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L’aspirina è veramente utile nella prevenzione delle malattie cardiovascolari?

Studi condotti per molti anni e su decine di migliaia di pazienti indicano che è possibile ottenere una sostanziale riduzione del rischio di eventi cardio-vascolari acuti sia nel diabete di tipo 1 che di tipo 2 con l’assunzione sistematica di aspirina. Questo vale sia prima che dopo un primo episodio di infarto miocardico o di ictus.

a cura di
Sandro Gentile

Le persone diabetiche sono esposte a un rischio di malattie cardio-vascolari da 2 a 3 volte superiore rispetto ai non diabetici (1). Il principale fattore responsabile di eventi cardiovascolari acuti come l’infarto e l’ictus è l’aterosclerosi che danneggia la parete delle arterie e le ostruisce in maniera significativa.

L’ischemia, l’infarto e l’ictus sono quindi solo la fase finale di una lunga ‘malattia’ dell’arteria conseguente a una serie di squilibri (i fattori di rischio cardiovascolare) che durano per anni o decenni. L’iperglicemia è uno di questi, ma anche l’ipercolesterolemia (specialmente il colesterolo LDL), l’ipertensione arteriosa, il fumo di sigaretta, sedentarietà e altri ancora. Tra questi fattori uno dei meno noti è l’alterazione nella coagulazione.

Alterazioni nella coagulazione rappresentano un fattore di rischio cardiovascolare importante?

In presenza di una lesione vascolare (per esempio di una ferita) scatta un complesso meccanismo teso a prevenire emorragie. Uno degli elementi chiave di questo meccanismo è rappresentato dalle piastrine, che circolano nel sangue isolate. In presenza di una lesione le piastrine tendono ad aggregarsi formando una ‘pezza’ che copre l’eventuale ferita.

Nei diabetici con malattie cardiovascolari vi è un eccesso di trombossano.

Questa sostanza ha un potente effetto vasocostrittore e contemporaneamente induce le piastrine ad aggregarsi, come avviene in presenza di una lesione vascolare per prevenire emorragie. Si formano così sulla parete delle arterie grumi ‘appiccicosi’ ai quali possono aggregarsi particelle di grasso o altro che ne aumentano il volume. Questi grumi o ‘trombi’ possono ostruire anche completamente l’arteria malata o possono staccarsi e circolare nel sistema vascolare andando a ostruire vasi più piccoli (ictus).

L’acido acetilsalicilico o aspirina è efficace per ridurre il rischio di sviluppare infarti o ictus?

Numerosi studi di prevenzione primaria (in soggetti inizialmente esenti da malattia cardio-vascolare), e di prevenzione secondaria (già affetti da malattia cardiovascolare) documentano l’efficacia di un trattamento cronico con acido acetilsalicilico.
Metanalisi (valutazioni complessive compiute secondo una ben definita metodologia scientifica clinico- statistica) di studi collaborativi condotti in numerosi centri medici distribuiti in differenti regioni indicano l’efficacia di un trattamento preventivo a lungo termine con basse dosi di acido acetilsalicilico, specificamente nei diabetici con elevato rischio cardiovascolare (6).

Lo U.S. Physicians’ Health Study rappresenta un esempio di studio di prevenzione primaria che ha valutato gli effetti di una dose quotidiana di 325 mg di ‘aspirina’ in un’ampia popolazione di maschi esenti da patologia cardiovascolare. La riduzione di eventi acuti è stata del 44% nel gruppo trattato con acido acetilsalicilico rispetto al gruppo che assumeva placebo (una pastiglia simile ma priva di effetto).

Tra i soggetti diabetici seguiti nello studio aveva sviluppato un infarto il 10% di quelli non trattati con ‘aspirina’ e il 4% di quelli trattati con ‘aspirina’.

Chi ha già avuto un infarto o ictus fa bene a prendere acido acetilsalicilico per ridurre il rischio di un secondo evento cardiovascolare?

Esistono non meno di 145 studi clinici controllati di tipo prospettico (esguiti seguendo nel tempo un gruppo di soggetti) sull’uso di antiaggreganti piastrinici somministrati a soggetti già colpiti da infarto miocardico, episodi ischemici cerebrali di vario grado (stroke, ictus), malattie coronariche come l’angina o in pazienti già sottoposti a by-pass, angioplastica o altro tipo di intervento. La dose media di 325 mg di acido acetilsalicilico al giorno o meno era in grado di determinare una riduzione del rischio pari in media a 38 eventi in meno ogni 1.000 diabetici, indipendentemente se maschi o femmine.

Nello studio HOT (Hypertension Optimal Treatment Trial), pubblicato nel 1998, oltre alla valutazione degli effetti di una efficace correzione della pressione arteriosa è stato saggiato l’effetto di 75 mg al giorno di aspirina, rispetto a placebo, in 18.790 soggetti ipertesi, inclusi 1.501 diabetici. L’acido acetilsalicilico ridusse del 15% gli eventi cardiovascolari globali e del 38% gli infarti acuti del miocardio, senza differenze fra pazienti con e senza diabete.

La terapia cronica con acido acetilsalicilico comporta rischi?

I possibili rischi per la salute derivanti da un trattamento cronico con acetilsalicilico sono di gran lunga inferiori rispetto ai benefici che se ne possono ricavare il termini di riduzione del rischio di infarto miocardico acuto. Questi rischi possono venire ulteriormente minimizzati utilizzando bassi dosaggi e compresse rivestite.

Il principale rischio del trattamento cronico con acido acetilsalicilico è rappresentato da un danno della parete dello stomaco e da emorragia digestiva. Questi effetti dipendono dalla dose di aspirina e si riducono in modo significativo usando basse dosi, comprese nell’intervallo tra 75 e 325 mg, e utilizzando compresse rivestite.

Effetti minori, anche a dosi basse, sono rappresentate da epistassi (sangue da naso) ed ecchimosi (lividi) ma solo in una minoranza di pazienti. Lo studio Early Treatment Diabetic Retinopathy (ETDRS) ha documentato che l’uso cronico di acido acetilsalicilico non fa aumentare il rischio di emorragie retiniche né quello di una progressione della retinopatia. A basse dosi l’acetilsalicilico non comporta progressione del danno renale né peggiora il controllo della pressione arteriosa.

In alcuni studi clinici prospettici è stata segnalata una aumentata frequenza di emorragie cerebrali ma senza raggiungere la significatività statistica, quindi senza una reale certezza del rischio.

Ci sono controindicazioni?

Poche

Vere e proprie controindicazioni al trattamento con acetilsalicilico sono: allergia specifica, tendenza al sanguinamento, emorragia gastrointestinale recente, terapia anticoagulante concomitante, malattie epatiche in fase di attività (epatite cronica attiva ad esempio).

In caso di allergia all’acido acetilsalicilico, un sostituto altrettanto efficace nel ridurre il rischio di infarto miocardico, stroke o morte per cause cardiovascolari è il clopidogrel (75 mg), come documentato dallo studio CAPRIE (7).

A bassi dosaggi l’acido acetilsalicilico rimane efficace?

Dosaggi più bassi minimizzano gli effetti indesiderati e mantengono una elevata efficacia nel ridurre il rischio cardiovascolare.

La metanalisi APT (Anti-Platelet Trials) ci fornisce dati interessanti relativi a 30 studi clinici a riprova del fatto che il dosaggio di acido acetilsalicilico compreso tra 500 e 1500 mg al giorno determinava una riduzione del rischio cardiovascolare del 21%, laddove in un altro studio condotto su 5000 pazienti induceva una riduzione del rischio del 29%. Infine, una riduzione media del rischio del 28% veniva documentata con dosi comprese tra 160 e 325 mg al giorno da altri 12 studi.

Sintesi delle principali raccomandazioni sull’uso di acido acetilsalicilico per la prevenzione del rischio cardiovascolare nel diabete (10)

1. Prevenzione secondaria in soggetti diabetici di entrambi i sessi con precedente infarto miocardico, by-pass, stroke o attacchi ischemici transitori, vasculopatia periferica , claudicatio e/o angina.
2. Prevenzione primaria in aggiunta al trattamento specifico dei principali fattori di rischio in soggetti diabetici sia di tipo 1 che di tipo 2, considerati ad alto rischio in quanto presentano:
• Storia familiare di malattia coronaria
• Fumo di sigaretta
• Ipertensione arteriosa
• Obesità (oltre il 120% del peso desiderabile); indice di massa corporeo (body mass index, BMI) >27,3 kg/m² nella donna e > 27,8 kg/m² nell’uomo
• Albuminuria (micro e macro)
• Colesterolo >200 mg/dl
• LDL colesterolo >100 mg/dl
• HDL colesterolo <45 mg/dl nell’uomo e < 55 mg/dl nella donna
• Trigliceridi >200 mg/dl
• Età >30 anni (l’uso di acido acetilsalicilico al di sotto dei 30 anni non è ancora supportato da sufficienti evidenze scientifiche).

3. Usare compresse rivestite in dose compresa tra 81 e 325 mg/die
4. Persone che abbiano allergia nota all’aspirina, tendenza al sanguinamento, in trattamento con farmaci anticoagulanti o con malattie epatiche in fase di attività non sono candidabili all’uso di acido acetilsalicilico
5. L’uso di acido acetilsalicilico non è raccomandato al di sotto dei 21 anni di età per un potenziale maggiore rischio di effetti collaterali specifici per l’età.

Bibliografia

Colwell JA. Aspirin therapy in diabetes (Technical Review). Diabetes Care 1997; 20: 1767-97

Kannel WB, McGee DL. Diabetes and cardiovascular risk factors in the Framingham Study. Circulation 1993; 59: 8-13

Bruno G, Merletti F, Biggeri A. et al. Progression to overt nephropathy in type 2 diabetes: the Casale Monferrato Study. Diabetes Care 2003; 26: 2150-5

Muggeo M, Verlato G, Bonora E. et al. The Verona diabetes study: a population-based survey on known diabetes melitus prevalence and 5-year all-cause mortality. Diabetologia 1995; 38: 318-25

The DAI study group: Prevalence of coronary heart disease in a cohort of type 2 diabetic patients in Italy: the DAI study. Diabetic Med. 2004; 21: 738-45

The UK Prospective Diabetes Study (UKPDS) Group: Intensive blood-glucose control with sulphonylureas or insulin compared with conventional treatment and risk of complications in patients with type 2 diabetes (UKPDS 33). Lancet 1998; 352: 837-53

Colwell JA: Aspirin therapy in diabetes (Technical review) Diabetes Care 1997; 20: 1767-97

CAPRIE steering Committee: A randomized, blinded trial of clopidogrel versus aspirin in patients at risk of ischaemic events (CAPRIE). Lancet 1996; 348: 1329-39

Peterson JG, Topol EJ, Sapp SK. Et al. Evaluation of the effects of aspirin combined with angiotensin-converting-enzyme inhibitors in patients with coronary artery disease. Am J Med 2000; 109: 371-7

American Diabetes Association. Clinical Practice Recommendations 2005. Diabetes Care 2005; 2 Suppl 1: S1-79