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Doppio agonista recettoriale GIP e GLP-1: il futuro della terapia incretinica?

A cura di Marcello Monesi

15 ottobre 2018 (Gruppo ComunicAzione) – Uno studio recentemente pubblicato su Lancet apre alla futura possibilità di un cambio di scenario nella terapia incretinica: per la prima volta compaiono dati su una molecola, denominata LY3298176capace di legarsi simultaneamente ai recettori GIP e GLP-1.

In questo studio randomizzato di fase 2, il nuovo farmaco (ai dosaggi di 1, 5, 10 o 15 mg) è stato confrontato per un periodo di 26 settimane con placebo e con l’agonista recettoriale del GLP-1 dulaglutide (al dosaggio di 1,5 mg).

I 318 partecipanti allo studio, in età compresa tra i 18 e i 75 anni (media 57 anni), affetti da diabete tipo 2 (DT2) da almeno 6 mesi, presentavano una HbA1c basale media di 8,1% e un BMI medio di 32,6 kg/m2. Al termine dello studio le riduzioni di HbA1c (dose-dipendenti, senza plateau) andavano da -1,06% per il dosaggio inferiore fino a -1,94% per il dosaggio massimo di LY3298176, significativamente superiori a quanto ottenuto da dulaglutide. In particolare, il 30% dei soggetti del gruppo di studio ha conseguito la normoglicemia (definita come HbA1c <5,7%) rispetto al 2% del gruppo di controllo attivo con dulaglutide.

Tale risultato è stato ottenuto con una maggiore frequenza di effetti collaterali gastrointestinali nel gruppo di studio, mentre il rischio di ipoglicemie è rimasto invariato. La molecola in studio ha mostrato importanti risultati anche sul calo ponderale: i soggetti che hanno avuto una riduzione di almeno il 15% del peso corporeo sono stati il 24,5% nel gruppo LY3298176 vs. l’1,9% del gruppo dulaglutide. Gli effetti sul metabolismo lipidico, inclusi come outcome secondari dello studio, sono stati sostanzialmente neutri.

Nell’editoriale di commento dello studio si sottolinea come la doppia stimolazione dei recettori incretinici possa determinare un effetto sinergico sulla secrezione insulinica, costituendo una promettente opportunità per il trattamento del DT2 e dell’obesità. Ulteriori studi saranno necessari per testare la sicurezza a medio e lungo termine e l’impatto sugli outcome cardiovascolari di questa possibile nuova opzione terapeutica.


The Lancet. Pub online October 4, 2018

PubMed


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