Skip to content

L’aumento ponderale non modifica l’effetto protettivo della cessazione del fumo nei confronti di infarto miocardico e ictus

A cura di Sara Colarusso

14 maggio 2018 (Gruppo ComunicAzione) – Il fumo di sigaretta, a oggi, rappresenta il principale fattore determinante per patologia cardiovascolare, potenziato da fattori addizionali quali ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia e diabete.

A discapito di un incremento ponderale correlato in media alla sua cessazione, proprio lo stop al fumo è considerato, senza alcun dubbio, il vantaggio maggiore per la riduzione del rischio di patologia coronarica e cerebrovascolare. Nonostante ciò, pochi studi hanno indagato il reale impatto dell’aumento ponderaleconseguente alla sospensione del fumo sul rischio cardiovascolare in popolazioni diverse. Ad esempio, in una coorte statunitense si è osservata una riduzione degli eventi cardiovascolari fra donne e uomini non diabetici che avevano smesso di fumare rispetto a coloro che non avevano smesso, indipendentemente dalle variazioni ponderali (1).

In un recente studio coreano, pubblicato sull’European Heart Journal, Kyuwoong Kim (Dept. of Biomedical Sciences, Seoul National University Graduate School, Seoul, Republic of Korea) e coll. hanno indagato la relazione fra l’interruzione del fumo, la conseguente variazione di BMI e il rischio di infarto miocardico (IMA) e ictus (2).

Sono stati utilizzati i dati raccolti dal 2002 al 2013 estrapolati dal database del National Health Screening Cohort (NHIS-HealS), piattaforma assicurativa sanitaria contenente tutte le informazioni sociodemografiche e i controlli medici biennali per tutti gli adulti coreani (>40 anni). Sulla base del primo (2002-03) e del secondo (2004-05) periodo di controllo medico sono stati selezionati 108.242 uomini, senza precedenti diagnosi di IMA e/o ictus, e suddivisi in 5 gruppi: fumatori, ex-fumatori con incremento ponderale, ex-fumatori senza variazioni ponderali, ex-fumatori con perdita di peso, non fumatori. La variazione ponderale è stata espressa in termini di variazione del BMI, ovvero per 1 kg/m2, tra i due periodi di controllo. Il tempo di osservazione è stato di 8 anni (gennaio 2006 – dicembre 2013).

Gli autori hanno riportato una riduzione significativa del rischio di IMA e ictus sia negli ex-fumatori con incremento ponderale (HR 0,33; IC 95% 0,16-0,70 per IMA e HR 0,75; IC 95% 0,57-1,00 per ictus), che in quelli senza variazioni del BMI (HR 0,55; IC 95% 0,37-0,83 per IMA e HR 0,75; IC 95% 0,62-0,92 per ictus); nessuna associazione è stata riscontrata invece negli ex-fumatori con calo ponderale. I non fumatori hanno presentato un rischio di IMA e ictus più basso rispetto ai fumatori (HR 0,37; IC 95% 0,32-0,43 per IMA e HR 0,68; IC 95% 0,64-0,73 per ictus).

Sebbene questo studio di coorte presenti limitazioni – esamina solo soggetti maschi, valuta i dati raccolti tramite questionari autosomministrati, è carente di alcune informazioni inerenti le reali motivazioni dell’abolizione del fumo, dei dati antropometrici completi e delle abitudini dello stile di vita – è rappresentativo di un sufficiente numero di soggetti in cui gli autori hanno dimostrato che l’incremento ponderale conseguente all’abolizione del fumo non ne altera l’effetto protettivo nei confronti di IMA e ictus. Per confermare tali risultati saranno necessari ulteriori studi anche in altre popolazioni di diversa etnia.


1. JAMA 2013;309(10):1014-21

PubMed

2. Eur Heart J 2018;39(17):1523-31

PubMed


AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.