Bambini con diabete: sì alla pizza a lenta lievitazione. Da “pizza nightmare” a “pizza dream”
Una rondine non farà primavera, ma la pizza è sempre la pizza… Se poi la ricerca si mette di buzzo buono, capita anche che una pizzeria si trasformi in un laboratorio di ricerca, pizzaioli e camerieri diventino collaboratori di medici e ricercatori, e trenta bambini con diabete diventino assaggiatori volontari.
Quindi, tutti in campo per difendere la pizza napoletana: per anni accusata, da larga parte della letteratura medica internazionale, di essere junk food, cioè cibo spazzatura, capace solo di rendere ingestibile la glicemia per i pazienti con diabete, adulti e bambini, a causa dell’alto tasso di zuccheri contenuti nell’impasto. Insomma, veleno puro per diabetici, specie quelli tipo 1.
A organizzare il tutto è stato il Centro regionale di Diabetologia pediatrica G. Stoppoloni dell’Azienda Ospedaliera Universitaria dell’Università Luigi Vanvitelli, diretta dal prof. Maurizio Di Mauro, con il team medico guidato dal dott. Dario Iafusco, cui si è affiancato il prof. Ohad Cohen, dell’Università di Tel Aviv, uno dei più grandi esperti di tecnologie applicate al diabete che ha seguito e controllato le varie fasi dell’esperimento.
I maestri piazzaioli, per qualche giorno al servizio della medicina, hanno preparato le pizze per due gruppi di bambini (un gruppo assegnato a pizze con lievitazione lenta, l’altro con quella veloce) stando attenti a utilizzare, al grammo, la stessa quantità di ingredienti per ogni “margherita”.
“Abbiamo controllato i livelli di glicemia per l’intera notte successiva” ha spiegato Iafusco, “e abbiamo verificato che i bambini che hanno mangiato la pizza a lenta lievitazione hanno avuto un andamento glicemico stabile, mentre per chi ha mangiato pizza con lievitazione veloce si è registrata una variabilità glicemica molta elevata”.
“Dal pizza nightmare al pizza dream” ha commentato il dott. Paolo Di Bartolo, vice presidente AMD. “Ci avevamo provato in ogni modo, dividendo in due la dose di insulina iniettandone metà prima e metà un’ora finita la pizza. Avevamo provato col microinfusore con il bolo onda quadra e onda doppia, abbiamo provato sfidando gli algoritmi matematici del pancreas artificiale, ma niente da fare, mantenere la glicemia in adeguato controllo dopo una pizza appariva una missione veramente impossibile per le persone con diabete tipo 1. Talmente impossibile che oltre oceano avevano definito questa sfida persa “pizza nightmare”.
“Ci voleva la passione e la determinazione degli amici pediatri, ovviamente di Napoli, coordinati dai dottori Dario Iafusco e Angela Zanfardino” ha chiosato ancora Di Bartolo, “per dare una risposta a questa istanza, suggerire una possibile soluzione e permettere finalmente anche ai bambini – oltre che agli adulti – con diabete di non rinunciare ad un piatto unico e irresistibile della tradizione culinaria del nostro paese”.