Dalla parete aortica al cuore: effetti benefici dello spironolattone nel DT2 complicato da malattia renale cronica (lo studio MAGMA)
Punti chiave
Domanda: In persone con diabete tipo 2 e malattia renale cronica l’aggiunta di un trattamento con spironolattone può prevenire la progressione della placca aortica e ridurre ipertrofia e fibrosi del ventricolo sinistro?
Risultati: In questo studio randomizzato, in doppio cieco, coinvolgente 79 persone con diabete tipo 2 e malattia renale cronica, lo spironolattone, indipendentemente dai valori iniziali di pressione sanguigna, ha arrestato efficacemente la progressione dell’aterosclerosi aortica e ha indotto una regressione dell’ipertrofia e della fibrosi ventricolare sinistra. Attraverso l’analisi della proteomica plasmatica sono stati individuati marcatori antinfiammatori e antifibrotici correlati al beneficio clinico osservato. La terapia è risultata ben tollerata, con un’incidenza di iperkaliemia non fatale dell’8% (tasso non superiore a quanto già osservato in altri studi clinici).
Significato: I risultati preliminari dello studio MAGMA forniscono informazioni importanti sugli effetti “diretti” dello spironolattone nell’arrestare la progressione della malattia aterosclerotica nelle persone con DT2 ad alto rischio cardiovascolare e MRC.
A cura di Maria Elena Valera Mora
17 settembre (Gruppo ComunicAzione) – L’attivazione persistente dei recettori dei mineralcorticoidi è una risposta patologica associata al diabete tipo 2 (DT2) e alla malattia renale cronica (MRC) che porta alla progressione verso l’infiammazione e la fibrosi negli organi bersaglio (cuore, reni e vasi sanguigni). Nonostante siano stati dimostrati i benefici degli antagonisti dei recettori dei mineralcorticoidi nella riduzione delle complicazioni cardiovascolari, mancano dati in letteratura che spiegano tali effetti negli esseri umani. Lo studio MAGMA (Mineralocorticoid Receptor Antagonism Clinical Evaluation in Atherosclerosis) si è proposto di colmare tale lacuna esplorando l’efficacia dello spironolattone sulla progressione della placca nell’aorta toracica (TWV [thoracic aortic wall] valore assoluto/PWV [percent thoracic aortic wall volume]) valore percentuale, sulla massa e fibrosi ventricolare sinistra (LVM [left ventricular mass]/LVT1 [left ventricular myocardial native T1]) e sui marcatori proteomici plasmatici nelle persone con DT2 con MRC ad alto rischio cardiovascolare.
Il trial, randomizzato, in doppio-cieco e placebo-controllato, ha incluso 79 pazienti di età media 64 anni, con DT2 e MRC (filtrato renale >90 ml/min/1,73m2 con albuminuria >30 mg/g oppure filtrato renale ridotto nel range 20-60 ml/min/1,73m2). La maggior parte dei partecipanti era in trattamento con statine (>90%), aspirina (>80%) e con ACEi o ARB. Una minoranza (<10%) assumeva GLT2i e GLP-1 RA. Il campione comprendeva una quota di donne pari al 46% e una rappresentanza equilibrata di pazienti neri (circa 50%).
L’endpoint primario era costituito dalla progressione di TWV e PWV a 12 mesi, mentre la variazione di LV e LVT1 rappresentavano l’endpoint secondario insieme alla misurazione della pressione arteriosa ambulatoriale (PA) delle 24 ore e della pressione aortica centrale (PAC), noto determinante chiave dell’ipertrofia ventricolare sinistra. Per verificare i primi due end point è stata utilizzata la risonanza magnetica T3. Infine, l’analisi di 7596 proteine plasmatiche coinvolte nello stress ossidativo (con tecnologia ad aptameri) rappresentava l’endpoint terziario.
Tra i risultati più interessanti dello studio, recentemente pubblicato su Circulation da Sanjay Rajagopalan(University Hospitals e Case Western Reserve University, Cleveland, OH; USA) e colleghi, citiamo:
- L’incremento di TWV significativamente inferiore nel gruppo trattato con spironolattone rispetto al gruppo placebo (0,037 ± 1,9 cm³ vs 1,2 ± 1,7 cm³, p = 0,022) indicativo di una prevenzione della progressione dell’ateroma. Anche il cambiamento di PWV è stato notevolmente ridotto nel gruppo di trattamento (0,87 ± 10,0% vs 7,1 ± 10.7%, p = 0,029).
- Una riduzione significativa di LVM nel gruppo di trattamento rispetto al gruppo placebo (-5,8 ± 6,5 g vs 3,1 ± 8,4 g, p = 1,86 × 10–⁴). Inoltre, la diminuzione dei valori di LVT1 (-10,1 ± 36,3 ms vs 26,0 ± 41,9 ms, p = 6,33 × 10–⁴) suggerisce un miglioramento nella fibrosi miocardica.
- PA e PAC comparabili fra i gruppi (133 ± 24 mmHg nel gruppo placebo e 126 ± 14 mmHg nel gruppo in spironolattone) a indicare che le differenze osservate negli endpoint primari non sono state influenzate da un diverso background di PA iniziale fra i gruppi.
- Cambiamenti significativi nel profilo proteico in risposta allo spironolattone, in particolare delle proteine CAP1 (channel-activating protease-1), OLR1 (oxidized low-density lipoprotein receptor 1) e DDR2 (discoidin domain receptor 2). Lo spironolattone influenza quindi direttamente i percorsi associati a tali processi patologici.
- L’incidenza di iperkaliemia (8%) non fatale e non superiore a quanto osservato con studi pregressi. La necessità di sospendere il farmaco si è verificata soltanto in 3 casi (uno affetto da ostruzione intestinale).
In conclusione, il trial MAGMA, seppur condotto su una casistica limitata, evidenzia il potenziale terapeutico dello spironolattone nel contesto di persone con DT2 e MRC, dimostrando miglioramenti significativi nella progressione della placca aortica, nella struttura e nella funzione cardiaca e fornisce una base per ulteriori ricerche sui meccanismi fisiopatologici. I dati sono di particolare interesse anche per il coinvolgimento di pazienti neri e di donne, due categorie in cui le prove scientifiche sono spesso limitate.
Circulation 2024;150(9):663-76
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