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Cuore e reni nel diabete tipo 2: due facce della stessa medaglia

Punti chiave

Domanda: I benefici cardiovascolari di canagliflozin sono generalizzabili indipendentemente dall’albuminuria e dalla funzionalità renale in un’ampia gamma di persone con diabete tipo 2 ed elevato rischio cardiovascolare e/o di nefropatia?

Risultati: Utilizzando il pool di dati raccolti sulla popolazione di pazienti del programma CANVAS e dello studio CREDENCE sono stati valutati gli effetti di canagliflozin sugli esiti cardiovascolari, in base alla velocità di filtrazione glomerulare stimata al basale e al rapporto albumina/creatinina nelle urine. Canagliflozin ha ridotto significativamente i tassi di mortalità cardiovascolare e di ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca rispetto al placebo, per tutte le categorie di filtrato e albuminuria.

Significato: Tali dati evidenziano come il rischio di mortalità cardiovascolare e di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca sia più elevato nelle persone con basso tasso di filtrazione glomerulare stimata al basale e più elevato rapporto albuminuria:creatininuria, e che l’aggiunta del canagliflozin alla terapia basale standard riduceva consistentemente il rischio di mortalità cardiovascolare e di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca nelle persone con diabete tipo 2 (che sono ad elevato rischio cardiovascolare e di danno renale) a prescindere dal filtrato renale basale e dall’albuminuria iniziale. Va evidenziato inoltre che il 90% delle persone arruolate in entrambi i trial non avevano storie pregresse di insufficienza cardiaca.


A cura di Michele Riccio

5 dicembre 2022 (Gruppo ComunicAzione) – È noto che le malattie cardiovascolari sono strettamente legate a un danno della funzione renale e viceversa. Nel diabete tipo 2 (DT2), nell’ipertensione e nell’obesità si integrano comuni processi fisiopatologici che convergono nel promuovere un progressivo danno sia a carico del cuore che dei reni. Lo screening di pazienti con malattie renali croniche per la individuazione dello scompenso cardiaco, e viceversa, evidenzia come nelle due popolazioni coesistano danni renali e/o cardiaci. In questo modo lo scompenso cardiaco e la mortalità cardiovascolare, come pure le malattie renali, costituiscono due facce della stessa medaglia.

Ashish Sarraju (Stanford University School of Medicine, Stanford, California, CA; USA) e colleghi, utilizzando il pool di dati raccolti nel corso del CANVAS Program e dello studio CREDENCE, hanno evidenziato come sia possibile ridurre il “rischio residuo” per mortalità cardiovascolare e di scompenso cardiaco in pazienti già sottoposti ad adeguata terapia. Questo cosiddetto rischio residuo è stato significativamente ridotto dal canagliflozin, rispetto al placebo. I risultati erano coerenti e persistenti anche in tutte le varie categorie analizzate sia per filtrato renale che per macroalbuminuria.

Nello specifico, gli effetti di canagliflozin sulla morte cardiovascolare o sulle ospedalizzazioni per insufficienza cardiaca (HHF) sono stati valutati in base alla velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) al basale (<45, 45-60 e >60 ml/min/1,73 m2) e al rapporto albumina:creatinina urinaria (UACR) (<30, 30-300 e >300 mg/g). Su un totale di 14.540 pazienti (10142 provenienti dal CANVAS Program e 4400 dallo studio CREDENCE) con età media di 63 anni, solo il 14% aveva un eGFR <45 ml/min/1,73 m2, mentre il 32% aveva un UACR >300 mg/g. I tassi di mortalità cardiovascolare e di HHF aumentavano con il diminuire del filtrato e l’aumentare dell’albuminuria.

Questo studio va inserito all’interno di quell’ampia raccolta di prove fornite dai molteplici studi clinici randomizzati di outcome CV e renale già pubblicati, e che vedono impiegati gli SGLT2 inibitori con pazienti con DT2, che – come sappiamo – sono a forte rischio di malattie CV e renali.

Considerando come anche altre molecole – come i GLP-1 RA e più recentemente gli antagonisti recettoriali dei mineralcorticoidi (MRA), (vedi il finerenone) – si sono dimostrate capaci di ridurre il rischio CV e la progressione del danno renale in persone con DT2, sarebbe interessante vedere come l’uso combinato delle tre classi (SGLT2 inibitori GLP-1 RA e MRA) possa incidere sul rischio CVD e renale in tale popolazione.


J Am Coll Cardiol 2022 Nov 1;80(18):1721-31

PubMed


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