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Inibitori di pompa protonica e controllo glicemico

Punti chiave

Domanda: Gli inibitori della pompa protonica possano migliorare il controllo glicemico in soggetti con diabete o ridurre il rischio di diabete nella popolazione generale?

Risultati: In una metanalisi sono stati analizzati studi che confrontavano l’HbA1c o la glicemia a digiuno in soggetti con diabete trattati con e senza terapia con inibitori della pompa protonica in aggiunta alla terapia standard (sette studi per un totale di 342 partecipanti), e studi riguardanti il rischio di diabete incidente tra gli individui che assumevano inibitori della pompa protonica (cinque studi per un totale di 244.439 partecipanti). Rispetto alla terapia standard, l’aggiunta di inibitori della pompa protonica è associata a una significativa diminuzione di HbA1c e glicemia a digiuno in soggetti con diabete ma non ha ridotto il rischio di diabete incidente.

Significato: L’uso di inibitori della pompa protonica migliora il compenso glicemico in soggetti con diabete noto ma non ha un effetto protettivo nello sviluppo di diabete di nuova insorgenza.


A cura di Lucia Briatore

19 luglio 2021 (Gruppo ComunicAzione) – Alcuni studi avevano evidenziato un effetto positivo sul controllo glicemico degli inibitori di pompa protonica (PPI, proton pump inhibitors). Per meglio chiarire tale aspetto, un gruppo di ricercatori di Baltimora ha condotto una revisione sistematica della letteratura e una metanalisi, recentemente pubblicata sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism, utilizzando gli studi presenti su PubMed, Embase, Scopus e ClinicalTrials.gov fino al 21 novembre 2020.

Sono stati inclusi studi che confrontavano l’emoglobina glicosilata (HbA1c) o la glicemia a digiuno (FBG, fasting blood glucose) tra individui con diabete trattati con e senza terapia con PPI in aggiunta alla terapia standard. Sono stati inoltre considerati gli studi che valutavano il rischio di diabete incidente tra gli individui che assumevano PPI. È stata quindi condotta una doppia revisione indipendente, con estrazione dei dati e valutazione della qualità dei lavori, che ha portato a includere nell’analisi sette studi (per un totale di 342 soggetti) per il controllo glicemico e cinque studi (per un totale di 244.439 soggetti) per il rischio di diabete incidente. Rispetto alla terapia standard, l’aggiunta di un PPI era associata a una diminuzione significativa di HbA1c (differenza media pesata -0,36%; IC 95%, da -0,68 a -0,05; p = 0,025) e FBG (differenza media pesata -10,0 mg/dl; IC 95%, da -19,4 a -0,6; p = 0,037). L’uso di PPI non ha ridotto il rischio di diabete incidente (RR aggregato 1,10; IC 95%, 0,89-1,34; p = 0,385).

Come limiti del loro lavoro gli autori indicano la possibilità di includere solo un numero limitato di piccoli studi sul controllo glicemico con un follow-up breve, di sole 12 settimane nella maggior parte degli studi. Inoltre, i risultati potrebbero non essere generalizzabili a pazienti non asiatici, poiché la maggior parte degli studi provenivano da quell’area geografica; ulteriori studi di maggiori dimensioni sono dunque necessari per confermarli.

In conclusione, l’aggiunta di PPI alla terapia standard sembra migliorare il compenso glicemico in pazienti con diabete, ma non sembra influenzare il rischio di diabete incidente.


J Clin Endocrinol Metab 2021 Jun 30;dgab353

PubMed


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