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Diabete.it

Il controllo della glicemia e la prevenzione delle complicanze croniche del diabete

Studi condotti per molti anni su grandi numeri di persone, con metodologie e risultati controllati e confermati ci permettono di affermare oltre ogni ragionevole dubbio alcuni concetti-chiave. Ecco quelli che riguardano il controllo della glicemia e la prevenzione delle complicanze.

a cura di
Luca Monge

Sul lungo termine, un insufficiente controllo della glicemia (iperglicemia cronica) può favorire la comparsa di complicanze.

Un gran numero di studi di elevata qualità scientifica ha evidenziato che le complicanze a lungo termine del diabete aumentano se le concentrazioni di emoglobina glicata, e quindi della glicemia, superano la soglia della normalità.

Le complicanze a lungo termine del diabete includono le complicanze microvascolari (dei piccoli vasi arteriosi) come la retinopatia (che può portare danni alla vista), la nefropatia (che può compromettere la funzione renale), la neuropatia periferica (che può favorire le lesioni al piede), la neuropatia autonomica (che può dare disturbi a cuore, intestino e vescica) e quelle macrovascolari (dei grossi vasi arteriosi) con un aumentato rischio di arteriosclerosi (cervello, cuore, arti inferiori).

Gli studi epidemiologici non sono stati in grado di definire un valore di emoglobina glicata al di sotto del quale non si riducano le complicanze del diabete.

Il controllo intensivo della glicemia permette di prevenire le complicanze ai danni di reni, occhi e nervi e/o di rallentare l'evoluzione?

Per ciò che riguarda le complicanze microvascolari (retinopatia, nefropatia e neuropatia) possiamo trarre indicazioni univoche.
Sono basate su una raccolta di 16 piccoli studi e su uno studio statunitense molto importante, il DCCT (The Diabetes Control and Complications Study) per il diabete di tipo 1, mentre i dati relativi al diabete di tipo 2 sono ottenuti da due studi, uno inglese, l’UKPDS (UK Prospective Diabets Study Group), e uno giapponese, il Kumamoto Study.

Nel DCCT su 1.441 soggetti con diabete di tipo 1 circa la metà non aveva retinopatia e l’altra metà aveva una forma lieve di retinopatia. Al termine dello studio (dopo 6,5 anni) il trattamento intensivo riduceva la progressione della retinopatia e della neuropatia. Sorprendentemente dopo altri 4 anni, anche se la differenza nella concentrazione di HbA1c tra i soggetti inizialmente assegnati al trattamento intensivo o a quello convenzionale diminuiva, i benefici del trattamento intensivo erano ancora presenti, infatti, le percentuali dei soggetti con peggioramento della retinopatia e della nefropatia erano significativamente più basse per quelli che avevano ricevuto durante lo studio un trattamento intensivo (EDIC Study).

L’UKPDS (3.867 soggetti con diabete di tipo 2 di nuova diagnosi, di età compresa tra i 25 e i 65 anni) ha invece messo a confronto un trattamento antidiabetico tradizionale con 2 diversi tipi di trattamento intensivo basati sull’uso di ipoglicemizzanti orali (sulfoniluree) e insulina seguendo i pazienti per 10 anni. L’HbA1c aumentava costantemente in entrambi i gruppi, ma il trattamento intensivo si accompagnava con una riduzione delle complicanze microvascolari.

In questi studi i trattamenti che riducevano l’emoglobina glicata al 7% erano associati con una minore frequenza di complicanze microvascolari. In sintesi possiamo affermare che il trattamento intensivo, rispetto a quello convenzionale, riduce in maniera significativa il rischio relativo di retinopatia, nefropatia e neuropatia sia nel diabete di tipo 1, sia di tipo 2.

Il controllo intensivo della glicemia permette di prevenire le complicanze cardiovascolari e/o di rallentarne l’evoluzione?

solo in parte

Per ciò che riguarda le complicanze cardiovascolari conseguenti all’arteriosclerosi dei grossi vasi vi sono dati relativi al diabete di tipo 1 ricavati dall’analisi congiunta di 6 studi, mentre i dati relativi al diabete di tipo 2 sono ottenuti sempre dall’UKPDS (UK Prospective Diabets Study Group) e dal Kumamoto Study.

Nell’analisi pubblicata nel 1999 (1731 soggetti con diabete di tipo 1, seguiti per un periodo variabile da 2 a 8 anni) si evidenzia che il trattamento insulinico intensivo, rispetto al trattamento tradizionale, diminuisce il numero di eventi macrovascolari (ad esempio: infarto, ictus), ma non il numero dei soggetti affetti da malattia macrovascolare.

Per il diabete di tipo 2 l’UKPDS evidenzia che il trattamento intensivo era associato a una riduzione non significativa del rischio di infarto del miocardio, a un aumento non significativo del rischio di ictus e a una riduzione non significativa del rischio di amputazione o della mortalità per malattia vascolare periferica. Anche il Kumamoto Study non dimostra risultati significativi. In sostanza non vi sono dati convincenti sulla protezione da parte del controllo intensivo della glicemia sulle complicanze macrovascolari.

Una recente analisi congiunta di 3 studi sul diabete di tipo 1 (1688 pazienti) e di 10 studi sul diabete di tipo 2 (7435 pazienti) dimostrano che per entrambi i tipi di diabete il rischio per le complicanze macrovascolari aumenta con l’aumentare dell’emoglobina glicata. Questi dati ci suggeriscono, anche se non possono dimostrare, che migliorare il controllo glicemico diminuisce il rischio di sviluppare complicanze macrovascolari, come l’infarto o l’ictus.

Il controllo intensivo della glicemia aumenta il rischio di ipoglicemie e il peso?

Ipoglicemia: negli studi disponibili in letteratura, i soggetti in trattamento intensivo presentavano più episodi di ipoglicemia rispetto a quelli in trattamento convenzionale. La frequenza di episodi ipoglicemici gravi è da mettere in relazione anche con il tipo di trattamento ipoglicemizzante (ipoglicemizzanti orali o insulina).

Incremento ponderale: DCCT e Stockholm Diabetes Intervention Study, nel tipo 1, e UKPDS e Kumamoto, nel tipo 2 hanno osservato un incremento ponderale maggiore con il trattamento intensivo rispetto a quello convenzionale.

Qualità della vita: sia dal DCCT che dall’UKPDS è emerso che la qualità della vita era peggiorata dalle complicanze, ma non, in modo diretto, dal trattamento intensivo rispetto a quello convenzionale.

Esistono degli obiettivi glicemici ideali da perseguire?

Premesso che gli obiettivi del trattamento glicemico devono essere personalizzati in accordo con il curante e che alcuni pazienti come i bambini, le donne in gravidanza e gli anziani necessitano di considerazioni particolari, vi è concordanza nel mondo diabetologico nel dire che allo stato attuale delle conoscenze gli obiettivi del controllo glicemico sono:
• un valore di emoglobina glicata inferiore al 7,0%;
• un valore di glicemia prima di un pasto tra 90–130 mg/dl;
• un picco di glicemia dopo il pasto inferiore a 180 mg/dl.

Degli obiettivi glicemici più severi, come una emoglobina glicata inferiore a 6%, possono essere giustificati dalla relazione diretta tra glicemia e complicazioni croniche del diabete, ma non sono stati valutati in termini di benefici e di rischi.

Bibliografia

The Diabetes Control and Complications Trial Research Group: The effect of intensive treatment of diabetes on the development and progression of long-term complications in insulin-dependent diabetes mellitus. N Engl J Med 329:977–986, 1993

The UK Prospective Diabetes Study (UKPDS) Group: Intensive blood-glucose control with sulphonylureas or insulin compared with conventional treatment and risk of complications in patients with type 2 diabetes (UKPDS 33). Lancet 352:837–853, 1998

American Diabetes Association. Clinical Practice Recommendations 2005. Diabetes Care 28 Suppl 1:S1-79, 2005.