La terapia antipertensiva previene il diabete tipo 2
Punti chiave
Domanda: Qual è l’impatto della terapia antipertensiva sul rischio di sviluppare diabete tipo 2? Esistono delle classi farmacologiche più o meno protettive in tal senso?
Risultati: Una metanalisi su 19 studi ha dimostrato che l’abbassamento dei livelli di pressione arteriosa sistolica nei soggetti non diabetici si associa a un minore rischio di nuova insorgenza di patologia diabetica. L’impiego di ACE-inibitori e sartani riduce significativamente il rischio, mentre i beta-bloccanti e i diuretici tiazidici lo aumentano.
Significato: L’ipertensione non controllata può essere considerata un fattore di rischio modificabile per l’insorgenza di diabete tipo 2; negli ipertesi a rischio per lo sviluppo di diabete la terapia di scelta dovrebbe riguardare farmaci attivi sul sistema renina-angiotensina-aldosterone.
A cura di Marcello Monesi
17 gennaio 2022 (Gruppo ComunicAzione) – Il controllo della pressione arteriosa rappresenta uno dei cardini della prevenzione cardiovascolare: innumerevoli evidenze hanno dimostrato che la normalizzazione dei livelli pressori non controllati determina una riduzione del rischio di infarto e ictus, soprattutto nei pazienti affetti da diabete. Fino ad ora, tuttavia, esistevano poche conoscenze sul possibile ruolo della terapia antipertensiva nella prevenzione dell’insorgenza del diabete tipo 2.
Una recente metanalisi, pubblicata su Lancet, ha inteso approfondire le conoscenze in materia: nello studio sono stati considerati 19 trial randomizzati e controllati condotti tra il 1973 e il 2008, per un totale di poco meno di 146.000 pazienti non diabetici (60% di sesso maschile). Gli studi prevedevano il trattamento con una delle cinque principali classi di farmaci antipertensivi (ACE-inibitori, sartani, beta-bloccanti, diuretici tiazidici e calcio-antagonisti) vs placebo. Durante un periodo medio di 4,5 anni, 9883 pazienti in studio hanno ricevuto la diagnosi di diabete tipo 2.
L’analisi dei dati ha mostrato che, indipendentemente dal trattamento, una riduzione di 5 mmHg di pressione sistolica si associa a una riduzione del rischio di sviluppare diabete dell’11% (HR 0,89; IC 95% 0,84-0,95). Dati ancora più interessanti provengono dallo studio delle singole classi: in confronto al placebo gli ACE-inibitori (HR 0,84; IC 95% 0,76-0,93) e i sartani (HR 0,84; IC 95% 0,76-0,92) hanno significativamente ridotto il rischio di sviluppare diabete, mentre il trattamento con beta-bloccanti (HR 1,48; IC 95% 1,07-1,35) e diuretici tiazidici (HR 1,20; IC 95% 1,07-1,35) si è associato a un rischio aumentato; neutro l’effetto dei calcio-antagonisti.
Lo studio ha altresì mostrato che ogni incremento di 20 mmHg di pressione sistolica si associa a un aumento del 77% del rischio di sviluppare diabete.
Gli autori dello studio concludono che i livelli elevati di pressione arteriosa rappresentano di fatto un fattore di rischio modificabile per l’insorgenza di diabete tipo 2, e raccomandano l’impiego di farmaci ACE-inibitori o sartani nel trattamento di pazienti ipertesi non diabetici ad elevato rischio metabolico.
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