Non è forte chi non cade… ma è forte chi cade e si rialza
R. Iannarelli |
di Rossella Iannarelli
Come nel 1300 e nel 1700 L’Aquila vuole rialzarsi e tornare a volare.
Dopo aver seppellito i suoi troppi e troppo giovani morti Venerdì Santo, con l’aiuto e la solidarietà di tutti, con la sua dignità e la sua forza d’animo spera di risorgere al più presto dalle sue macerie dove ognuno ha lasciato… un pezzo di cuore.
Subito dopo la terribile, lunga, violenta e distruttiva scossa delle prime ore di lunedì 6 aprile, l’ospedale San Salvatore, gravemente ferito, con la pesante scritta luminosa che cadendo si è portata dietro il muro di sostegno del tetto dell’UO di Diabetologia, si è trasformato in un ospedale di una zona di guerra: con uno scenario di crepe ai muri dappertutto, medici, infermieri e personale sanitario di ogni qualifica si aggirava senza sosta a prestare soccorso tra corpi di giovani, adulti, anziani, bambini pesti, feriti, sanguinanti, adagiati a terra su materassi, con negli sguardi sgomento, terrore, disperazione. Su ogni ferito o sofferente un foglio di carta su cui i medici scrivevano diagnosi e indagini strumentali, in particolare radiologiche, da effettuare. Sangue sui pavimenti, necessità di trasferire i degenti e i terremotati più gravi negli ospedali limitrofi, e… i bambini neonati con le loro madri, tra cui una giovane collega diabetologa che aveva partorito sei ore prima dello squassante boato, da mettere al sicuro nelle automobili in attesa della disponibilità di una delle ambulanze che incessantemente si avvicendavano davanti ai locali di quello che era stato il Pronto Soccorso.
Le salme che cominciavano ad arrivare in ospedale prima di essere trasportate alla Scuola della Guardia di Finanza, l’identificazione dei cadaveri con le scene strazianti di madri che avevano perso i figli, notizie lugubri della morte di amici, di figli o parenti di colleghi…
E poi il brulicare delle varie componenti della Protezione Civile, con la loro incredibile organizzazione, generosità e professionalità, che hanno messo su rapidamente il nuovo ospedale… da campo.
Telefonate e sms frenetici per procurarsi dalle aziende insulina, aghi per iniettori, siringhe da insulina, reflettometri, strisce, lancette, materiali di consumo per microinfusori da poter assicurare al più presto a chi, tra i terremotati con diabete, aveva perso ogni cosa sotto le rovine o non poteva più prendere nulla nelle case pericolanti.
Le emergenze affrontate dai colleghi della Protezione civile nelle tende dell’ospedale da campo e… i farmaci per le terapie croniche rimasti nelle o sotto le case distrutte: come ri-procurarseli? Oltre a fronteggiare le necessità diabetologiche, con i due colleghi diabetologi Gianfranco Poccia ed Enrico Storelli e una collega del Pronto Soccorso, con in dotazione solo un tavolo e qualche sedia sotto il sole, abbiamo tamponato l’emergenze “ricette mediche” in attesa che i colleghi della Medicina generale si organizzassero nei campi base che venivano messi su dalla Protezione civile in vari punti della città e dei dintorni.
Nessuna necessità è stata dimenticata: perfino i cani e i gatti rimasti soli nei giardini ricevono cibo dalle persone di buona volontà della Protezione animali, nei paesi limitrofi mucche e pecore vengono messe in salvo dalla Protezione civile.
L’UO di Diabetologia nell’ospedale aveva una sede con dieci locali e una spaziosa sala d’attesa… ora è in un gazebo chiuso bianco e luminoso, condiviso con il Punto prelievi del Laboratorio analisi, dove ci è stato messo a disposizione un frigorifero per conservare l’insulina che ci arriva abbondante da ogni dove, insieme ad altri farmaci e device.
Nei primi due giorni qualche iperglicemia, specie nei tipo 2, per mancata assunzione di ipoglicemizzanti orali e poi… dopo la fase iniziale caratterizzata da precarietà assoluta ed emergenza… riprende l’ambulatorio diabetologico con i suoi prenotati; a una settimana dal disastro manca ancora la possibilità di dosare in loco l’A1c, ma ci si sta attrezzando.
Turni lunghi mattina e pomeriggio, turni festivi per assistere i campi base, e la notte si dorme in macchina, con la terra che continua a tremare, con grosse escursioni termiche tra giorno e notte, ma al mattino abbiamo tutti una colazione calda e… si ricomincia, in attesa di avere una tenda vera.
Un grande grazie a AMD e a e tutti i diabetologi, senza distinzione di appartenenza (AMD, SID, SIEDP), alle associazioni di pazienti, alle aziende, che mi hanno commosso facendomi sentire in questo difficile momento tutta la loro solidarietà da ogni parte d’Italia.
Un affettuoso e riconoscente abbraccio ideale a tutti.