Skip to content

Cosa c’è oltre la “siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”? Il pancreas bionico…

Punti chiave

Domanda: Può il pancreas bionico, ovvero un sistema autonomo di erogazione di insulina che agisce mediante algoritmi condizionati dal solo dato del peso corporeo, essere superiore nel controllo glicemico in persone con diabete di tipo 1 se confrontato con l’attuale approccio terapeutico basato su regimi insulinici individualizzati e allestiti sulla base del monitoraggio glicemico in continuo, conta dei carboidrati e conseguente addestramento al calcolo del bolo prandiale?

Risultati: In un trial clinico multicentrico randomizzato 328 soggetti dai 6 ai 79 anni con recente diagnosi di diabete di tipo 1 sono stati randomizzati a ricevere il pancreas bionico monormonale (insulina) ed educati alla sola gestione del corretto funzionamento del dispositivo o a ricevere un trattamento standard basato su monitoraggio glicemico in continuo, educazione terapeutica sul counting dei carboidrati e addestrati alla gestione dei boli prandiali erogati o tramite dispositivi tradizionali (penne) o microinfusore (con o senza loop chiuso ed erogazione semi automatica del regime insulinico basale). I soggetti allocati al braccio trattato con pancreas bionico avevano a 13 settimane livelli significativamente inferiori di HbA1c, una glicemia media inferiore, un time in range significativamente più esteso e sovrapponibile tempo di esposizione a livelli di glicemia inferiori a 54 mg/dl.

Significato: L’uso del pancreas bionico ha dimostrato di essere nettamente superiore all’approccio tradizionale alla cura del diabete tipo 1 quand’anche supportato dal monitoraggio glicemico in continuo, dall’attenta applicazione dei principi di educazione terapeutica, dalla valutazione individuale della sensibilità insulinica e dall’uso dei dispositivi tecnologici più o meno avanzati attualmente disponibili. Lo studio dimostra con chiarezza che il supporto di una tecnologia autonoma rispetto all’intervento umano nella erogazione di insulina per il controllo della iperglicemia (e per minimizzare i fenomeni ipoglicemici) potrebbe essere, in una prospettiva di lungo periodo, il mezzo preferenziale per ottenere un buon controllo glicometabolico nelle persone con diabete tipo 1.


A cura di Fabrizio Diacono

24 ottobre 2022 (Gruppo ComunicAzione) – L’approccio terapeutico ottimale nella cura delle persone con diabete tipo 1 (DT1) è ad oggi sostenuto sulla stretta collaborazione tra medico e paziente. La corretta gestione della variabilità glicemica è basata sul lungo e complesso percorso di educazione al counting dei carboidrati, sulla stima personalizzata dei parametri di sensibilità insulinica e sull’individuazione di un appropriato rapporto insulina carboidrati volti alla corretta gestione dei boli prandiali, dei boli correttivi e del profilo di insulinizzazione basale. Nonostante il sempre più diffuso supporto delle tecnologie applicate a tale scopo dai sistemi di monitoraggio glicemico (Flash o Continuous Glucose Monitoring) a quelli di infusione sottocutanea in continuo di insulina (microinfusori), nonostante la progressiva automazione e comunicazione tra i dispositivi di rilevazione del dato glicemico e quelli di erogazione di insulina, la percentuale di pazienti in cui si riesce a ottenere un compenso glicometabolico ottimale rimane minoritaria.

Due recenti studi osservazionali statunitensi (Foster NC et al. Diabetes Technol Ther 2019 e Pettus JH et al. Diabetes Care 2019) stimano che solo il 20% dei pazienti abbia livelli di HbA1c <7%, mentre la stessa stima nella più recente rilevazione (2021 sui dati 2020) dei nostri Annali AMD è del 30% circa.

Un recentissimo trial randomizzato pubblicato sul New England Journal of Medicine esplora l’ipotesi che l’applicazione di un dispositivo che possa in autonomia determinare l’erogazione di insulina in relazione al rilievo in continuo del dato glicemico (il pancreas bionico), escludendo di fatto sia medico che paziente dalla gestione operativa della variabilità glicemica, possa essere superiore in termini di compenso glicometabolico all’approccio standard nella cura del DT1.

Un totale di 328 persone DT1, con diagnosi da almeno un anno, di un’età compresa tra i 6 e i 79 anni, sono stati randomizzati in due bracci (con un rapporto 2 a 1). In un braccio veniva applicato il pancreas bionico monormonale (insulina fast aspart, aspart o lispro), praticato monitoraggio glicemico in continuo e fornito addestramento sull’uso del sistema di infusione; le informazioni da fornire al dispositivo di erogazione erano solo peso corporeo e composizione qualitativa dei pasti per il calcolo del bolo prandiale tramite algoritmo. I pazienti non potevano in alcun modo determinare o modificare le dosi di insulina. In un secondo braccio venivano applicati i criteri standard di cura: posizionamento del monitoraggio glicemico in continuo, valutazione da parte del personale sanitario della dose totale, della sensibilità insulinica, venivano addestrati i pazienti al counting dei carboidrati e al calcolo del bolo prandiale, ai boli correttivi, che venivano erogati tramite i dispositivi usati prima dell’arruolamento: o tradizionali (penne) o tramite microinfusore (con o senza loop chiuso per la determinazione dell’insulina basale).

I pazienti allocati al braccio in cui era previsto l’uso del pancreas bionico a 13 settimane mostravano livelli di HbA1c (outcome primario) significativamente inferiori di 0,5 punti percentuali (IC 95% da -0,6 a -0,3; p <0,001). La percentuale di tempo trascorso con glicemie sotto 54 mg/dl (outcome secondario) risultava sovrapponibile nei due bracci (0,3 e 0,2%; p <0,001 per non inferiorità). La glicemia media risultava di 16 mg/dl inferiore nel gruppo trattato con pancreas bionico (IC 95% da -19 a -12 mg/dl; p <0,001). Nel braccio allocato a pancreas bionico: la percentuale del tempo trascorso in range 70-180 mg/dl risultava significativamente superiore, la percentuale del tempo trascorso con glicemie superiori a 180 o 250 mg/dl significativamente inferiore e la deviazione standard dei livelli di glicemia medi significativamente inferiore.

L’analisi di sicurezza mostrava una differenza non statisticamente significativa in termini di frequenza di episodi di ipoglicemia severa, non venivano registrati casi di chetoacidosi. Nel braccio allocato a pancreas bionico veniva segnalato un numero relativamente consistente di episodi di iperglicemia quasi esclusivamente causati da ostruzione del set di infusione.

La gestione delle persone con DT1 è certamente il momento più sfidante per chi si occupa della cura delle malattie endocrino-metaboliche, e non soltanto per gli aspetti strettamente legati al compenso glicemico. È quotidiana l’impressione che gli strumenti a nostra disposizione per contenere gli articolati meccanismi fisiopatologici e la numerosità dei fattori che possono influenzare il compenso glicometabolico siano non sempre sufficienti e adeguati. Si ha l’impressione che vi sia un limite implicito negli strumenti umani di lettura di un fenomeno patologico così complesso e variabile. Lo studio appena pubblicato dimostra, con solidità glaciale, che un approccio che sottrae all’uomo (che sia medico o paziente) la possibilità di determinare una scelta terapeutica e che la demanda all’automatismo di un algoritmo, è nettamente superiore.

Fortunatamente, viene da pensare, l’essere umano è in grado di riconoscere i propri limiti e di ideare strumenti per superarli: è il caso dell’intelligenza artificiale, è il caso stesso del pancreas bionico. Spesso sul New England Journal of Medicine leggiamo lavori che sembrano tracciare una linea da seguire per intuire quello che sarà il futuro della medicina: questo studio sembra prospettare che nel lungo periodo l’uso del pancreas bionico potrà garantire a una maggioranza delle persone con DT1 (che ne avranno accesso) il compenso glicometabolico, una vita di qualità e libera da complicanze micro e macrovascolari.


N Engl J Med 2022 Sep 29; 387:1161-72

PubMed


AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.