Trent’anni di proficua collaborazione nel campo del diabete fra medici diabetologi e spettrometristi di massa
Annunziata Lapolla ci racconta l’evoluzione di un rapporto che ha permesso di approfondire i meccanismi di interazione glucosio-proteine
A cura di Francesco Romeo
12 giugno 2023 (AMD ComunicAzione) – La glicazione non enzimatica delle proteine e la successiva formazione di prodotti di glicazione avanzata (AGE, advanced glycation endproducts) è un ben noto meccanismo coinvolto nelle complicanze croniche del diabete. A Padova, da circa 30 anni è attiva una proficua collaborazione fra gruppo di ricerca della prof.ssa Annunziata Lapolla, operante presso il DPT di Medicina dell’Università di Padova, e il gruppo di spettrometria di massa, operante presso il CNR e diretto dal prof. Pietro Traldi, che grazie all’utilizzo di nuove tecniche di spettrometria di massa ha permesso di approfondire i meccanismi di interazione glucosio-proteine. Questa collaborazione ha prodotto, fra l’altro un interessantissimo review article pubblicato su una prestigiosa rivista internazionale (Mass Spectrom Rev. 2023 Jul-Aug;42[4]:1086-1112) e AMD ha ritenuto opportuno incontrare l’autrice (dunque, non proponiamo una news, bensì un’intervista, vista anche la complessità del tema) e informare i soci su questa unica e proficua collaborazione.
Professoressa Lapolla, cos’è la spettrometria di massa?
La spettrometria di massa è una tecnica analitica applicata sia all’identificazione di sostanze sconosciute, sia all’analisi in tracce di sostanze. Viene comunemente usata in combinazione con tecniche separative, quali la gascromatografia, la cromatografia in fase liquida ad alte prestazioni (HPLC) e, più recentemente, con tecniche quali il plasma a induzione. Il principio su cui si basa la spettrometria di massa è la possibilità di separare una miscela di ioni in funzione del loro rapporto massa/carica generalmente tramite campi magnetici statici o oscillanti.
E come si ottiene tale miscela?
Ionizzando le molecole del campione. Principalmente facendo loro attraversare un fascio di elettroni a energia nota, solitamente si usano 70 eV come standard. Le molecole così ionizzate sono instabili e si frammentano in ioni più leggeri secondo schemi tipici in funzione della loro struttura chimica. Il diagramma che riporta l’abbondanza di ogni ione in funzione del rapporto massa/carica è il cosiddetto spettro di massa, tipico di ogni composto in quanto direttamente correlato alla sua struttura chimica e alle condizioni di ionizzazione cui è stato sottoposto.
Cosa succede quindi nel paziente diabetico?
L’utilizzo della spettrometria di massa MALDI ha permesso di evidenziare che l’albumina va incontro a glicazione non enzimatica e che i livelli di tale prodotto glicato dipendono dalla concentrazione di glucosio e sono quindi più elevati nei soggetti diabetici rispetto ai non diabetici.
Dunque, possiamo dire che le complicanze del diabete sono direttamente correlate ai livelli di glucosio presenti?
In realtà non sempre: infatti l’analisi dei livelli di glicazione ottenuti con la spettrometria di massa ha anche evidenziato che tali livelli non sono correlati in tutti i pazienti in maniera lineare ai livelli di glicemia e di HbA1c. Perciò, nei soggetti diabetici vi è una “propensione individuale” alla reazione di glicazione non enzimatica o, in alternativa, una diversa attività dell’enzima deglicante fruttosamina-3-chinasi. Questi risultati potrebbero spiegare lo sviluppo di complicanze croniche in soggetti con livelli non eccessivamente elevati di glucosio (alti glicatori) e al contrario il non sviluppo di complicanze anche in presenza di elevati livelli di glucosio (bassi glicatori).
Anche le gammaglobuline plasmatiche glicano?
Lo stesso approccio di spettrometria di massa, in combinazione con un’analisi di molecular modelling, eseguiti su gammaglobuline plasmatiche ha evidenziato che anche le gammaglobuline sono glicate e che la maggior parte delle molecole di glucosio sono condensate sul frammento Fab. Suggerendo così che l’immunodeficienza associata al diabete possa essere spiegata, a livello molecolare, da una più efficace glicazione del frammento Fab, inibendo così il processo di riconoscimento molecolare fra anticorpo e antigene.
Avete utilizzato la spettrometria di massa anche per altre ricerche?
Sì. Risultati interessanti sono stati ottenuti analizzando la glicazione non enzimatica dell’emoglobina, un parametro attualmente impiegato per valutare il controllo glicemico delle persone con diabete. L’utilizzo della spettrometria di massa MALDI, grazie alla sua elevata specificità, ha evidenziato che i valori di HbA1c sono correlati non solo alla glicazione della ⍺-globina ma anche alla glicazione e glicossidazione di ⍺- e β-globina. I livelli di glicossidazione non vengono valutati dalle metodiche in uso routinario per il dosaggio dell’emoglobina glicata, ma la diversa capacità del paziente diabetico di glicare e ossidare potrebbe essere implicata nella frequenza dello sviluppo delle complicanze croniche della malattia diabetica, tenendo presente l’importanza dei meccanismi ossidativi nella patogenesi dello sviluppo delle stesse.
Avete utilizzato altre tecniche per le vostre ricerche sui prodotti della glicazione non enzimatica?
Sì: è stata anche utilizzata la gas cromatografia/spettrometria di massa (CG/MS) per la valutazione dei livelli di gliossale e metilgliossale in persone con diabete scompensate al basale e dopo 3 e 6 mesi dalla implementazione della terapia. I livelli di glucosio plasmatico a digiuno e di HbA1c si sono ridotti in maniera consistente dopo 3 e 6 mesi, quelli degli AGE, della pentosidina, del gliossale e del metilgliossale hanno invece mostrato una minore riduzione. Risultati che possono essere spiegati considerando che la glicemia è l’espressione dello stato glicemico al momento della valutazione, l’HbA1c riflette i valori medi della glicemia nelle 4-8 settimane precedenti l’esame, mentre gliossale e metilgliossale, AGE e pentosidina sono i prodotti intermedi e finali della reazione di glicazione non enzimatica e di conseguenza sono l’espressione dei valori glicemici delle 10-30 settimane precedenti l’esame. Quindi, questi parametri metabolici forniscono immagini diverse del controllo metabolico e dello stress ossidativo dei pazienti evidenziando che è necessario un lungo periodo di buon controllo metabolico per ridurre lo stress glicossidativo e di conseguenza il rischio di sviluppare complicanze a lungo termine nelle persone con diabete.
Molto interessanti i dati che avete ottenuto sui pazienti nefropatici e dializzati: ce li spiega?
Gli AGE si accumulano anche nel siero e nei tessuti di pazienti con insufficienza renale cronica, anche in assenza di diabete, ed è stata osservata una diversa clearance di queste specie nella emodialisi e dialisi peritoneale (CAPD). Inoltre, è stato dimostrato che non solo gli AGE ma anche i composti dicarbonilici si formano durante la sterilizzazione a caldo dei fluidi a base di glucosio utilizzati nella dialisi peritoneale. Pertanto, abbiamo studiato il livello di alcuni AGE (pentosidina e pentosidina libera) e composti dicarbonilici (gliossale e metilgliossale) in pazienti con malattia renale allo stadio terminale sottoposti a CAPD. Sono stati analizzati campioni di soggetti sani e di pazienti uremici prima e dopo 12 ore di CAPD. Nel plasma dei pazienti uremici, i valori medi di pentosidina hanno mostrato una lieve diminuzione dopo la dialisi anche se superiori a quelli dei soggetti sani di controllo. Un andamento analogo è stato osservato per la pentosidina libera. Nel caso del dialisato peritoneale, non sono state trovate pentosidina e pentosidina libera prima della dialisi, mentre entrambi i composti sono stati rilevati dopo 12 ore di dialisi. I livelli medi di gliossale e metilgliossale hanno mostrato una diminuzione nel plasma dopo la dialisi anche se i loro valori erano sempre superiori a quelli dei soggetti sani di controllo. Sorprendentemente, un andamento analogo è stato osservato anche nel dialisato.
E questi risultati cosa indicano?
Che il gliossale e il metilgliossale già presenti nel liquido di dialisi reagiscono con le proteine della matrice peritoneale, e ciò può spiegare la graduale perdita della funzione della membrana peritoneale che si osserva spesso nei pazienti sottoposti a CAPD per lungo tempo. L’utilizzo di diversi approcci di spettrometria di massa (2DE, MALDI/MS,MALDI/TOF MS, LC/ESI/MS, MALDI/TOF/TOF MS) ci ha permesso così di evidenziare che nelle persone con diabete e nefropatici l’ApoA-I glicata è presente in quantità uguale a quella della proteina non glicata. La glicazione non enzimatica dell’ApoA-I, indotta nel diabete dagli elevati livelli di glucosio plasmatico e nella nefropatia terminale da una riduzione della sua clearance, si riflette in una compromissione della sua funzionalità determinando un alterato trasporto del colesterolo. E tali modificazioni possono contribuire allo sviluppo dell’aterosclerosi in entrambi i tipi di pazienti.
Possiamo dire che le vostre ricerche potrebbero portare a individuare ulteriori fattori di rischio cardiovascolare?
Ci abbiamo provato: l’attenzione è stata rivolta ai peptidi contenenti residui di metionina (Met) e metionina ossidata e Met (O) di ApoA-I. I risultati ottenuti con spettrometria MALDI/TOF mostrano che in tutti i campioni sono rilevabili Met 86 e Met 148 e che il livello di Met (O) è più elevato nei giovani con diabete tipo 2 e malattia coronarica rispetto ai controlli sani. L’applicazione su larga scala di questo metodo rapido e accurato potrebbe avere successo nel monitoraggio accurato delle complicanze causate dall’aterosclerosi sia in termini di gravità che di risposta alle terapie. Con questo in mente è stata utilizzata la metodica MALDI/TOF/TOF per verificare la possibile ossidazione della metionina della lipoproteina Apo-AI in giovani pazienti con infarto miocardico rispetto a controlli sani comparabili per sesso ed età. Gli spettri MALDI del digerito triptico ottenuti dalla frazione plasmatica di ApoA-I hanno mostrato una maggiore abbondanza di peptidi contenenti metionina ossidata in pazienti giovani con infarto miocardico rispetto ai soggetti sani. Questi dati sottolineano l’importanza di studi prospettici al fine di valutare il possibile ruolo della MeO come ulteriore fattore di rischio e – eventualmente – come target terapeutico per ridurre l’aterosclerosi cardiovascolare anche nei soggetti giovani.
Correlazioni complesse…
Studi in vitro hanno evidenziato che gli AGE possono compromettere l’efflusso di colesterolo mediato da ATP-binding cassette transporter 1 (ABCA-1) inducendo un processo infiammatorio. Perciò si è ritenuto di interesse verificare se l’albumina sierica umana (HSA) glicata fosse in grado di indurre la formazione di specie reattive dell’ossigeno e di determinare stress del reticolo endoplasmatico (ER). Il livello di glicazione di HSA in persone con diabete di tipo 1 e di tipo 2 è stato determinato mediante spettrometria di massa MALDI e correlato alla possibile compromissione della funzione ER e all’efflusso di colesterolo cellulare. Gli spettri MALDI di soggetti sani e con diabete hanno mostrato un aumento glicazione della HSA sia nei diabetici tipo 1 sia di tipo 2. I macrofagi peritoneali sono stati trattati con HSA di soggetti diabetici di controllo, tipo 1 e tipo 2 ed è stata misurata l’espressione di Grp78, Grp 94, proteina disolfuro isomerasi (PDI), calreticulina (CTR) e ABCA-1. I macrofagi J774 con sovraccarico di colesterolo C sono stati trattati con HSA di soggetti di controllo e diabetici e incubati con apo A-1 per determinare l’efflusso di colesterolo.Nei macrofagi, l’espressione PDI è risultata aumentata dell’89% e il CTR 3,4 volte rispetto all’HSA dei soggetti di controllo. Il livello di proteina ABCA-1 e l’efflusso di colesterolo mediato da apoA-1 erano ridotti rispettivamente del 50% e del 60% nei macrofagi esposti a HSA in persone con diabete di tipo 1 e di tipo 2 rispetto a quelli esposti a HSA da soggetti di controllo. Questi dati evidenziano che i livelli di glicazione in vivo sono in grado di danneggiare la funzione ER correlata alla compromissione del trasporto inverso del colesterolo da parte dei macrofagi e ciò potrebbe contribuire all’aterosclerosi nel diabete. Inoltre, e ancora una volta, sottolineano l’importanza del raggiungimento di un buon controllo metabolico nei soggetti diabetici al fine di ridurre le complicanze croniche.
E per il diabete gestazionale?
È ben noto che la placenta nelle gravide con GDM subisce una serie di modificazioni strutturali e funzionali dovute all’ambiente materno anormale determinato da livelli elevati di glucosio e insulina, che aumentano la produzione di citochine infiammatorie. Perciò si è ritenuto interessante verificare l’ipotesi che il GDM sia associato ad alterazioni glicossidative del proteoma della placenta. Gli omogenati di placenta di gravide normali e quelli di gravide con GDM sono stati analizzati mediante spettrometria di massa a desorbimento/ionizzazione laser assistita da matrice (MALDI-MS) e le proteine rilevate sono state identificate confrontando il loro peso molecolare con il database di riferimento delle proteine umane. I risultati ottenuti non hanno evidenziato specie glicate e ossidate nei campioni analizzati. Successive analisi, utilizzando un approccio LC-MSE, ha evidenziato livelli più elevati di galectina 1 e collagene alfa-1 XIV e meno elevati della heat shock 70 kDa protein 1A/1B nei campioni di placenta delle donne con GDM rispetto a quelli delle gravide normali. I dati indicano che il GDM, se ben controllato, non influenza in modo marcato il proteoma placentare. Essi, inoltre suggeriscono fortemente di intraprendere studi che integrino i dati provenienti da più tecnologie in modo da consentire un approccio integrato di biologia dei sistemi al metabolismo materno durante la gravidanza GDM.
Come è stata possibile una collaborazione fra medici e spettrometristi, figure apparentemente così lontane?
All’inizio di questa collaborazione i linguaggi erano diversi: era difficile per gli spettrometristi di massa comprendere i problemi di ordine medico e per i medici valutare la validità degli approcci analitici proposti. Ma tutto ciò è stato superato dalla disponibilità delle due parti a collaborare e dall’elevata curiosità e dall’entusiasmo. I risultati delle ricerche su descritte hanno contribuito a chiarire il ruolo dei prodotti di glicazione avanzata nella patogenesi delle complicanze croniche del diabete.
Professoressa, come vuole concludere e quale messaggio finale ci vuole lasciare?
Ribadisco l’importanza dell’integrazione fra professionisti, che ha permesso un’evoluzione delle strategie di ricerca. Ciò è dovuto da un lato ai nuovi approcci di spettrometria di massa che si sono resi disponibili, dall’altro alla sinergia fra l’interesse scientifico dei due gruppi che ha permesso di collaborare strettamente ed efficacemente per chiarire alcuni meccanismi fisiopatologici alla base delle complicanze croniche del diabete, e in particolare della nefropatia, della malattia cardiovascolare e delle modificazioni della placenta di persone con diabete gestazionale.
Mass Spectrom Rev. 2023 Jul-Aug;42(4):1086-1112 – Epub 2021 Nov 8
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