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Confronto real world della sicurezza cardiovascolare dei farmaci ipoglicemizzanti in add-on alla metformina

A cura di Marcello Monesi

21 gennaio 2019 (Gruppo ComunicAzione) – In uno studio osservazionale, recentemente pubblicato sul JAMA Network Open, sono emersi interessanti dati sul profilo di sicurezza cardiovascolare (CV) delle varie classi di farmaci ipoglicemizzanti impiegati in associazione alla metformina.

Per la prima volta, utilizzando dati provenienti dal database assicurativo statunitense Medicare, è stato condotto un confronto diretto tra le principali classi di farmaci ipoglicemizzanti, impiegati dopo il fallimento della metformina, in relazione agli outcome CV. L’analisi ha riguardato dati estratti da oltre 132.000 diabetici nel periodo 2011-2015; i pazienti selezionati erano in monoterapia con metformina a cui è stato successivamente aggiunto un secondo farmaco appartenente alle seguenti classi: DPP-4 inibitori (DPP-4i), agonisti recettoriali del GLP-1 (GLP1-RA), SGLT-2 inibitori (SGLT-2i), tiazolidinedioni (TZD), insuline (INS) basali e sulfaniluree (SU). L’outcome primario era costituito dal tempo del primo evento CV dopo l’avvio della duplice terapia; un secondo outcome composito comprendeva ricovero per scompenso cardiaco, ictus, cardiopatia ischemica o arteriopatia periferica.

L’età dei soggetti in esame, per il 55% di sesso maschile, era compresa tra 45 e 64 anni, di cui il 5,5% con pregresso evento CV; nel periodo dell’osservazione sono stati registrati, in linea con quanto atteso, poco meno di 3500 eventi. Ogni classe di farmaci è stata confrontata singolarmente con i DPP-4i, considerati parametro di riferimento. Rispetto ai DPP-4i, l’endpoint composito risultava meno frequente con l’impiego dei GLP1-RA (HR 0,78; IC 95% 0,63-0,96 ma non significativo in tutte le analisi di sensibilità), non statisticamente differente con SGLT-2i e TZD, mentre con l’impiego di SU (HR 1,36; IC 95% 1,23-1,49) e INS basali (HR 2,03; IC 95% 1,81-2,27) il rischio era significativamente più alto. Inoltre, la terapia con GLP1-RA si associava a una riduzione significativa del rischio di ictus (HR 0,65; IC 95% 0,44-0,97).

Nel commento ai risultati dello studio, gli autori puntualizzano che per quanto riguarda gli SGLT-2i si è osservata una tendenza verso la maggiore protezione CV, che non ha raggiunto la significatività statistica, forse a causa della disponibilità più recente rispetto alle altre molecole che non ha consentito il raggiungimento di un’adeguata potenza statistica.

Resta il dato, con i limiti di uno studio osservazionale, dell’incrementato rischio CV nei pazienti in terapia con SU e, meno prevedibilmente, con INS basale. Gli autori concludono che saranno necessari ulteriori studi di confronto per valutare l’efficacia delle varie classi di farmaci in termini di miglioramento del compenso glicemico e metabolico e di riduzione della mortalità, non valutati in questa analisi.


JAMA New Open 2018;1(8):e186125

PubMed


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