Terapia ipoglicemizzante e rischio di mortalità per COVID-19
Punti chiave
Domanda: I farmaci ipoglicemizzanti possono influenzare la prognosi della COVID-19 nei pazienti con diabete mellito tipo 2?
Risultati: In questo studio osservazionale inglese, condotto sui dati di un registro nazionale (National Diabetes Audit), è stato valutato il rischio di mortalità per COVID-19 in relazione alla terapia ipoglicemizzante prescritta prima dell’infezione, in una coorte di quasi 3 milioni di soggetti con diabete tipo 2. Il tasso di mortalità è stato di 8,9 per 1000 persone-anno e l’HR associato alla prescrizione, rispetto alla non prescrizione, era 0,77 (IC 95% 0,73-0,81) per la metformina e 1,42 (IC 95% 1,35-1,49) per l’insulina. Quanto alle altre classi di farmaci, una lieve riduzione dell’HR per mortalità è risultato associata alla terapia con sulfaniluree e SGLT2i, un lieve incremento alla terapia con DPP4i.
Significato: I risultati dimostrano un’associazione fra la prescrizione di alcuni ipoglicemizzanti e la mortalità per COVID-19, ma le differenze nel rischio sono minime e probabilmente condizionate da un bias da indicazione. Non emerge alcuna indicazione a modificare la prescrizione dei farmaci ipoglicemizzanti nei pazienti con diabete tipo 2 nel contesto della pandemia di COVID-19.
A cura di Eugenio Alessi
19 aprile 2021 (Gruppo ComunicAzione) – Il diabete mellito tipo 2 è ormai considerato uno dei più comuni e importanti fattori di rischio per mortalità nella malattia da SARS-CoV2 (COVID-19) e l’iperglicemia rappresenta un fattore prognostico sfavorevole. Recentemente, lo studio Coronado ha suggerito un possibile effetto protettivo della metformina, assunta regolarmente prima del ricovero, sulla mortalità intraospedaliera in pazienti con diabete tipo 2.
Obiettivo di uno studio osservazionale su scala nazionale, condotto da Kamlesh Kunti (National Diabetes Audit Programme, NHS England & Improvement, London, UK; Leicester Real World Evidence Unit, Diabetes Research Centre, University of Leicester, Leicester General Hospital, Leicester, UK) e coll. e appena pubblicato su Lancet Diabetes Endocrinology, era valutare la correlazione tra la prescrizione di tutte le classi di ipoglicemizzanti orali e la mortalità per COVID-19 in una popolazione che rappresenta la gran parte dei soggetti con diabete tipo 2 in Inghilterra.
Sono stati analizzati i dati di 2.851.465 soggetti con diabete tipo 2 inseriti nel registro nazionale National Diabetes Audit, classificati come utilizzatori di una classe di farmaco se avevano ricevuto almeno due prescrizioni fra il 1° luglio e il 31 dicembre 2019. Sono state inserite nell’analisi le morti per COVID-19 registrate fra il 16 febbraio e il 31 agosto 2020. L’HR è stato calcolato confrontando, per ogni classe di farmaci, i soggetti che hanno ricevuto la prescrizione con quelli che non l’hanno ricevuta, mediante modelli di regressione di Cox, “matchando” tramite un propensity score che teneva conto di molteplici variabili potenzialmente confondenti.
Il farmaco ipoglicemizzante più comunemente prescritto era la metformina (63,1% dei pazienti), seguito dalle sulfaniluree (19,7%). Nel periodo di follow-up si sono verificati 13.479 decessi per COVID-19 (lo 0,47% della popolazione in studio), con un tasso di mortalità di 8,9 per 1000 persone-anno.L’HR corretto associato alla prescrizione, rispetto alla non prescrizione, era per la metformina 0,77 (IC 95% 0,73-0,81), per le glinidi 0,75 (0,48-1,17), per gli SGLT2i 0,82 (0,74-0,91), per i tazolidindioni 0,94 (0,82-1,07), per le sulfaniluree 0,94 (0,89-0,99), per i GLP1-RA 0,94 (0,83-1,07), per i DPP4i 1,07 (1,01-1,13), per gli inibitori di α-glucosidasi 1,26 (0,76-2,09) e per l’insulina 1,42 (IC 95% 1,35-1,49). Dai risultati emerge, quindi, che le persone cui erano stati prescritti metformina, SGLT2i e sulfaniluree avevano una mortalità più bassa di coloro a cui non erano stati prescritti, mentre le persone cui erano stati prescritti insulina e DPP4i avevano una mortalità più alta.
Secondo gli autori, è presumibile che queste differenze nel rischio, di entità molto lieve, possano essere influenzate dal cosiddetto “bias da indicazione”, essendo la metformina usata precocemente nella storia naturale del diabete tipo 2 e l’insulina più tardivamente e nei pazienti più fragili. I DPP4i, inoltre, sono farmaci molto utilizzati nei pazienti anziani e con ridotta funzione renale (più a rischio di mortalità da COVID-19), mente gli SGLT2i vengono in genere utilizzati in pazienti più giovani e con buona funzione renale.
Il limite maggiore dello studio risiede nella natura osservazionale, nella mancanza di un indicatore di aderenza alla terapia e nell’impossibilità di escludere un residuo confondimento legato alle variabili inserite nel propensity score o alle variabili non misurate. La forza maggiore è sicuramente l’ampiezza della popolazione, che rappresenta la quasi totalità dei pazienti con diabete tipo 2 in Inghilterra.
Per poter dimostrare un effetto causale della terapia con un farmaco ipoglicemizzante sugli esiti della COVID-19 occorre attendere studi randomizzati e controllati, alcuni già in corso. In atto, non emerge alcuna indicazione a modificare la prescrizione dei farmaci ipoglicemizzanti nei pazienti con diabete tipo 2 nel contesto della pandemia di COVID-19.
Lancet Diabetes Endocrinol 2021;9(5):293-303
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