Uso degli inibitori SGLT2 e delle incretine nella terapia antidiabetica
a cura di Antonino Di Benedetto e Giovanna Ciccarello per il Gruppo AMD: Terapia personalizzata
28 novembre 2016 (Gruppo ComunicAzione) – Attualmente, la metformina rappresenta il trattamento di prima scelta nei pazienti affetti da diabete mellito tipo 2. Un’HbA1c <6,5% è considerata il target per la maggior parte dei pazienti. In condizioni di intolleranza o inadeguato controllo glicemico con la sola metformina, è raccomandata una modifica/integrazione terapeutica. Sono disponibili numerosi altri farmaci antidiabetici, ma vi sono ancora controversie circa un singolo approccio ottimale.
Gli inibitori SGLT2 (cotrasportatore sodio-glucosio) rappresentano gli ultimi ritrovati per la cura del diabete accanto ai farmaci incretino-mimetici (inibitori DPP4 e agonisti del recettore del GLP1).
I primi (canaglifozin, dapaglifozin, empaglifozin) inibiscono SGLT2 (cotrasportatore sodio-glucosio posto a livello del tubulo renale prossimale), favorendo l’escrezione di glucosio con le urine (circa 70-80 g di glucosio al giorno, pari ad una perdita di circa 280-320 kcal/die). Tali farmaci, somministrati per via orale, migliorano il compenso glicemico, riducendo l’HbA1c di circa lo 0,6-1%, favoriscono il calo ponderale (circa 2-3 kg) e la riduzione dei valori pressori. Solo l’empaglifozin ha però dimostrato di ridurre la mortalità cardiovascolare nei pazienti ad alto rischio.
Per la loro azione, è richiesta un’adeguata funzionalità renale (clearance creatinina >45-60 ml/min). Tra i vari effetti collaterali si riportano un incremento delle infezioni delle vie urinarie e genitali, talvolta ipotensione e rischio di fratture. Raramente possono provocare chetoacidosi.
Tra i farmaci incretino-mimetici ritroviamo gli inibitori del DPP4 (dipeptidil peptidasi 4), ossia sitagliptin, saxagliptin, linagliptin, alogliptin e gli agonisti del recettore del GLP1 (GLP1-RA), ossia exenatide, lixisenatide, liraglutide, dulaglutide, albiglutide.
I DPP4-I, somministrati per via orale, migliorano il compenso glicemico, favorendo una riduzione (-0,74%) dell’HbA1c, non hanno effetto sul peso corporeo, presentano un basso rischio di ipoglicemia, molto raramente causano pancreatite.
I GLP1-RA somministrati per via sottocutanea, presentano effetto glucosio-dipendente, ossia agiscono solo in presenza di iperglicemia, per cui raramente causano ipoglicemia. Stimolano la secrezione di insulina e riducono quella di glucagone, riducono l’HbA1c (0,8-1,5%), rallentano lo svuotamento gastrico, riducono l’appetito e favoriscono il calo ponderale (circa 3 kg). Inoltre, aumentano la sopravvivenza delle beta- cellule pancreatiche. Raramente sono responsabili di nausea e pancreatite.
In conclusione, gli SGLT2 e gli incretino-mimetici potrebbero rappresentare una terapia innovativa utilizzabile già in fase precoce nella storia naturale del diabete, alla luce della loro provata efficacia e del profilo di sicurezza. E’ fondamentale un approccio individualizzato sul singolo paziente. Ulteriori studi in corso in merito al profilo di rischio cardiovascolare e all’outcome renale potranno fornire maggiori indicazioni circa l’utilizzo di questi farmaci.
Diabetes Care 2016;39(Suppl. 2):S154-64
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