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Qual è l’alimentazione migliore per una persona con il diabete

Il ruolo fondamentale della dieta nella gestione del diabete e del suo autocontrollo è indiscusso si tratta a tutti gli effetti di una terapia.

a cura di
Sergio Leotta

Il ruolo fondamentale della dieta nella gestione del diabete e del suo autocontrollo è indiscusso si tratta a tutti gli effetti di una terapia. Si parla infatti di ‘dietoterapia’ o di Medical Nutrition Therapy come la definisce in un documento ufficiale l’American Diabetes Association (ADA 1994).

Fare dell’alimentazione una dietoterapia significa modificare le abitudini alimentari, adottando scelte adeguate dei nutrienti in termini quali/quantitativi, integrandole con cambiamenti dello stile di vita e promozione dell’attività fisica.

La dieta è uno schema fisso?

No

È stato ormai da tempo abbandonato il concetto di ‘dieta’ inteso come elenco di piatti o alimenti rigidamente pianificato e validi per tutti. L’approccio ideale è sempre partire dalle abitudini alimentari della persona e del suo stile di vita, valorizzando le abitudini più coerenti con le esigenze del metabolismo e rendendo meno frequenti le abitudini non adeguate.

La persona con diabete ha bisogno di mangiare in maniera diversa dagli altri?

No

Qualunque sia il tipo di diabete e il trattamento farmacologico prescritto, la persona con diabete deve assumere alimenti simili, per composizione e quantità, a quelli consigliati alla popolazione generale per mantenere un buono stato di salute: la dieta deve essere equilibrata in termini di macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi) e impostata per la maggior parte dei casi su uno schema a cinque pasti giornalieri; la regola degli spuntini si rivela utile nel mantenere un controllo soddisfacente. In caso di terapia insulinica intensiva e sia nel paziente con diabete di tipo 2 che in quello con diabete di tipo 1 è meglio adottare uno schema dietetico suddiviso in tre pasti principali prima dei quali viene somministrata la terapia insulinica (analogo rapido).

Le dosi di insulina dipendono dall’introito di carboidrati?

Ai fini del controllo glicemico i carboidrati assunti sono i principali responsabili dell’aumento della glicemia dopo i pasti, in quanto quasi totalmente trasformati (90%) in glucosio entro un’ ora dal pasto.

È altrettanto certo che il contenuto totale in carboidrati di un pasto è più importante della fonte da cui essi derivano sia che siano carboidrati a struttura semplice o complessa.

Il contenuto in carboidrati del pasto è di conseguenza il maggior determinante del fabbisogno insulinico preprandiale nel diabete di tipo 1.

Per questa ragione uno strumento della terapia nutrizionale sia del paziente con diabete di tipo 1 in terapia insulinica intensiva o con microinfusore che del paziente di tipo 2, è il metodo del conteggio dei carboidrati. La regola fondamentale da seguire è quella di mantenere costante il contenuto di carboidrati nel singolo pasto attraverso l’uso delle liste di scambio, l’acquisizione della capacità di quantificare i carboidrati contenuti negli alimenti, la sostituzione reciproca tra alimenti con lo stesso contenuto di carboidrati e la corretta calibrazione della terapia insulinica sulla base di tale quantità.

Le calorie sono importanti per la persona con diabete?

La dieta deve fornire l’apporto calorico necessario a mantenere e/o raggiungere il peso corporeo desiderabile: nel caso dei diabetici di tipo 1 che sono abitualmente normopeso, non sono generalmente necessarie restrizioni caloriche e la dieta va impostata sulla base del fabbisogno calorico stimato e in funzione della attività fisica. La riduzione del peso corporeo è invece raccomandata, è anzi un obiettivo primario nel diabetico in sovrappeso o obeso. In questi casi una modesta restrizione dietetica (500-1000 kcal al giorno) associata ad un graduale incremento dell’attività fisica moderata fino ad un livello di 30-45 minuti (ad es. camminata a passo veloce o corsa leggera) per 3-5 giorni a settimana fanno parte integrante della terapia per il diabete.

Chi ha il diabete deve evitare di mangiare carboidrati?

No

La dieta ottimale per il diabete proposta dall’American Diabetes Association (ADA 2005) si basa su una quota totale di carboidrati variabile dal 45 al 55% delle calorie totali. Numerosi studi hanno evidenziato che anche il saccarosio non aumenta la glicemia più dell’amido; inoltre benché l’uso di alimenti a basso indice glicemico possa ridurre la glicemia postprandiale, non vi sono sufficienti evidenze su benefici a lungo termine tali da raccomandarne l’uso come strategia primaria nel pianificare l’alimentazione. Per tali motivi, lo zucchero comune non deve essere quindi vietato, ma adeguatamente conteggiato nell’apporto calorico totale sostituendo altri carboidrati: l’apporto totale deve essere inferiore ai 30 grammi al giorno.

Per chi ha il diabete sono consigliati grassi e proteine?

No

La dieta del diabetico deve contenere oltre ai carboidrati anche altri nutrienti essenziali: le proteine e i grassi, ma questo vale anche per la popolazione generale. Naturalmente non bisogna assumerne in eccesso. Proteine e grassi se assunti in modo costante e corretto, contribuiscono in scarsa misura all’aumento della glicemia postprandiale e al fabbisogno insulinico prandiale. Infatti il 40-60% delle proteine assunte nel pasto si trasforma in glucosio, ma questo si verifica dopo più di 4 ore dal pasto; più tardiva è la trasformazione dei lipidi (circa il 10% dopo molte ore dal pasto). Le attuali raccomandazioni per il paziente con diabete prevedono un apporto proteico pari al 10– 20% delle calorie totali. Il contenuto proteico raccomandato nella dieta nel paziente con diabete senza nefropatia conclamata è simile a quelle della popolazione generale. Un introito proteico effettivo tra gli 0.8 e i 1.0 g/kg è consigliato nei pazienti diabetici con grado iniziale di nefropatia, mentre in pazienti con nefropatia conclamata è indicato un introito proteico non superiore a 0.8 g/kg al di.

Il contenuto di lipidi può variare dal 30–50% dell’apporto calorico totale con una quota di grassi polinsaturi pari al 10%. La promozione del consumo di olio di oliva come fonte equilibrata di grassi mono-polinsaturi e di pesce, ottima fonte di grassi polinsaturi omega-3 è perfettamente in linea con tali raccomandazioni.

È consigliabile anche un controllo dell’assunzione di sale. In soggetti non diabetici i valori di pressione arteriosa si riducono in modo significativo quando l’assunzione di sodio passa da 3.4 g/die a 2.3 g/die e maggiormente quando l’assunzione di sodio viene portata a 1,2 g/die. I soggetti ipertesi diabetici dovrebbero ridurre l’apporto di sodio alimentare a 2,4 g/die (corrispondenti a 6 g di sale), in linea con le attuali raccomandazioni per la popolazione generale. Una restrizione di sodio maggiore di quella raccomandata per la popolazione generale (fino a 1,5- 1,6 g/die) deve essere presa in considerazione in paziente ipertesi o con malattia renale quando gli obiettivi terapeutici non vengano raggiunti. È consigliabile un controllo dell’assunzione di alcool. Una moderata introduzione di alcool, fino a 10 g/die nelle femmine e 20 g/die nei maschi è accettabile se la persona desidera bere alcolici. L’assunzione di alcool deve essere limitata nei soggetti obesi o con ipertrigliceridemia e sconsigliata nelle donne in gravidanza e nei pazienti con storia di pancreatite. Studi osservazionali condotti sulla popolazione generale hanno mostrato che un moderato consumo di alcool è associato alla riduzione della mortalità totale e per cause cardiovascolari, rispetto al non consumo. Nel caso di terapia insulinica si sconsiglia l’assunzione di alcol a digiuno per il rischio di ipoglicemia. Nel corso di dietoterapia ipocalorica è inoltre ammesso l’uso di dolcificanti approvati dalla Food and Drug Administration (FDA, L’Ente statunitense di controllo e regolamentazione dei farmaci e dei prodotti alimentari) (saccarina, aspartame, acesulfame k).

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