’educazione terapeutica è riconosciuta come lavoro svolto dal team diabetologico?
Non mi stupisce: ciò si verifica in tutti i paesi e credo che il DESG, in qualità di gruppo di lavoro dell’EASD, abbia molteplici compiti importanti. Il primo è di mantenere un elevato livello di concertazione tra i diversi paesi. Vi sono paesi più avanzati, altri che hanno una maggiore esigenza di supporto: dunque, la solidarietà è necessaria. Il secondo compito è quello svolgere sempre il ruolo di porta-parola nei confronti delle istituzioni europee e della comunità scientifica, che non riconoscono all’educazione terapeutica la dovuta importanza. Ciò si capisce chiaramente se si pensa che al congresso annuale dell’EASD non c’è una sessione ufficiale dedicata all’educazione. Insomma, dobbiamo ancora lottare parecchio per far conoscere e far accettare l’educazione. Infine: ci viene sempre rimproverato il fatto che le nostre azioni non abbiano sufficiente forza propositiva.
 

E’ ciò che le dicevo: in Italia l’educazione terapeutica non era riconosciuta.
Penso che questo sia un aspetto da approfondire, in considerazione della grande diffusione di internet. L’Unione Europea ha avviato iniziative che dovrebbero prevedere la realizzazione di sistema che permette a équipe di studio diverse di inserire informazioni per elaborare una griglia di valutazione su quanto realizzato. Il nostro prossimo obiettivo è vedere se e come poter utilizzare una simile griglia di valutazione sul nostro sito web, da utilizzare per giustificare la valutazione positiva del lavoro svolto nel campo dell’educazione terapeutica.
 

Cosa intende esattamente quando parla di “valutazione”?
Quando si parla di una medicina si parla del beneficio reso. Bisogna dunque riuscire a mostrare qual è il beneficio reso dall’educazione. Al giorno d’oggi è soltanto il beneficio economico: si chiede quanto costa e quanto rende.
 

E’ difficile verificare e quantificare i risultati dell’educazione?
E’ molto difficile. Perché quando si fa educazione si utilizzano persone, locali, materiali: vale a dire, si hanno delle spese. Poi, forse si guadagna anche qualcosa – ma a livello di ospedale non si guadagna molto. Pertanto, il primo bilancio è sempre necessariamente negativo. E’ per questo che le strutture ospedaliere tendono a non dare…
 

Ma è misurabile?
Certo che sì. Però dipende da che cosa si vuole misurare: denaro, ovvio, ma subito o nel tempo? Poniamo il caso che voi abbiate dimostrato che con il vostro programma di educazione il vostro gruppo di pazienti ha avuto una diminuzione di emoglobina – che so, da 9 a 8 o a 7. Vi sono prove scientifiche che mostrano che guadagnando un punto di HBA1C si ottiene un risparmio in complicanze a fronte di un giorno di ospedalizzazione che costa in media circa 600 euro. Dunque, su queste basi si può calcolare il risparmio per la società tutta – e non solo per l’ ospedale – in tot migliaia di euro. Questo dovrebbe rientrare in una valutazione complessiva del bilancio. In tale prospettiva penso che il DESG possa offrire ottimi strumenti. Sarebbe molto positivo se in futuro ogni équipe potesse mettere a disposizione la propria esperienza misurata in termini di risparmio.
 

Sarebbe la prima volta che l’educazione terapeutica riesce a dimostrare ciò che è capace di fare…
Sì, sarebbe la prima volta: oggi il criterio principale è sempre il denaro.
 

Ma il risultato clinico?
Ovvio. Ma per discutere con i decisori politici bisogna snocciolare delle cifre, a cui collegare i risultati clinici.
 

Però oggi è più facile mostrare che sono state raggiunte delle economie, piuttosto che risultati clinici: perché?
E’ la difficoltà di ogni struttura. Del nostro modello di sanità: il costo immediato. Proprio per questo, se si riuscisse a mettere a disposizione di tutti uno strumento la valutazione del proprio operato nel tempo sarebbe un ottimo risultato per il DESG.
 

La sua visione del futuro del DESG?
Penso che oggi il DESG non possa ignorare l’impatto di internet, dei social network. Una delle prime cose che vorrei fare nei prossimi mesi è lavorare su una nuova presentazione del nostro website per fare in modo che esso sia un ingresso verso i siti fatti da tutti i partecipanti, così da materializzare una rete europea: tutto ciò che è intorno alle nuove tecnologie è un tema importante su cui lavorare. E poi è un modo, forse l’unico, per aiutare i paesi cosiddetti poveri a fare formazione ed educazione.
 

Il problema è la lingua: non sempre i documenti del DESG possono essere utilizzati da tutti perché non tutti parlano il francese o l’inglese…
E’ un problema su cui stiamo riflettendo. Con le nuove tecnologie si possono trovare le soluzioni giuste. Sappiamo che ascoltare è forse più semplice che leggere, anche se l’efficacia è differente. Però restituisce una certa immediatezza. Utile soprattutto per il paziente. Tradurre tutto nelle diverse lingue è sempre un grande sforzo, anche economico. Sono però convinta che qualcosa dal cilindro della tecnologia presto uscirà.
 

DESG post-meeting
 


La sua visione globale del futuro del DESG, Line Kleinebreil la espose in breve durante il simposio del gruppo di studio al congresso annuale 2011 dell'EASD: qui il webcast del suo intervento, significativamente intitolato: "The future of the DESG: e-DESG?".