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Lo studio GLAM: nuovi dati verso un possibile impiego del CGM per la diagnosi di diabete gestazionale in fase precoce di gravidanza

Punti chiave

Domanda: È possibile identificare la presenza di diabete gestazionale mediante monitoraggio in continuo del glucosio interstiziale in fase precoce di gravidanza?

Risultati: In questo studio prospettico osservazionale, le partecipanti con diagnosi di diabete gestazionale presentavano, già in fase precoce di gravidanza, valori medi di glucosio interstiziale più alti, mentre il tempo speso con valori glicemici >140 e >120 mg/dl era maggiore e quello con glicemie comprese fra 63 e 140 mg/dl era inferiore rispetto a quanto riportato dalle pazienti che non andavano successivamente incontro alla diagnosi. Nelle pazienti che hanno sviluppato il diabete gestazionale, i livelli glicemici più elevati sono stati osservati tra le settimane 13 e 14 di gestazione.

Significato: L’analisi dei pattern glucometrici ottenuti in fase precoce di gravidanza, mediante monitoraggio in continuo del glucosio, potrebbe rappresentare un metodo alternativo per l’identificazione di pazienti a rischio di sviluppare diabete gestazionale e offrire l’opportunità di un intervento precoce.


A cura di Elisabetta Salutini

27 maggio 2024 (Gruppo ComunicAzione) —Il diabete gestazionale (DG) interessa approssimativamente il 14% delle gravidanze in tutto il mondo (6-7% in Italia ed Europa, secondo i dati del Ministero della Salute) e si associa a morbilità perinatale, disordini ipertensivi in gravidanza, macrosomia fetale, ipoglicemia neonatale e necessità di terapia intensiva neonatale.

Lo screening per DG viene effettuato tradizionalmente con un test da carico orale di glucosio a 24-28 settimane di gestazione. Recentemente, lo studio TOBOGM ha suggerito che identificare precocemente e trattare prima delle 24 settimane la disglicemia in gravidanza possa mitigare alcuni dei rischi associati al DG, tuttavia non è ancora stato raggiunto un consenso sulle strategie di screening e sui cut-off glicemici da adottare. Inoltre, lo studio HAPO ha mostrato una relazione continua fra glicemia e aumento del rischio di esiti avversi della gravidanza. Infine, i valori glicemici in pazienti con normale tolleranza glucidica in gravidanza sono inferiori ai target terapeutici attualmente in uso per la cura del DG. Il monitoraggio in continuo (CGM, continuous glucose monitoring) del glucosio interstiziale permette di ottenere facilmente numerosi dati glucometrici, ma abbiamo ancora poche informazioni circa il profilo glucometrico di pazienti senza DG e/o in fase precoce di gravidanza.

Lo studio prospettico osservazionale di Celeste Durnwald (Maternal Fetal Medicine Research Program, Dept. of Obstetrics and Gynecology, Perelman School of Medicine, University of Pennsylvania, Philadelphia, PA; USA) e colleghi, recentemente pubblicato su Diabete Care, è stato condotto in due cliniche universitarie statunitensi. Sono state arruolate pazienti con gravidanza singola entro le 17 settimane e con HbA1c <6,5%. Durante l’arruolamento veniva applicato a ogni partecipante un sensore Dexcom G6 in modalità professionale (in cieco). Le successive applicazioni del sensore potevano avvenire a domicilio o durante le visite standard e le pazienti venivano incoraggiate a utilizzare il sensore in maniera continua fino al parto. Le visite in gravidanza e la gestione del parto seguivano le linee-guida locali. Lo screening per il DG veniva effettuato con metodo a uno o a due step e venivano accettati test eseguiti dalla 24ma alla 34ma settimana di gravidanza. Le partecipanti che soddisfacevano i criteri di inclusione (n = 768) sono state suddivise in due gruppi in base all’esito dell’OGTT: pazienti con diagnosi di DG (n = 58; 8%) e senza DG (n = 710; 92%). Le pazienti con DG avevano un BMI maggiore e una maggior probabilità di avere avuto una precedente diagnosi di DG. Il periodo medio di uso del sensore prima dell’OGTT era di 67 giorni (range interquartile 50-82 giorni).

L’analisi dei dati glucometrici raccolti nelle settimane a monte del test di screening per DG ha evidenziato che le pazienti con successiva diagnosi di DG avevano, rispetto alle donne senza DG, valori medi di glucosio più alti (109 ± 13 vs 100 ± 8 mg/dl, p <0,001); un più alto coefficiente di variazione (21 ± 4% vs 19 ± 3%, p <0,001); minor tempo speso nell’intervallo 63-140 mg/dl (87 ± 11% vs 94 ± 4%, p <0,001) e 63-120 mg/dl (70 ± 17% vs 84 ± 8%, p <0,001). I livelli medi di glucosio nel gruppo DG erano più elevati sia nelle ore diurne sia nel periodo notturno (giorno: 110 ± 12 vs 101 ± 8 mg/dl, p <0,001; notte 107 ± 16 vs 98 ± 9 mg/dl, p <0,001). Inoltre, in seguito a un nadir osservato alle settimane 16-20, i livelli di glucosio aumentavano progressivamente nell’ultima parte del secondo e nel terzo trimestre solo nelle donne che avevano sviluppato DG. Infine, le pazienti del gruppo DG avevano sia valori di glucosio medio che percentuali di tempo con glucosio >120 e >140 mg/dl più elevati alla 13ma e 14ma settimana di gestazione e nelle due settimane successive. Le metriche ottenute mediante CGM sono risultate predittive di futuro DG (AUROC 0,81 quando si utilizzava la percentuale di tempo con glucosio >140 mg/dl nel secondo trimestre; AUROC 0,74 se si consideravano i valori di glucosio >140 mg/dl fra 13ma e 14ma settimana).

Data la sua natura osservazionale, lo studio aggiunge informazioni sull’andamento del glucosio in gravidanze a basso rischio di DG, confermando una variazione fisiologica dei livelli di glucosio nel corso della gravidanza caratterizzata da nadir intorno alla metà del periodo gestazionale (settimane 16-20) sia nelle pazienti che avrebbero sviluppato DG, che nelle partecipanti che non ne sarebbero risultate affette. Inoltre, in seguito a tale nadir, i livelli di glucosio aumentavano progressivamente nell’ultima parte del secondo trimestre e nel terzo trimestre solo nelle donne con DG. Gli autori, sulla base della precisione dei dati ottenuti dal CGM nel predire il futuro DG, ne ipotizzano un possibile impiego in aggiunta o in alternativa all’OGTT per la diagnosi di DG in fasi precoci di gravidanza.

Lo studio presenta comunque alcuni limiti, in primis legati al basso numero di pazienti con DG e a una scarsa quantità di dati relativi alle settimane di gravidanza più precoci (<12 settimane), ma offre un’analisi dettaglia dei profili glicemici lungo tutto l’arco della gestazione, in pazienti con e senza successiva diagnosi di DG. Chiaramente, sono necessari ulteriori studi (alcuni peraltro già in corso, come gli studi MAGIC e GO MOMs) per chiarire ulteriormente la relazione fra disglicemia materna e successiva diagnosi di DG, per definire delle soglie diagnostiche con le metriche del CGM, per indagare la possibilità di prevedere outcome perinatali avversi tramite i dati ottenibili con il CGM e per valutare l’impatto clinico e il rapporto di costo/efficacia di un suo impiego precoce nelle pazienti a rischio.


Diabetes Care 2024 May 3:dc232149. Online ahead of print

PubMed


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