Come diceva Galileo la matematica è un linguaggio per conoscere il grande libro dell’Universo. Il diabete fa parte di questo universo
Medicina e matematica quali collegamenti?
Intere generazioni (non parliamo di secoli, ma di qualche decennio fa) hanno sempre pensato alla medicina come ad un’ars… Ovvero la capacità del singolo medico di “scoprire e comprendere” i segni della malattia sul paziente. Poi è arrivata la statistica e tutti – chi più chi meno – ci confrontiamo con i risultati degli studi sapendo che cos’è il valore di P, l’IC, la deviazione standard ecc. Cioè numeri. Adesso sappiamo però che ci sono anche dei laboratori di biomatematica, con personaggi di formazione sia medica che matematica. Conoscono cioè biologia, la fisiologia e le patologie, e studiano il tutto utilizzando i numeri. Andrea De Gaetano è uno di questi. Lavora a Roma presso il Laboratorio di Biomatematica del CNR IASI “A. Ruberti” presso l’Università Cattolica. Se si prova a digitare in Google “Andrea De Gaetano” si scopre ad esempio che i suoi interessi di ricerca sono i “modelli fisiologici non lineari”, che parla tre lingue straniere, che ha un curriculum accademico impressionante, che ha una lista di pubblicazioni lunga qualche schermata… Che ama il mare…. Che coniuga i numeri con la diabetologia… E allora perché non parlarci?
di Marco Comoglio
Prof. De Gaetano dalla sua biografia risulta che lei è medico e matematico. Che cosa l’ha spinta a seguire la seconda strada, che apparentemente si discosta dalla professione a contatto con il paziente?
Fin dai primi anni di medicina soffrivo la mancanza di comunicazione con i miei docenti. Facevo spesso domande cui ottenevo risposte che mi confondevano le idee piuttosto che chiarirmele. Ricordo in particolare un tema, quello del meccanismo in controcorrente per la concentrazione dell’urina nel nefrone: chiesi via via spiegazioni al tutor, al ricercatore, all’associato e finalmente all’ordinario, ma senza riuscire a capire come funzionasse davvero il sistema. Oggi, con il senno di poi, capisco che quello che io volevo dai miei docenti era un modello matematico del funzionamento della “macchina nefrone”, e che essi erano, per formazione medico-umanistica, poco inclini a esprimersi in termini formali e quantitativi, per me comprensibili. Conclusa medicina, sono andato negli Stati Uniti come Research Fellow chirurgico al Trauma Center di Baltimora, lì ho cominciato a frequentare i corsi regolari della facoltà di matematica all’Università del Maryland ed è sbocciato il grande amore.
In che cosa consistono i suoi studi e perché, in particolare, ha scelto di studiare il diabete?
Nel mio laboratorio costruiamo modelli matematici differenziali di processi fisiologici. Cioè: scriviamo equazioni che spiegano l’evoluzione di una certa quantità (per esempio la glicemia) nel tempo, in termini di altre quantità – per esempio la glicemia stessa e l’insulinemia. Attraverso queste equazioni si possono descrivere i meccanismi che riteniamo stiano alla base dei fenomeni che osserviamo. Come diceva Galileo, la matematica è prima di tutto un linguaggio, senza conoscere il quale non riusciamo a leggere il grande libro dell’Universo…
In altre parole?
In altre parole nostre sono ipotesi relative ai meccanismi più importanti che in natura determinano la quantità in studio. Quando inseriamo le equazioni che descrivono un modello del processo in un computer, possiamo simulare il processo stesso, cioè possiamo far descrivere al computer l’andamento temporale del fenomeno. Per esempio l’aumento di glicemia dopo il pasto, il successivo aumento di insulinemia e la riduzione della glicemia al normale… Quando poi inseriamo nel computer, insieme alle equazioni, anche i dati osservati (per esempio un certo numero di osservazioni di glicemia in un soggetto), possiamo “adattare” il modello ai dati, cioè trovare quei valori dei parametri del modello – un parametro può essere, per esempio, la sensibilità dei tessuti periferici all’insulina – che permettono al sistema di equazioni di produrre predizioni massimamente vicine ai dati osservati.
Ma il modello matematico spiega davvero tutto?
Il sistema glucosio/insulina è un sistema relativamente facile da rappresentare matematicamente, ed è stato studiato in questo modo fin dagli anni ’60 del secolo scorso. È interessante però notare come vari modelli matematici si siano succeduti nel tempo, senza che nessuno riuscisse completamente a spiegare i fenomeni che osserviamo. Se poi consideriamo che il sistema glucosio/insulina è fortemente influenzato dai lipidi, e che questi non sono ancora stati modellizzati, vediamo come ci sia ancora molto da fare.
Quali le applicazioni pratiche di questi studi sperimentali?
Direi che gli sbocchi pratici sono essenzialmente due: da una parte, un buon modello oggi rileva uno stato di resistenza all’insulina anche nel paziente apparentemente normale, ma che sta procedendo sulla strada del diabete di tipo 2. In questi pazienti si può fare diagnosi precoce, e consigliare un cambiamento di abitudini alimentari e di stile di vita che può ritardare o impedire la comparsa del diabete conclamato. D’altra parte, un modello sensibile permette di valutare più precisamente e con un minor numero di soggetti sperimentali l’effetto di terapie innovative – nuovi farmaci, nuove combinazioni di farmaci e dieta ecc. – e quindi è di grande aiuto pratico alla ricerca diabetologica.
Quale sono possibili future applicazioni di questa collaborazione tra matematica e medicina?
Sono assolutamente convinto di quello che diceva Galilei oltre tre secoli fa: la matematica ci permette di capire come funzionano le cose. Applicazioni ovvie della matematica in fisica o in ingegneria esistono da secoli, anche se magari a noi sembrano più ovvie di quanto non sembrassero ai nostri colleghi di duecento anni fa. Oggi estendiamo l’applicazione della matematica alle scienze della vita: all’inizio della mia carriera, negli anni ’80, ancora sentivo molti colleghi medici dire che la medicina è soprattutto un’arte e che metodi matematici, efficaci per lo studio della popolazione, non avevano alcun ruolo nella valutazione del singolo paziente: è interessante osservare come oggi questa opinione non venga praticamente più espressa. Mi sembra inevitabile che, via via che le nostre conoscenze progrediscono e che la tecnologia si affina, si debba far ricorso alla matematica per poter esprimere i problemi ancor prima che per poterli risolvere. In pratica, problemi di fluidodinamica della circolazione sanguigna, secrezione oscillatoria e controllo di ormoni, propagazione dell’impulso elettrico in tessuti eccitabili quali i nervi o il miocardio, si basano tutti su modelli matematici, di diverso tipo e grado di complicazione. È l’alba di un nuovo Rinascimento, dal quale trarremo tutti beneficio.