Skip to content

Mangiare buono, pulito e giusto

Quest’anno in occasione della riunione dell’AMD Piemonte, che si è svolta a Pollenzo, nei pressi di Bra, in provincia di Cuneo, nella sede dell'Università del Gusto, il presidente della nostra sezione Giampaolo Magro e il Consiglio direttivo regionale, con una brillante idea, hanno invitato a partecipare all’incontro l’organizzazione Slow Food.

L’intervento di Silvio Barbero, segretario nazionale di Slow Food Italia, è stato particolarmente apprezzato e ha suscitato interesse e dibattito sui problemi di una sana alimentazione, dello stile di vita, dell’etica “alimentare”, della globalizzazione. Molto apprezzata anche la disponibilità, anzi la volontà di scambio culturale, dimostrata da Barbero: così una nostra delegazione (Giampaolo Magro, Anna Chiambretti, Luca Monge, Emanuele Fraticelli e chi qui scrive) ha voluto reicontrare la direzione di Slow Food proprio a Bra allo scopo di proseguire e approfondire un dialogo particolarmente interessante e originale che speriamo possa avviare una fattiva collaborazione.

In occasione di uno degli incontri avuti con la direzione di Slow Food ho provocato e raccolto queste riflessioni di Carlin Petrini, fondatore di Slow Food e ora presidente di Terra Madre, l’incontro mondiale delle comunità del cibo, spero susciti in voi l’interesse da noi provato. Buona lettura!

Chi è Carlin Petrini


Carlin Petrini
 

Nato a Bra (Cn) il 22 giugno 1949, con studi di sociologia e un background di impegno in politica e nell’associazionismo, Carlo Petrini comincia a scrivere di enogastronomia nel 1977 sui principali periodici e giornali italiani. Nel 1989 fonda a Bra Slow Food e nel dicembre di quell’anno il movimento diventa internazionale: a Parigi, oltre venti delegazioni provenienti da tutto il mondo sottoscrivono il manifesto del movimento, che recita: “Contro coloro, e sono i più, che confondono l'efficienza con la frenesia (…) contro l'appiattimento del Fast Food riscopriamo la ricchezza e gli aromi delle cucine locali. Se la Fast Life in nome della produttività ha modificato la nostra vita e minaccia l'ambiente e il paesaggio, lo Slow Food è oggi la risposta d'avanguardia”.

Negli anni seguenti Slow Food diventa una fucina di idee che si concretizzano presto in eventi: il Salone del Gusto, Cheese, il Premio Slow Food per la difesa della biodiversità, solo per citarne alcuni. Oggi coinvolge 40.000 persone in Italia e più di 80.000 nel mondo, in 130 paesi dei cinque continenti. Petrini riceve anche premi importanti: nel 2000 il Communicator of the Year Trophy (istituito dalla IWSC, International Wine and Spirit Competition) e nel 2002 il Premio Sicco Mansholt, indetto dall’omonima fondazione olandese, per l’attività intrapresa da Slow Food a supporto e difesa di un nuovo modello di agricoltura sostenibile.


Carlin Petrini con Letizia Moratti, allora ministro dell’Università, al campus di Pollenzo

Tra i più recenti progetti ideati e promossi da Carlo Petrini c’è l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Bra) e Colorno (Parma): rendere possibile lo studio della gastronomia a livello accademico, andando oltre i ricettari e gli aspetti nutrizionali, includendo lo studio di questa materia dal punto di vista della geografia, del diritto, dell’economia e del marketing, della sociologia, dell’antropologia, dell’ecologia, della storia, del paesaggio, della comunicazione, delle tecniche di degustazione, della medicina. L’obiettivo è assicurare il massimo livello di ricerca e di aggiornamento, grazie anche all’intervento dei massimi esperti della cultura gastronomica internazionale e alla collaborazione con atenei di tutto il mondo.

Carlin Petrini, la storia di Slow Food nasce nell’89 con un rassegna di musica Cantè i’euv. Ci può riassumere la storia affascinante e l’evoluzione verso Slow Food, che ha portato ad avere “Condotte” in tutto il mondo, che credo ormai vivano di vita autonoma. Com’è successo?
È stato ovviamente un processo lento, che è partito da un gruppo di amici, dalle nostre passioni e dalla nostra voglia di sognare, di pensare sempre in grande. La convinzione che le nostre tradizioni fossero importanti, l’interesse per la cultura popolare e materiale di tutti i popoli, la voglia di stare insieme, la convivialità, e la volontà di non abbandonarsi completamente a una modernità in cui non ci siamo mai riconosciuti pienamente. Il gruppo di amici si è allargato sempre di più, fino a diventare associazione internazionale, stringendosi attorno alla difesa del diritto al piacere alimentare, che, negli anni, abbiamo scoperto essere ricco di sfaccettature e coinvolto profondamente con le tematiche ecologiche.

In occasione del Salone del Gusto 2006 è stato lanciato il manifesto della qualità secondo Slow Food, qualità che deve essere basata su tre requisiti che avete definito imprescindibili: il buono, il pulito e il giusto. Requisiti che nelle attuali analisi di qualità, argomento molto di moda, non sempre sono presi in considerazione. Lei pensa che simili requisiti possano essere trasferiti in altri campi, ad esempio la medicina?
Be’, direi che buono, pulito e giusto sono proprio i tre requisiti di solito meno considerati, e questo vale anche in altri campi. La bontà organolettica dei cibi, il piacere alimentare, per anni è stato completamente dimenticato nelle valutazioni di qualità. A un certo punto sembrava che il cibo fosse diventato un semplice carburante, scevro di tutte le sue connotazioni culturali e di gratificazione personale. Se qualche passo avanti in questa direzione si è fatto, resta molto da fare sul piano del pulito e del giusto, ovvero sulla sostenibilità ecologica e sulla giustizia sociale rispetto a produzioni e consumi. Lo stato attuale della Terra ci parla chiaro: è ora di invertire la rotta e di cambiare la nostra idea di qualità anche in direzione dell’ecologia e dell’etica.

I prodotti di nicchia o le piccole produzioni sappiamo tutti essere più cari dei prodotti della grande distribuzione, così un seme modificato che germoglia in zone di siccità potrebbe sfamare a basso costo un ampia fascia di popolazione. Questo come si concilia con la vostra mission di salvaguardare le culture locali conservando le attività produttive talvolta scarse a causa dei cambiamenti ambientali…
Mi si permetta di dire che considero questa una grande bugia. Gli Ogm sono nati per l’industria che mira a controllare l’agricoltura mondiale. Nessuno degli Ogm attualmente coltivati nel mondo ha finalità “etiche”, il vero risultato che si vuole ottenere è l’arricchimento di chi li ha inventati e commercializzati. A Slow Food crediamo fortemente che la soluzione a tanti problemi di molte popolazioni stia nel recupero delle proprie tradizioni agricole e alimentari, ma senza rinunciare a una visione moderna: non stiamo parlando di un ritorno all’antico. Stiamo parlando di rilocalizzazione, di decentramento, di diritto dei popoli alla propria libertà alimentare. Ovviamente ciò va attuato nei limiti del possibile, ma ora come ora il sistema ha assunto connotati di pura follia. Le derrate alimentari seguono percorsi per il mondo che non hanno molto senso, si creano paradossi incredibili, che tra l’altro sono dannosi per l’ambiente. Ci tengo poi a precisare che siamo anche convinti che il progetto sia attuabile rifiutando il concetto di nicchia, perché un’economia locale deve tendere non a produzioni elitarie, ma alla produzione del nostro cibo quotidiano. È questo il senso, una riprogettazione dei sistemi alimentari in chiave più localistica e democratica possibile.

Le chiedo: noi di infodiabetes.it ci siamo posti l’obiettivo di fornire un’informazione scientifica aggiornata e veloce per consentire una pratica clinica più corretta e in accordo con le linee-guida internazionali. Tuttavia non sempre le indicazioni date dalle linee-guida si conciliano con la miglior condizione di vita del paziente, e su tutto ciò pare indubbio l’intervento delle multinazionali farmaceutiche. In merito a questo qual è il suo punto di vista da osservatore esperto di comunicazione e che ha contatti con tutto il mondo…

 

Siamo alle solite. Purtroppo anche in campo agroalimentare l’ingerenza delle multinazionali e delle lobby che le rappresentano è molto forte. Questi soggetti guardano soprattutto al loro profitto e il loro potere gli consente anche mosse poco edificabili. Non è per demonizzare, ma è un dato di fatto. Io credo che anche in medicina occorra una sorta di umanizzazione, un’attenzione diversa al paziente, che già soffre e che non deve sentirsi trattato freddamente. Penso al cibo negli ospedali, per esempio: spesso, diciamocelo francamente, è terribile e non vedo perché con una minima incidenza sul costo non si debba cercare di riaprire delle cucine negli ospedali, utilizzare prodotti freschi e locali senza affidarsi alle grandi catene internazionali di catering. Anche in questo caso una correzione parziale al sistema si potrebbe ottenere con un piccolo e semplice ritorno al locale. Come medici sapete bene che l’alimentazione è fondamentale per i vostri pazienti, perché nelle strutture pubbliche non si fa del proprio meglio per avere una ristorazione di qualità? Sono convinto che costerebbe poco di più e che si risparmierebbe in medicine, d’altro canto. Il bilancio dell’operazione alla fine sarebbe in attivo.

Gran parte del nostro lavoro di diabetologi è dedicato a prevenire i danni conseguenti a comportamenti errati. Se leggiamo la filosofia di Slow Food: “riscoperta del piacere attraverso la cultura materiale, il piacere alimentare dotto, sensibile, condiviso, responsabile…” ci pare di cogliere un messaggio in contraddizione con ciò che abitualmente cerchiamo comunicare ai nostri pazienti sui nostri discorsi di prevenzione…
Piacere alimentare dotto, sensibile, condiviso e responsabile significa non solo godere del cibo e conoscerlo nei suoi aspetti produttivi per sceglierlo in maniera buona pulita e giusta. Significa anche conoscere i limiti, sapere quali sono gli effetti di certi alimenti sul nostro organismo e assumerli senza esagerare. Non a caso nel mio libro ho inserito la medicina tra le materie che sono coinvolte dalla gastronomia. È a partire da questo nuovo concetto, che la gastronomia va considerata una vera e propria scienza, tra le più multidisciplinari che consociamo.