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Nuovi farmaci antidiabetici e rischio cardiovascolare: primum non nocere

A cura di Francesco Romeo

14 ottobre 2016 (Gruppo ComunicAzione) – Il diabete mellito tipo 2 colpisce circa 400 milioni di persone in tutto il mondo. Il rischio di sviluppare malattia cardiovascolare (CV) è due volte superiore nei pazienti diabetici rispetto ai soggetti non diabetici.

La malattia cardiovascolare rappresenta la causa di morte nel 60% dei pazienti con diabete e una gran parte di loro sviluppa gravi complicanze cardiovascolari. In particolare, i tassi di incidenza di insufficienza cardiaca congestizia nei soggetti con diabete sono 5 volte (nelle donne) e 2,4 volte (negli uomini) più elevati rispetto alla popolazione generale.

I farmaci per il diabete mirano a prevenire gli effetti metabolici negativi degli elevati livelli di glucosio e lo sviluppo di complicanze micro- e macroangiopatiche.

Tuttavia, una chiara relazione diretta tra riduzione HbA1c e riduzione del rischio CV non è stata univocamente dimostrato finora, mentre sono emersi dati che suggeriscono che alcuni degli agenti utilizzati per il trattamento del diabete potrebbero aumentare il rischio cardiovascolare.

Tali dati controversi hanno sollevato preoccupazione e hanno spinto le principali agenzie normative del farmaco (EMA e FDA) a introdurre cambiamenti nel processo di approvazione di nuovi farmaci antidiabetici, che devono subire una indagine sistematica per valutare la sicurezza CV.

Una revisione condotta recentemente da ricercatori italiani, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Disease, fornisce un’analisi aggiornata dei risultati di recenti studi esaminando l’azione dei farmaci sul compenso glicemico e i risultati sul rischio cardiovascolare.

Gli endpoint di mortalità CV, infarto del miocardio, ictus e ospedalizzazione per insufficienza cardiaca sono stati inclusi in questi recenti studi clinici sui nuovi farmaci antidiabetici.

Nello specifico, sono stati valutati: analoghi del GLP1 agonisti recettoriali (GLP1-RA), inibitori del dipeptidilpeptidasi-4 (DPP4 o gliptine) e inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio (SGLT2 o gliflozine).

Gli studi ELIXA ed EXAMINE hanno testato lixisenatide e alogliptin rispettivamente, ed hanno rivelato la non inferiorità rispetto al placebo in termini di sicurezza CV. Il SAVORE-TIMI 53 ha confermato la sicurezza CV complessiva di saxagliptin, ma ha sollevato un allarme relativo all’ aumento del rischio di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca nel gruppo in terapia saxagliptin.

Di recente, lo studio TECOS ha rilevato un profilo CV particolarmente favorevole per sitagliptin, mentre EMPA-REG ha mostrato una significativa riduzione del rischio CV nei pazienti a elevato rischio trattati con empagliflozin.

I numerosi studi in corso forniranno ulteriori dati sulla sicurezza CV per altri GLP1-RAS, DPP4-I e SGLT2-I.

In conclusione, i risultati di studi di outcome di sicurezza focalizzati su eventi CV, tra cui insufficienza cardiaca e mortalità per cause CV, non sono omogenei, anche se risultano complessivamente rassicuranti. Un’analisi critica degli studi può aiutare i medici interessati ad adattare le loro scelte terapeutiche più opportune in base alle caratteristiche dei singoli pazienti.

Nutr Metab Cardiovasc Dis 2016;26(9):759-66

PubMed


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