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Controversie in tema di conservazione dell’insulina: aggiornamento

Un commentary apparso su Diabetes Care nell'autunno scorso, inviato dal Dott. Martin M. Grajower e coll. (1) (New York, USA), proponeva una serie di riflessioni molto interessanti sulla conservazione dell'insulina dopo l'apertura dei flaconi. Di fronte alle difformità di pareri riguardo a tale argomento, il Dott. Grajower chiedeva un chiarimento alle ditte produttrici; le risposte delle aziende venivano riportate nello stesso articolo (1). Di ciò ne parlammo nel primo “Punto”, osservando come le differenze sottolineate nell'articolo, relative alle diverse formulazioni insuliniche in commercio, fossero di molto attenuate nelle normative in vigore per l'Europa (e per l'Italia), formulate dall'EMEA. Se ne concludeva che, relativamente a tali differenze tra Europa e USA, la redazione di www.infodiabetes.it avrebbe da un lato chiesto un parere ufficiale alle ditte produttrici, e dall’altro inviato a Diabetes Care una comunicazione sulle difformità rilevate.

L'articolo inviato dal board di www.infodiabetes.it è stato accettato dalla rivista, e pubblicato come commentary sull'ultimo numero di Diabetes Care (2). Sullo stesso numero, compare una lettera del Dott. Marck E. Molitch (3) (Chicago, Illinois, USA), il quale ribadisce le perplessità manifestate da Grajower, sostenendo come le risposte fornite dalle aziende paiano del tutto insoddisfacenti, mancando di riferimenti scientifici di supporto. In particolare, in mancanza di tali dati, l'avviso di non utilizzare alcune formulazioni insuliniche oltre 7-10 giorni dava credito all'ipotesi che le ditte fossero maggiormente interessate a vendere una quantità maggiore di insulina, piuttosto che a garantirne sicurezza ed efficacia. Egli ribadiva l'opportunità della commercializzazione di contenitori più piccoli, in quanto lo spreco derivante dall'inutilizzo delle unità rimanenti, successivamente alla scadenza, arreca un danno economico ai pazienti e un eccesso di guadagno alle aziende. Alla lettera rispondono i Dott. John H. Holcombe e coll., dell'Eli Lilly (4) (Indianapolis, Indiana, USA), che forniscono i riferimenti di letteratura ai quali si ispirano le attuali norme dell'FDA per la conservazione dei contenitori di insulina dopo l'apertura (5). Per le cartucce e le penne pre-riempite, la durata di alcuni tipi di insulina è inferiore in considerazione delle maggiori possibilità di esposizione (a traumi fisici e differenze di temperatura) cui queste sono sottoposte, rispetto ai flaconi, generalmente conservati in casa. Gli autori specificano che le indicazioni sono in qualche modo prudenziali, rispetto ai dati ottenuti dai test, e che comunque sottostanno alle interpretazioni a tali test e agli obblighi forniti dall'FDA e dalle altre agenzie regolatorie per gli USA (ad es., la US Pharmacopeia). Concludono, infine, affermando che la commercializzazione di confezioni con un contenuto inferiore di unità gioverebbe a pochi pazienti (quelli che consumano un quantitativo limitato di insulina), a fronte della necessità di incrementare i costi dell'ormone per bilanciare le spese derivanti dalle nuove esigenze di fabbricazione.

Nell'opinione di chi scrive, l'argomento è aperto ad interventi ulteriori; manca ad esempio la risposta delle altre aziende (Novo Nordisk e Aventis), e se le affermazioni di Holcombe e coll. non sembrano convincere in maniera conclusiva, rimangono invariate le perplessità conseguenti al fatto che altre agenzie (come l'EMEA) interpretano in modo del tutto diverso i risultati dei test citati. Ulteriore elemento di perplessità è per noi prendere atto del fatto che le sedi italiane delle ditte sopra menzionate non abbiano raccolto il nostro ripetuto invito a fornire una risposta ufficiale per la situazione sul nostro territorio.

Le suddette lettere vengono proposte nel formato .pdf originale